L'ultimo film di Olmi è una buona opera antimilitarista, che seppur non originalissima nei concetti espressi mi ha particolarmente colpito per la messa in scena, ci troviamo nella prima guerra mondiale, in un contesto nel quale la guerra lampo si è già trasformata in una logorante guerra di trincea, il film di Olmi, applicando uno stile similare ad opere del suo passato, basti vedere "Il tempo si è fermato" o "I fidanzati", va lontano dalla tipica rappresentazione pomposa delle pellicole belliche, ma anzi va a scavare con la camera all'interno delle vite quotidiane degli uomini dentro queste buie e claustrofobiche trincee, non vi sono le urla dei caporali, non vi sono i cori militari, ne momenti motivazionali o di carica, Olmi applica uno stile sussurrato, nel quale i dialoghi dei soldati si udiscono a malapena, come se volesse spiare i bisbigli degli stessi nei momenti in cui possono permettersi di aver paura, di essere loro stesso, di esternare tutte le emozioni umane, momenti in cui l'uomo si distingue dalla divisa, anzi se ne separa del tutto e non rincorre più le faziose ideologie belliche, ma decide di confidarsi, di aver paura, di piangere per la morte di un compagno.
"Torneranno i prati" è un film fatto di silenzi e desolazione, saltuariamente interrotti da spari e bombe, o qualche folle ordine di un superiore che senza tanti scrupoli di coscienza manda gli uomini a morte certa, è un film cupo e con una componente di fondo speranzosa, ma struggente e quasi sfiancante per la fatica applicata per arrivare a vedere questi prati che ricresceranno, fatica e fortuna, serve anche quella, d'altronde nel terno al lotto della guerra, ci va di mezzo anche chi di demeriti ne ha pochi.