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LA SIGNORA DI SHANGHAI regia di Orson Welles

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stratoZ     8 / 10  01/11/2025 14:11:11 » Rispondi
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

Bellissimo noir di Welles, uno dei suoi film rimaneggiati, in cui aveva poca libertà creativa, con un montaggio non voluto da lui, con i soliti contrasti con la produzione e tutto quello che può succedere con una personalità come Welles, però, col suo solito immenso talento che emerge, sia visivamente, che narrativamente "The lady from Shanghai" è un film che si accoda alla corrente noir, che gioca benissimo con gli archetipi del genere, dalla femme fatale oscura ed ingannatrice, che si prende gioco del protagonista, una bellissima Rita Hayworth, tra l'altro moglie di Welles, all'uomo in balia degli eventi senza un vero controllo, finito in un complotto più grande di lui e che deve sperare in un colpo del caso, il film, come ogni noir che si rispetti, si dedica ad un'approfondita introspezione dei personaggi e dei dilemmi che li avvolgono, col protagonista che finisce in questa vera e propria vasca di squali, come da lui stesso citato.

"Like the sharks, mad with their own blood, chewin' away at their own selves."

Una spirale di autodistruzione per pura avarizia, con un complotto nel quale la donna vuole far fuori il marito e fuggire col socio, nel frattempo avendo preparato il perfetto capro espiatorio, con lo stesso marito inizialmente all'oscuro di tutto che si trova nel dilemma se difendere o meno il protagonista, incastrato per l'omicidio, inizialmente finto, poi accaduto veramente, che tuttavia ha una relazione con la moglie, una serie di personaggi maligni e manipolatori che rincorrono il denaro come fine ultimo, senza il minimo scrupolo o empatia per il prossimo, un intreccio semplice ma tremendamente efficace nel trasmettere la torbida sensazione di un'animo marcio e compromesso, ed ovviamente, la messa in scena è uno dei punti forti, con una fotografia stupenda, contrastata, piena di chiaroscuri, cupa come la coscienza dei personaggi, con una serie di sequenze una più bella dell'altra, dai momenti esotici durante l'iniziale viaggio in barca, con quel mare al chiaro di luna che dona una certa vena poetica, alla sequenza dell'acquario, con le silhouette del protagonista e della femme fatale che danzano con i pesci nello sfondo, così come tutta la parte processuale, stranamente colma di una frizzante ironia, che funge come ottimo raccordo per uno dei finali più belli possibili, quella scena nel labirinto di specchi, semplicemente meravigliosa, un momento inarrivabile per regia e visionarietà, ripresa in numerosissime pellicole, con anche una funzione semantica straordinaria nel trasmettere tutta la spaesatezza del personaggio di fronte alla labirintica vicenda in cui è finito, di fronte all'atteggiamento manipolatorio ed alle doppie facce dei personaggi, semplicemente da manuale.

E poi ci sono le interpretazioni, il solito gigante Welles, qui meno gigioneggiante del solito, in una figura vulnerabile che intravede la possibilità di realizzare i suoi sogni, ma ben presto l'abbaglio finisce e si palesa la cruda realtà, la Hayworth che ha una presenza scenica impressionante e catalizza l'attenzione su di sè, Sloane nel ruolo del miglior avvocato penalista del mondo, ricco e sicuro di sé, ma che in fondo nasconde un certo timore per via dell'età avanzata.

Film magnifico.