speciale takashi miike - personaggi senza identità
al cinemain tvanteprimearchivioserie tvblogtrailerclassifichespecialiregistiattorirecensioniforumfeedmy
Skin Filmscoop in bianco Filmscoop nostalgia
Ciao Paul!
Ricerca veloce:       ricerca avanzatabeta

2. Personaggi senza identità

I protagonisti dei film di Miike sono accomunati dalla mancanza di un'identità ben precisa e tale mancanza li pone su un piano diverso rispetto al resto della società, la quale non esita a emarginarli. Essi non sanno bene chi o che cosa siano, ma capiscono di essere irrimediabilmente diversi dagli altri da un punto di vista che può essere etnico, geografico, familiare, fisico, mentale o sessuale. Vediamo di analizzare ciascuna di queste categorie.

I personaggi senza un'identità etnica sono numerosissimi nel cinema di Miike: per citare i più importanti, in "Chugoku no chojin" ("The Bird People in China", 1998) una ragazza cinese palesa la discendenza dal nonno inglese con un paio di occhi azzurri che stonano col suo viso orientale; Chuji di "Blues Harp" (id., 1998) è nato dal rapporto tra una prostituta e un suo cliente americano di colore; il protagonista di "Jitsuroku Ando Noboru kyodo-den: Rekka" ("Deadly Outlaw: Rekka", 2002) è nippo-coreano; Heihachi, infine, è un meticcio di sangue metà Heike e metà Genji, quando le due fazioni si stanno dando battaglia nell'improbabile western d'ambientazione giapponese "Sukiyaki Western: Django".
I sentimenti di questi personaggi sono ben espressi nelle due opere più significative in questo senso: in "Shinjuku Triad Society" il protagonista Tatsuhito è nato in Cina da padre giapponese e madre cinese ed è evidente la sua impossibilità nel riconoscersi in nessuno di questi due Paesi. In Giappone, infatti, egli non è considerato un cittadino normale, ma un "orfano di guerra dalla Cina", come lo apostrofano i giornali in occasione del suo arruolamento nelle forze dell'ordine. Di contro, quando si reca in Cina, la scusa che userà con i suoi superiori per potersi fermare di più in modo da continuare le sue investigazioni personali, sarà di star male per via della scarsa igienicità dell'acqua corrente cinese, una motivazione prettamente da straniero.
In "Hyoryugai" ("The City of Lost Souls", 2000), invece, Mario è un nippo-brasiliano che vive in Giappone, il cui unico sogno è scappare in Brasile. Lapidaria, però, sarà la frase del suo amico Carlos, nippo-brasiliano come lui, quando finalmente riuscirà a dargli il passaporto falso: "In Brasile siamo giapponesi, qui siamo brasiliani".

Altri film, invece, sono incentrati sulle vicende di personaggi che vivono una situazione particolare dal punto di vista geografico. Lontani dalla loro terra, essi cercano tra mille difficoltà di integrarsi con la comunità che li ospita. E' il caso, per esempio, di "Gokudo kuroshakai - Rainy Dog" ("Rainy Dog", 1997), in cui Yuji è uno yakuza fallito che si rifugia a Taipei, dove troverà la morte per mano di un sicario giapponese; oppure di "The Bird People in China", i cui protagonisti sono Wada e Ujiie, che vengono mandati in Cina rispettivamente da una ditta e dalla yakuza. Entrambi diretti verso un villaggio situato vicino a una miniera di giada, essi si troveranno inizialmente male perché abituati alle comodità della vita giapponese, ma una volta integratisi con la comunità locale cambieranno la loro visione del mondo. "Tengoku kara kita otokotachi" ("The Guys from Paradise", 2001), invece, racconta le vicende di Kohei, un impiegato mandato a Manila dalla sua azienda e rinchiuso nelle carceri filippine per essere stato trovato in possesso di eroina. Anche per lui l'adattamento è difficoltoso (nonostante l'acqua locale gli procuri dei disturbi intestinali, si rifiuta di utilizzare i bagni per la loro sporcizia), ma alla fine del film sarà totale, poiché verrà addirittura eletto a presidente delle Filippine.

Molti sono, inoltre, i personaggi che versano in una situazione familiare anomala. I genitori di Asami in "Audition" (id., 2000) divorziano e la affidano agli zii, i quali la maltrattano. In seguito, la madre la riprende con sé, ma verrà odiata dal suo nuovo padre. Anche i genitori di Tadashi, il piccolo protagonista di "The Great Yokai War", sono divorziati e lui dovrà vivere nella casa di un nonno che non si ricorda nemmeno il suo nome. I tre protagonisti di "DOA Dead or Alive 2 - Tobosha" ("Dead or Alive 2", 2000) sono orfani cresciuti nello stesso orfanotrofio e non conosceranno mai la loro vera famiglia. In "Koshonin" ("Negotiator", 2003) Ishida e la moglie riescono ad avere un figlio solo grazie alla donazione dell'ovulo da parte di Tono, la sua ex fidanzata. Saraka, la protagonista femminile del recente "Kamisama no pazuru" ("God's Puzzle", 2008), nasce per inseminazione artificiale da madre giapponese che si era rivolta a una banca del seme americana e studia in America. Ma quando le viene chiesto se lei si considera americana o giapponese, ella scuote sconsolatamente la testa in entrambi i casi, mettendo così in evidenza anche la mancanza di un'identità etnica.
Diversi film, inoltre, hanno come protagonista un giovane yakuza che ha perso prematuramente il padre e che rivede nel proprio boss una figura paterna a cui ispirarsi. Il più riuscito è senza dubbio "Deadly Outlaw: Rekka". il padre di Kunisada muore quando lui era ancora piccolo e anche il suo boss Sanada, a cui era molto legato, viene ucciso. Egli, però, all'interno del clan è l'unico a provare vera fedeltà e dovrà lottare da solo ed emarginato per avere vendetta, poiché gli altri membri vogliono evitare un'inutile guerra tra bande.

Altri personaggi, invece, devono fare i conti con un'identità fisica mutata o addirittura assente. Essi non possiedono più il proprio corpo così com'era e ciò li getta in una situazione di ambiguità per quanto riguarda la loro identità individuale. Ricordiamo per esempio Aizone che in "Gokudo sangokushi - Fudo" ("Fudo: The New Generation", 1996), dopo un'esplosione in cui si pensava avesse perso la vita, ricomparirà con il corpo per metà di metallo, o Ai che in "Andromedia" (id., 1998) muore investita da un furgone e viene fatta rivivere dal padre informatico sotto forma di intelligenza artificiale. Ma il film più significativo da questo punto di vista è "Full Metal gokudo" ("Full Metal Yakuza", 1997): Hagane viene tradito e ucciso insieme al boss Tosa dal suo stesso clan yakuza. Il folle scienziato Genpaku però compra il suo cadavere al mercato nero e lo combina con il metallo e con alcuni organi dello stesso Tosa, per farne l'essere umano più forte al mondo. Egli utilizzerà i suoi nuovi poteri per la vendetta, ma la perdita della propria identità fisica sarà vissuta come un dramma.

Per quanto riguarda invece la mancanza di un'identità mentale, i due film più importanti sono "Koroshiya Ichi" ("Ichi the Killer", 2001) e "Izo". Nel primo Ichi è un terribile killer affetto da disturbi psichici che viene manipolato da Jijii, un ipnotizzatore interpretato dal regista Tsukamoto Shin'ya. Egli viene infatti ingannato continuamente sulla sua vita passata e convinto di aver assistito anche a uno stupro. Jijii fa in modo che Ichi confonda sempre di più la realtà con le visioni da lui inculcate, per fargli scatenare gli omicidi più efferati secondo un misterioso piano che rimarrà enigmatico fino alla fine.
Izo è, come abbiamo già detto, la reincarnazione di un samurai ucciso quasi centocinquanta anni fa. La sua cieca sete di vendetta però lo priverà della sua natura umana trasformandolo in una feroce bestia incapace di ragionare. Izo si trova così a vagare da un'epoca all'altra sfigurato nel corpo, sempre più simile a quello di un demone, e prigioniero di una spirale di odio e violenza. La sua furia si abbatte su chiunque gli si pari davanti, che si tratti di yakuza, bambini, poliziotti, semplici impiegati, vampiri, monaci, la sua stessa madre o addirittura del primo ministro del Giappone (nel film interpretato da Kitano Takeshi). Alla fine egli riesce a tornare in sé, si libera da quella spirale infinita, si vendica di colui che l'aveva prima usato e poi ucciso nel passato e può così rinascere come un nuovo uomo purificato.

Molti sono nel cinema di Miike i personaggi che presentano problemi di carattere sessuale. Una costante è per esempio il fallimento della virilità. Diversi uomini non riescono ad avere una vita sessuale soddisfacente e questo è sempre motivo di frustrazioni che possono poi sfociare in un atteggiamento oltremodo violento. E' il caso di Aoki in "DOA Dead or Alive - Hanzaisha" ("Dead or Alive", 1999), le cui efferatezze hanno origine nell'insoddisfazione per le dimensioni del proprio pene. Ma il caso più emblematico in questo senso è quello di "Bijita Q" ("Visitor Q", 2001): Kiyoshi non solo soffre di un'eiaculazione precoce che lo perseguita e lo ossessiona, ma ciò gli viene addirittura rinfacciato dalla sua stessa figlia, con cui ha dei rapporti incestuosi: l'apoteosi del fallimento della virilità.
Altri personaggi invece vivono male la propria sessualità, ma per altri motivi. In "Blues Harp" Kenji è un omosessuale che ha dei rapporti con la moglie del suo capo e prova una repulsione tale da lavarsi febbrilmente il corpo per cancellare l'odore della donna. Mika in "Fudo: The New Generation" è ermafrodita e questa sua condizione è fonte per lei di infelicità. "Sono consapevole che non potrò mai diventare felice" dice riguardo la sua impossibilità di considerarsi né uomo, né donna. Ciò ricorda molto da vicino il personaggio di Ariyoshi in "46 oku nen no koi" ("Big Bang Love, Juvenile A", 2006) che, pur non essendo omosessuale, lavora in un gay bar. Un giorno egli uccide un cliente che aveva cercato di seviziarlo e viene condannato al carcere. E' con un suo compagno di cella che avviene un dialogo molto significativo per comprendere come egli manchi di un'identità sessuale. Alla domanda: "Le donne proprio non ti piacciono?", Ariyoshi risponde: "Né mi piacciono, né mi dispiacciono". "E gli uomini?", gli chiede lui. "Quando lo faccio con loro mi viene la nausea". "Ma allora non ti va nessuno dei due?". Laconica è la risposta di Ariyoshi: "Non lo so...".

Ma il personaggio più rappresentativo del cinema miikiano è forse la protagonista femminile di "Imprint". I suoi genitori sono vagabondi senza una fissa dimora e non potendo permettersi di mantenere una figlia, appena nata la gettano in un fiume. Ella riesce miracolosamente a sopravvivere e la madre, che la ritrova dopo due giorni, decide alla fine di crescerla. La sua vita però sarà resa un inferno da una malformazione alla faccia. Gli altri bambini la chiamano "mostro" e si avvicinano a lei solo per tirarle le pietre. Come se ciò non bastasse, dentro di lei vive una seconda entità, che le ordina di agire secondo i suoi malvagi voleri. I problemi della protagonista del film toccano quindi la sfera geografica (i genitori sono vagabondi), familiare (viene gettata appena nata), fisica (le malformazioni alla faccia) e mentale (non è padrona delle proprie azioni).

Qualunque sia l'identità mancante nei personaggi di Miike, il risultato è unico per tutti: una condizione di emarginazione e di infelicità da cui scappare. I rimedi cercati per risolvere questa situazione possono essere vari, ma raramente la conclusione sarà del tutto positiva. Chi cerca la vendetta, finisce quasi sempre per scatenare un'ondata di violenza da cui verrà travolto, come accade in "Full Metal Yakuza", in "Agitator", o in "Shin jingi no hakaba" ("Graveyard of Honour", 2002). Altri personaggi aspirano a una fuga, di cui è importante non tanto la meta, quanto l'abbandono della condizione attuale. Questa fuga è però a conti fatti impossibile (non ha esiti positivi in alcun film di Miike) e verrà talvolta abbandonata anzitempo dai personaggi stessi, per la paura che anche una volta fuggiti la loro infelicità possa non cambiare, perdendo così qualsiasi speranza.
In vari film invece i protagonisti tentano di raggiungere la felicità mettendosi alla ricerca del proprio partner ideale. Anche tale ricerca si rivela utopica, come si evince dalle due opere più significative in questo senso: "Audition" e "Ichi the Killer". Nella prima il protagonista Aoyama perde prematuramente la moglie e, in preda alla solitudine, si decide a cercare una nuova donna sotto insistenza anche del figlio. La troverà in Asami, con cui inizierà una relazione. Ella però aveva vissuto un'infanzia molto difficile in cui non era mai stata amata, diventando da adulta bramosa d'amore in maniera ossessiva. Quando scoprirà che Aoyama era già stato sposato, la sua gelosia la porterà a una reazione spropositata: prima lo addormenta e poi lo tortura brutalmente in una delle sequenze che hanno fatto la storia del J-Horror. In "Ichi the Killer" invece assistiamo alla ricerca da parte dello yakuza Kakihara di colui che gli possa offrire il vero terrore. Egli infatti prova grande piacere nel ricevere dolore e non riesce a darsi pace da quando Anjo, il suo boss che era solito picchiarlo, viene ucciso. Si mette così alla ricerca dell'assassino e l'efferatezza dei massacri che incontra sulla sua strada gli danno la certezza di aver finalmente trovato colui che possa soddisfare totalmente il suo masochismo. Al momento del loro scontro finale però le sue speranze verranno tradite, perché Ichi si accascerà inspiegabilmente a terra tra le lacrime e non riuscirà più a rialzarsi.

Molti sono inoltre i personaggi che tentano di reagire alla loro emarginazione formando un nuovo gruppo, un'unità alternativa che li aiuti a combattere la solitudine. Il gruppo però è in Miike qualcosa di labile, un concetto astratto fallimentare in partenza e che in sé ha già tutte le cause del decadimento. La sua unità è impossibile, perché i vari membri hanno motivazioni e sentimenti diversi l'uno dall'altro e l'individualismo prevale sempre sull'interesse comune. E' il caso, per esempio, di "Dead or Alive", in cui la banda interamente formata da zanryu koji (i bambini nati nelle colonie da genitori giapponesi e poi rimasti orfani o abbandonati) si sfalda in seguito al tradimento di uno dei membri, che aveva tenuto per sé tutto il bottino di una rapina per poter tornare in Cina assieme alla madre. Come punizione, il capo Ryuichi lo uccide, ma il destino del gruppo è ormai segnato: alla fine del film nessuno dei suoi membri sarà rimasto in vita.
Stessa sorte toccherà ai componenti della banda di Kakihara in "Ichi the Killer": appena espulsi dal sindacato ufficiale per i loro metodi estremi, uno dei sottoposti intende lasciare il gruppo, consapevole di avere contro tutta la yakuza di Tokyo. Kakihara lo obbliga con la forza a rimanere con lui, ma in quel gesto era già scritta la loro fine. Quando viene assegnata una sostanziosa taglia su Mario in "The City of Lost Souls", coloro dai quali egli dovrà guardarsi saranno soprattutto i suoi amici della comunità brasiliana, che non esitano a tradirlo di fronte al miraggio dei soldi. Ma molte sono le pellicole costellate da tradimenti interni ai vari gruppi o ai clan yakuza, come per esempio "Agitator", "Gokudo kyofu daigekijo - Gozu" ("Yakuza Horror Theatre: Gozu", 2003) o il recente "Crows Zero" (id., 2007).

Quest'analisi di Miike è ancora più interessante se pensiamo che il concetto di shudanishiki, la tendenza a muoversi, pensare e lavorare in gruppo, sta alla base della stessa società giapponese: ancora una volta ciò che era comunemente riconosciuto viene messo in discussione e le tradizionali certezze vengono negate dal regista, che dimostra di avere un occhio attento anche ai rapidi e profondi mutamenti culturali e sociali avvenuti in Giappone negli ultimi anni.


Torna suSpeciale a cura di Tommaso Ghirlanda - aggiornato al 19/12/2011

Speciali Filmscoop.it

Takashi Miike

  1. Miike Takashi: un regista "senza identità"
  2. Personaggi senza identità
  3. Corpi senza identità
  4. Film senza identità
  5. Sesso senza identità
  6. La felicità: famiglia, infanzia e lotta