Recensione allucinazione perversa regia di Adrian Lyne USA 1990
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Recensione allucinazione perversa (1990)

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locandina del film ALLUCINAZIONE PERVERSA

Immagine tratta dal film ALLUCINAZIONE PERVERSA

Immagine tratta dal film ALLUCINAZIONE PERVERSA

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Immagine tratta dal film ALLUCINAZIONE PERVERSA

Immagine tratta dal film ALLUCINAZIONE PERVERSA
 

"Jacob's ladder" è un film del 1990 girato da Adrian Lyne, regista conosciuto per pellicole che si discostano notevolmente da film di genere drammatico.
"Flashdance", "Attrazione fatale", "9 settimane e mezzo" sono i successi suoi famosi, eppure fa un certo effetto accostare il nome di questo regista ad "Allucinazione perversa".
La traduzione italiana non rende assolutamente merito ad un film che in verità è molto più sfaccettato e complesso di quanto sembri.

Il proseguimento della lettura potrebbe svelare alcune tematiche ed alcuni colpi di scena chiave che rovinerebbero la visione del film.

Jacob Singer è un addetto alle poste; fidanzato con una ragazza di nome Jezebel, conosciuta proprio sul luogo di lavoro, e conduce nel complesso una vita dignitosa e serena. Ma il protagonista conserva nel suo profondo alcune esperienze che lo hanno segnato per tutta la vita. Jacob è un sopravvissuto della feroce guerra in Vietnam ed il ritorno a casa non è stato dei migliori. Suo figlio minore Gabe perde la vita in un incidente stradale e il tragico fatto ha letteralmente spaccato in due la famiglia. Jacob e sua moglie Sarah si vedono costretti al divorzio e lui è inevitabilmente costretto a rifarsi una nuova vita.
In maniera prepotente alcuni flashback sulla guerra continuano a tormentare le sue notti, mentre durante il giorno figure indefinite e demoniache lo perseguitano senza sosta, facendo vacillare le sue sicurezze e la sua stabilità mentale.
Cosa è successo durante quegli spaventosi giorni nel Vietnam? Perché continua a vedere volti sconosciuti che si agitano in maniera compulsiva e senza sosta? E soprattutto, chi sono quelle creature non identificabili che gli appaiono durante le sue visioni?

"Jacob's ladder" è un film molto particolare, che ha come punto di forza principale quello di miscelare sapientemente più generi, riuscendo a non banalizzarsi nel risultato finale.
I tormenti del protagonista si esplicano attraverso sequenze che possono essere divise in tre classi principali.
ll primo gruppo comprende tutte le visioni che si riferiscono in maniera più o meno diretta alla guerra in Vietnam. La sequenza iniziale inganna fortemente lo spettatore, il quale potrebbe erroneamente pensare di star assistendo ad un film che tratta esclusivamente il tema bellico. Jacob, intrappolato in mezzo alla soffocante vegetazione del Vietnam, viene colpito in modo mortale da un colpo di baionetta di un soldato. La visione si interrompe bruscamente con il protagonista che si risveglia in una metropolitana e comprende immediatamente di aver perso la fermata a cui doveva scendere.
La scena della metropolitana risulta essere una delle sequenze più inquietanti e memorabili di tutto il film, dato che Jacob si muove in un luogo completamente avulso dalla realtà. Risulta molto ansiogena l'aria di avversità e di indifferenza che vengono palesati dai volti che osservano con distacco Jacob: si pensi alla zingara dallo sguardo fisso, oppure dal barbone che nasconde qualcosa sotto l'impermeabile. L'aggiunta di inquadrature fortemente cupe e claustrofobiche elevano queste sequenze iniziali ad un livello registico assolutamente notevole e non banale.

Ma in verità Jacob è più volte tormentato dalle visioni del Vietnam; con una preponderanza particolare verso quei momenti in cui cerca di sopravvivere mentre è ferito a morte. Durante la sua nuova vita è accompagnato in maniera fedele dalla sua nuova compagnia: Jezebel. La ragazza è tutto quello che un uomo potrebbe desiderare: affascinante, brava a letto, premurosa. Ma anche la figura della sua nuova amante inizia ad incrinarsi; aggiungendosi a visioni che di confortante hanno ben poco.

Le visioni appartenenti alla seconda categoria hanno uno stampo più demoniaco, incentrandosi maggiormente sul far emergere dubbi e paure nella mente di Jacob, il quale assiste con terrore al palesarsi di creature infernali e di "umani" aventi tratti o caratteristiche assolutamente poco umane. Perfino Jezebel non sfugge a tutto questo, dato che si rende protagonista di una efficace scena in cui presenta occhi totalmente neri e denti affilati soltanto per una piccola frazione di secondo.
Di incredibile impatto anche la scena della festa, nella quale Jezebel balla in mezzo alla folla e sembra che stia intrattenendo un rapporto sessuale con un demone con larghe ali nere e con affilati artigli che la molestano.
Jezebel, dal punto di vista della caratterizzazione, risulta essere molto complessa.
è sicuramente propositiva e premurosa nei confronti di Jacob, ma allo stesso tempo non offre il supporto morale che il protagonista dovrebbe avere e anzi, in più frangenti cerca di allontanare Jacob dalla sua precedente vita (si pensi al momento in cui brucia nell'inceneritore le foto della famiglia e di Gabe). Insomma, Jezebel non offre nessuna risposta a Jacob, il quale capirà ben presto che non può fare affidamento neanche su di lei.

In tutto questo continuo mutare di pericoli e di visioni, dove non c'è nulla di buono e realmente positivo, spicca con forza Louis, il fisioterapista personale di Jacob. Louis è l'unico che aiuta in maniera concreta Jacob, alleviandone dolori fisici e mentali.
Quando Jacob è messo in posizione supina, Louis viene illuminato alle spalle dalla luce che illumina la stanza. Questo offre a Louis "quasi" delle fattezze angeliche, che però vengono anche coadiuvate da una bontà d'animo e da una disponibilità al dialogo che non si riscontrano in nessun altro personaggio della vicenda.
L'importanza che la figura di Louis assume nella vicenda è sottolineata soprattutto da due sequenze abbastanza vicine tra loro, le quali verranno analizzate successivamente.

Durante il protrarsi della vicenda, Jacob verrà chiamato da un suo commilitone del Vietnam e pure il suo amico ammetterà a Jacob che soffre delle stesse visioni e che più volte ha pensato al suicidio per terminare le sofferenze. L'aiuto che potrebbe derivarne da questo sodalizio purtroppo avrà un esito breve e fatale: l'amico morirà a causa di una bomba piazzata volontariamente nella sua macchina.
Il confrontarsi con ulteriori suoi compagni d'arme farà emergere l'idea che durante la guerra in Vietnam deve essere successo qualcosa che ha danneggiato in maniera indistinta tutti i presenti. Avanzare una denuncia verso il governo americano presenterà notevoli difficoltà e perfino i suoi compagni tenderanno ad abbandonarlo in una situazione che vede Jacob sempre più isolato e solo.
La situazione precipita quando viene letteralmente catturato da una macchina con agenti federali e costretto con le minacce a stare in silenzio verso certe "questioni spinose". La colluttazione che ne segue avrà effetti nefasti su Jacob, che si frattura qualche osso e subirà di nuovo il ritorno dei dolori fisici. In un momento di totale distacco dalla realtà il protagonista sarà preda della visione più spaventosa dell'intero film.
Soccorso mentre era in strada, Jacob viene portato in ospedale per fare una lastra, ma durante il tragitto in barella attraverserà quello che può essere definito un vero e proprio inferno in terra: pazzi che lo guardano minaccioso, pareti che grondano di sangue, pezzi di corpi che intralciano le ruote della barella, figure indistinte che urlano muovendo in maniera schizofrenica la faccia. Il termine della corsa sarà probabilmente ancora più spaventoso del viaggio, dato che ad aspettarlo in mezzo a tanti medici c'è anche Jezebel, indifferente all'arrivo del marito sofferente.
Il medico impone a Jacob di non agitarsi e non darsi pene, dato che è morto.
Jacob, spaventato dalla situazione e completamente nel panico, subisce una violenta iniezione nella fronte e si risveglia come degente in un letto d'ospedale.

L'arrivo della moglie con soli due figli (Gabe è morto) sembrerebbe abbia portato conforto a Jacob, che ora vede almeno dei volti familiari e amici. Purtroppo una voce minacciosa e roca afferma che Jacob sta sognando, rigettando il protagonista nella sofferenza e nella paura. Ed è a questo punto che Louis interviene e con la forza riesce a far evadere Jacob dall'ospedale.
Ma la scena in cui Louis riesce ad affermare il suo ruolo in maniera decisiva e convincente è proprio l'ultima seduta di fisioterapia che effettua su Jacob per farlo tornare a camminare.
Louis espone con dovizia la filosofia di un domenicano: Meister Eckart. Secondo il filosofo, un uomo in punto di morte cerca di aggrapparsi alla vita in ogni modo, mettendo però in risalto la parte cattiva di sé. Attraverso questo comportamento, la mente viene destabilizzata violentemente, assistendo alla visione di demoni che cercano di trascinarti all'inferno. L'approccio della morte cambia totalmente visione se si riesce invece ad accettare tutto il proprio vissuto, senza creare rimorsi o ancore di salvataggio inutili.
In quel momento la vita ti abbandona con la presenza di angeli che ti facilitano nell'intraprendere il viaggio più difficile di tutti.

Jacob a questo punto ha ben chiaro cosa deve fare e riesce anche a comprendere il motivo dietro le visioni. L'ultima tappa di Jacob sarà proprio la sua vecchia casa, dove abitava con Sarah e i figli. La casa risulterà vuota ed il protagonista proverà di nuovo smarrimento e senso di abbandono.
Prima di addormentarsi, osserverà alcune foto della sua vita precedente. I ricordi inizieranno a farsi largo prepotentemente e Jacob, fortemente commosso, si addormenterà su un vecchio divano.
Il risveglio al mattino offrirà all'abitazione un aspetto decisamente più solare e confortante, come se Jacob fosse realmente tornato a casa. Sulle scale dell'appartamento lo attende il figlio Gabe, che con grande dolcezza lo conduce verso una luce sul termine della salita.
La sequenza finale mostrerà un medico che si arrende, constatando che il soldato Jacob SInger è morto. Prima di andarsene afferma che nonostante abbia combattuto come un ossesso, il morto ha in volto un'espressione serena.

L'interpretazione della sequenza finale chiama in causa la terza categoria di visioni, che più precisamente comprende solo una singola, vastissima visione: tutta la vicenda del film.
Jacob non è mai tornato a casa durante il Vietnam, bensì quelle scene a cui noi attribuiamo il nome di flash-back in verità erano proprio gli unici spezzoni in cui si stava assistendo alla vicenda reale. Il protagonista viene ferito a morte e in quei lunghi momenti di agonia inizia a viaggiare con la testa, creando anche alcuni elementi che in verità non sono interpretabili come reali o meno.

Un'attenta analisi del film mette in luce numerose scene in cui viene sottolineato a Jacob il fatto che sia morto (o in procinto di morire). Un esempio lampante è la lettura della mano da parte di una "maga" che incontra durante la festa in cui Jezebel balla col demone.
La donna afferma in maniera esplicita che la linea della mano è "interrotta", portando così lo spettatore ad iniziali dubbi circa la conclusione della vicenda.
Un altro momento curioso in cui viene espresso il medesimo concetto è la scena in cui l'infermiera allo sportello non trova nello schedario né la cartella clinica di Jacob, né quella del medico curante.
In una scena in cui Jacob rischia la vita per la febbre, Jezebel lo rassicura dicendogli che non è morto e che si può ritenere salvo.
Questo, alla luce della rivelazione finale, emerge come un chiarissimo tentativo di far credere a Jacob il falso, conducendolo quindi ad un proseguimento della dannazione. Anche il medico-demone che incontra Jacob sulla barella insinua nella mente del protagonista il dubbio che egli sia morto. Inoltre si percepisce anche una certa insistenza dei momenti sul Vietnam che inevitabilmente portano lo spettatore a nutrire dubbi circa la realtà della vicenda.
Perfino la frase che viene pronunciata mentre è in degenza può assumere un connotato diverso. La voce minacciosa che dice che Jacob sta sognando potrebbe essere attribuita ai demoni che adesso gli mascherano la visione dell'inferno con immagini a lui confortanti (la famiglia), però potrebbe anche essere collegata ai soldati che lo stanno soccorrendo e che, nei movimenti confusi e non più razionali di Jacob, affermano che sta sognando, mentre lotta per la vita.
Una seconda visione del film sicuramente mette in luce moltissimi aspetti o scene che di primo impatto ci dichiaravano poco.

Un tema su cui verte l'intero film è il concetto di scala. L'imbarazzante titolo italiano, come detto all'inizio, non rende merito a questo film. In lingua originale parliamo di "Jacob's ladder", letteralmente "la scala di Giacobbe". Il termine scala risulta essere probabilmente la parola chiave di tutto il film.
La droga che amplifica la violenza e l'efficienza, utilizzata ad insaputa dei soldati americani su di loro, prende proprio il nome di "scala". Ed è la sostanza che comporta un violento movimento compulsivo della testa; gli stessi movimenti che Jacob vede in mezzo alle sue terrificanti visioni.
Un altro momento in cui ci si riconduce al termine scala è sicuramente il passaggio dalla vita alla morte che Jacob effettua mano nella mano con Gabe. Jacob sta salendo le scale del suo appartamento verso una misteriosa luce bianca che però di minaccioso non ha nulla. Metafora abbastanza palese che vuole significare la salita sulla scala che ha accesso al paradiso.
Questa breve sequenza trova il suo cardine principale in un passo della Bibbia, più precisamente nella Genesi (28: 12-17): Giacobbe (Jacob in inglese) effettua un sogno in cui vede una scala da cui salgono e scendono angeli, con la sommità che coincide con i cieli nei quali risiede Dio.
Un altro concetto accostabile con la scala può essere la fune che sorregge la barella all'elicottero, che assume in gergo il nome di "scala di corda". Anche questo tipo di scala ha una valenza sicuramente meno mistica e visionaria, ma raffigura nel concreto quello che sta realmente accadendo: Jacob sta morendo e più la scala si avvicina all'elicottero e più Jacob abbandona questo mondo.

Un interessante confronto emerge anche dal paragone tra Sarah e Jezebel.
La prima, seppur appaia in brevi frangenti, è bionda ed è realmente una madre amorevole verso i propri bambini. La scelta della capigliatura non è un caso, dato che il giallo vivace viene associato alla luce e al bene.
D'altro canto, Jezebel si presenta come una mora dal corpo formoso e sinuoso, spesso ripresa con le nudità in vista, quasi a voler significare il peccato carnale che in ogni momento può tentare l'uomo mortale. Jezebel è sinonimo di male, di peccato, quindi nel film non assume affatto una valenza positiva, e tale constatazione la si può benissimo confermare da alcuni suoi comportamenti e dalla presenza "decisiva" di lei in alcune visioni con fortissima impronta demoniaca.

Bisogna però domandarsi anche sull'affidabilità che si potrebbe attribuire alle visioni tormentate di Jacob. Il complotto governativo, e quindi l'utilizzo di quella droga per migliorare i soldati, è soltanto una finzione di Jacob?
Non è altro che un elemento fittizio creato in maniera inconscia in modo da convincersi del fatto che sulla terra abbia ancora questioni in sospeso che deve risolvere?
Oppure tutta quella tesi complottistica possiede un fondamento reale?
Inoltre risulta essere poco chiara anche la morte di Gabe. Jezebel, dialogando con Jacob, viene a sapere che Gabe era quello morto dopo il Vietnam. Il contrasto logico si viene a creare però al momento della rivelazione finale: Jacob muore in Vietnam. Perciò o Gabe è morto prima, ma non c'è nessun accenno su questa ipotesi, oppure Gabe non è morto assolutamente.
Questa ultima ipotesi condurrebbe lo spettatore a pensare che la morte di Gabe sia fittizia pure questa: un espediente mentale creato sempre al fine di "poter credere" che una morte del figlio ti renda vivo, ti costringa a trovare un motivo per vivere.
Su questi punti in verità il film non offre ulteriori precisazioni, di conseguenza è probabile che l'interpretazione sia volutamente lasciata allo spettatore.

Il finale che ribalta tutto, che capovolge ogni certezza che lo spettatore pensa di ottenere, è in realtà una soluzione che ai giorni nostri è stata purtroppo usata e abusata fin troppo.
"Il sesto senso" di Shyamalan, oppure "The others" di Amenàbar sono film che utilizzano palesemente la stessa formula finale, ovviamente riadattandola al contesto che viene narrato nella pellicola.
Nel primo film il famosissimo psicologo interpretato da Willis scopre al termine della vicenda che lui morì mesi prima durante l'aggressione di un suo ex-paziente, che non è mai riuscito a guarire dalle sue paturnie.
In "The others" la Kidman interpreta una madre autoritaria e severa che, in seguito alla morte in guerra del marito e alle continue sofferenze dei figli, ammazza questi ultimi soffocandoli e poi si toglie la vita. Insomma, "Allucinazione perversa" introdusse nel mondo del cinema una concezione del finale a suo tempo rivoluzionaria e di fortissimo impatto.

Sulla scena si muove uno strepitoso Tim Robbins, che in alcuni momenti colpisce al cuore con la sua forte espressività.
Degna di nota la ripresa che la mdp effettua soffermandosi sul volto sofferente di Jacob mentre è immerso nella vasca piena di ghiaccio (per abbassare il repentino aumento di temperatura corporea).
Elizabeth Pèna invece interpreta l'ambigua Jezebel, riuscendo a gestire benissimo un personaggio complesso nell'arco dell'intera trama.

Il comparto tecnico risulta sicuramente funzionale alle esigenze di trama.
L'utilizzo di effetti speciali non esagerati porta all'evitare la costruzione di scene artificiose e palesemente finte, dando quindi una marcia in più al film in termini di tensione e mistero.
Per esempio, la creatura che abusa di Jezebel durante il ballo non è mai ripresa per intero, proprio per evitare che gli effetti speciali non ottengano un ruolo dominante all'interno della scena.
Moltissimi film horror attuali perdono in termini di tensione a causa di questa motivazione appena espressa. La fotografia non deve valorizzare paesaggi mozzafiato, oppure scene in cui è richiesta una preponderanza cromatica, però risulta essere un po' sottotono.
Discorso assolutamente opposto bisogna dedicarlo a Lyne.
Il regista riesce a reggere il film su ottimi livelli per tutto l'arco della narrazione, regalando anche alcune sequenze difficilmente dimenticabili. Oltre alle già citate scene dell'ospedale e della metropolitana, risulta essere perfetta dal punto di vista registico la scena del ballo demone-Jezebel, la quale gioca in maniera ambigua e ammiccante aiutandosi con le luci psichedeliche della festa.
Molto bella anche una ripresa in cui viene messa a fuoco una ragnatela tessuta da un ragno su delle foglie; una scena che fa da fortissimo contrasto con le sequenze precedenti, e che quindi "informa" lo spettatore che sta ricominciando un flash-back sul Vietnam.

Il film dal punto di vista dei contenuti non può essere classificato in maniera netta e univoca. Sicuramente si riscontra una fortissima preponderanza del genere horror, la quale regala probabilmente le sequenze migliori dell'intero film.
Però non si può non sottolineare anche la componente thriller, che si assume la responsabilità di menzionare e approfondire il tema della droga e dei complotti governativi atti a far passare sotto silenzio una tristissima pagina della storia americana.
Infine il film è inquadrabile anche in un genere drammatico, soprattutto a causa della condizione di Jacob e della soluzione finale che mescola tutte le carte in tavola.

"Allucinazione perversa" risulta essere un film probabilmente un po' dimenticato e che non ha goduto (almeno in Italia) degli elogi e delle attenzioni che meritava di ricevere.
Nonostante tutto, è un film che in alcune meccaniche e passaggi può rivelare persino troppo riguardo alla scena finale, "rovinando" un po' la visione dello spettatore più attento e smaliziato. Ma questo difetto passa in secondo piano rispetto ad un insieme di pregi che rendono "Jacob's Ladder" un film che almeno una volta nella vita bisogna vedere.

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Recensione a cura di carsit - aggiornata al 15/04/2014 17.45.00

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