Recensione dune regia di David Lynch USA 1984
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Recensione dune (1984)

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locandina del film DUNE

Immagine tratta dal film DUNE

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Immagine tratta dal film DUNE
 

Nell'anno 10191 l'Universo conosciuto, con imperatore Padishah Shaddam IV, è sconvolto da cruente contese per il possedimento di una preziosa materia prima. La tensione è alta. Si formano complotti e congiure in alcuni pianeti: Arrakis (o Dune, sede dei Fremen uomini dagli occhi blu), Caladan (casata Atreides), Giedi Prime (casata Harkonnen), Kaitain (sede dell'imperatore), Iics (sede della Gilda). I conflitti diventano via via esplosivi a causa del venir meno di ogni garanzia sull'approvvigionamento della spezia-melange, essenza naturale di inestimabile valore presente nel pianeta Dune, la cui estrazione è messa in pericolo dall'insorgere dei Fremen, un popolo religioso in attesa del Messia (Il Mahdi), assetato di giustizia, che vive nel deserto sottomesso al crudele barone Vladimir della casata degli Harkonnen abitanti del pianeta Giedi Prime.

La spezia-melange è una sostanza gassosa di color arancione, una risorsa prodigiosa dalle elevate proprietà, tra le quali l'allungamento della vita, l'annullamento dello spazio tra un corpo celeste e l'altro che la Gilda gestisce consentendo viaggi interplanetari senza mezzi propulsivi, e il miglioramento delle facoltà precognitive in chi ne viene a contatto.

Dune è un pianeta quasi del tutto privo di acqua; i suoi abitanti naturali, i Fremen, sono riusciti a sopravvivere grazie alla saturazione del sangue tramite la spezia, che ha però fatto diventare blu le orbite dei loro occhi. Giganteschi vermi lunghi anche più di 400 metri custodiscono la spezia; essa viene estratta dal sottosuolo con apposite macchine escavatrici che si muovono vicine a un centro prefabbricato denominato miniera. I vermi spesso attaccano le miniere, in qualche caso riescono a distruggerle.

Riusciranno gli Atreides a insediarsi stabilmente vittoriosi su Dune o saranno oggetto di un complotto, non estraneo l'imperatore e la Gilda, tendente a distruggerli? E chi berrà l'acqua della vita (bile dei vermi appena nati) senza morire, dimostrando con ciò di essere Il Mahdi, il Messia giunto per salvare il pianeta Dune dalla fine e donare al popolo dei Fremen la libertà in una vita gioiosa? Ci sarà su Dune una jihad (una guerra santa)?

"Dune" è un film statunitense uscito nel 1984, diretto da David Lynch e prodotto da Dino De Laurentis. La pellicola è costata 44 milioni di dollari e occorre dire che da un punto di vista estetico li vale tutti. Dune, un po' a sorpresa, al botteghino ha fatto fiasco, nonostante non sussistano dubbi per chi scrive che il film è un capolavoro, sia per la straordinaria verosimiglianza delle scene, la cui originalità pare assoluta, che per una drammaturgia riuscita, in grado di esaltare negli spettatori il gioco dell'identificazione e della proiezione, portando ai vertici la loro emotività, creando suggestioni, ipnosi fotografiche, tensioni di alto valore emozionale, attraverso uno stile che in quasi ogni inquadratura ricorda subito il grande Lynch.

"Dune" è tratto dall'omonimo romanzo di Frank Herbert, molto noto nel campo della fantascienza letteraria per una serie di tre libri di successo; ne differisce però in alcuni punti: nel finale (che rispetto al libro è un po' troppo celebrativo) il barone Vladimir, un personaggio che nel testo appare un po' paranoico ma dotato di vedute anche colte, diventa invece nella pellicola solo mostruoso, cattivo, pieno di piaghe infette da curare, inoltre nella potente arma del modulo estraniante che nel libro è assente e nel film diventa al contrario una delle principali cause della nascita del complotto dell'Imperatore ai danni del duca Leto e della sua casata.

Il film ha una scenografia originale che gli spettatori della fantascienza hanno sempre apprezzato. A differenza di quanto espresso da alcuni importanti critici cinematografici, l'insuccesso di pubblico non si spiega con l'atmosfera cupa, l'architettura straniante barocco-araba degli anni 10000, la scarsa luce sulle scene, il ritmo lento dell'azione, né con la mancanza di effetti speciali più particolareggiati e fotograficamente meglio eseguiti, cioè ingranditi e sceneggiati in un tempo più lungo.
L'insuccesso di pubblico si spiega con la scarsa fluidità della narrazione, che rispetto al senso oggettivo della trama tracciata dalla sceneggiatura non è subito di facile apprendimento. Gli intrecci a volte non vengono sviluppati a dovere rimanendo lettera morta, gli esiti finali di un pensiero o di una meditazione filosofica vengono rappresentati senza alcuna allusione al processo formativo psichico che li ha prodotti, rimanendo asettici e volubili, dati di fatto privi di ogni spiegazione etica o comprensione del desiderio più inconscio. Ma nonostante ciò il film merita degli ottimi voti per un insieme di cose che lo rendono unico; una pietra miliare nella storia della fantascienza cinematografica, basti pensare alla ricostruzione degli ambienti scenici interni ed esterni, che sono di una complessità straordinaria, minuziosi, fantasiosi, evocanti un altrove che difficilmente si immagina non possa esistere, perché è già lì, ricostruito con una verosimiglianza che esige di credere al vero, nel senso che lo strappa da ogni ipotesi critica e dubbiosa.

Evidentemente la critica cinematografica italiana e in parte europea, ha rifiutato di vedere questo film di fantascienza come un genere nuovo, tipico dei grandi autori che fanno opere più complesse, ricche di sfumature originali, non facilmente collocabili in un genere filmico già noto. "Dune" appartiene a un genere capostipite, si potrebbe definire come una fantascienza onirico-intellettuale che sa però anche fare spettacolo con l'azione e la scenografia, sostenute da un budget grandioso e da una regia superlativa.

Se i critici istituzionalizzati, che vivono di cinema, si decidessero a calarsi anche nel mondo cinefilo delle passioni, contaminandosi un po' più di emozionalità diretta e ingenua, forse potrebbero capire meglio tutta la complessità che un film può racchiudere e decidersi quindi, ad esempio, a lavorare di più non su una valutazione filmica viziata dai codici noti e abitudinari che risente in qualche modo del genere cui la pellicola si presume appartenga, ma su un'analisi profonda che tocchi gli aspetti originali del film, quelli più riposti che al cinefilo non sfuggono, come nel caso di "Dune", anche se questo costringe a volte a non collocare stabilmente il film da qualche parte, evidenziandone quindi tutta la sperimentabilità assai poco gradita al pubblico.

Da un punto di vista un po' più onirico-filosofico e anche politico il film potrebbe rappresentare, riproiettato su tematiche tipicamente umane e terrestri, le lotte dell'umanità per la supremazia delle materie prime, non ultima quella più recente del petrolio nei paesi arabi, cui il film fa omaggio con lo scenario urbano impregnato di forme stilistiche medio-orientali e i nomi arabi di alcuni protagonisti. Lotte a cui i popoli sottomessi, dominati da tecnologie soverchianti, non possono che opporre qualcosa di metafisico, tradizionalmente noto nella storia terrestre, come l'attesa del Messia, la jihad (guerra santa), la profetica, imminente giustizia di Dio, ecc.

La lotta di classe, sembra ribadire il film, non basta più, perché forse si prevede già che essa sarà perdente (nel 1984 il comunismo-socialismo di molte nazioni sta per crollare). Meglio allora creare un racconto filmico più credibile, dominato tematicamente dall'estensione dei poteri della fede, che spesso nella realtà è indubbiamente autentica; un'estensione che porta alla speranza di un successo sul demonismo insito nelle cose materiali, al miglioramento delle condizioni di vita o della infelicità esistenziale, legando l'amore di Dio a una scambio tipicamente cattolico o legato al culto dei Testimoni di Geova: io ti amo mio Dio anche perché soddisferai la mia sete di giustizia terrena, punitiva (Apocalisse) o perché cambierai la mia condizione di precarietà sociale inventando per i fedeli un altro mondo, donando ai credenti una grande gratificazione nel futuro regno di Dio: terrestre (per i Testimoni di Geova) o paradisiaco-celeste-spirituale (per i Cattolici).

Da un punto di vista un po' più psicanalitico il film rappresenta l'articolazione delirante, assurda ma ricca di senso storico personale, di una mente prepsicotica (David Lynch?) del nostro tempo che combatte contro il male dei propri desideri egoistici e brutali segnati dal senso di colpa.

Se ne vede drammaticamente tutto il suo percorso pulsionale, ricco di emozioni colpevoli, dal godimento patologico del barone Vladimir, che sembra colmare un vuoto d'amore e di stima personale avvalendosi del gioco compensativo della crudeltà, all'esito sorprendentemente autoscioglitivo di un nodo nevrotico cruento, che riguarda il desiderio sintomatico più insistente, quello legato alla minaccia di castrazione materna, che aspira in qualche modo a redimere la colpa dei misfatti fatti, anche se solo vissuti nella fantasia (quella di Lynch?), con l'impegno a una rinuncia sessuale, a un'abdicazione dall'erotismo, abbandonandosi totalmente al Messia (David Lynch diventa il buon Paul dopo essere stato il cattivo barone Vladimir?), a un amore quindi sublimato e sicuro, che porterà nella mente di Lynch una provvisoria serenità psicologico-esistenziale?

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Recensione a cura di Giordano Biagio - aggiornata al 09/11/2011 17.25.00

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