Il problema principale di "Good Kill" è che l'ho trovato enormemente derivativo, è un film in cui l'originalità latita, o direttamente non esiste, un film che propone un approfondimento psicologico sui soldati, sulle motivazioni dietro alla guerra ed alle carneficine che ne derivano ma che praticamente non dice nulla di nuovo rispetto ai grandi classiconi antimilitaristi.
Devo ammettere che la messa in scena non è neanche così male, con Hawke che risulta credibilissimo nel suo ruolo tormentato, è proprio l'essere così prevedibile della sceneggiatura che rende il film fin troppo banale, riproponendo i soliti concetti della propaganda bellica che va in contrasto con quella che è una realtà disumana, con l'unica differenza che qui non si parla di soldati sul campo ma di militari che pilotano i droni a distanza, andando ad approfondire il cambiamento di coscienza del protagonista, mettendo in dubbio le precedenti certezze, andando a minare i rapporti sociali a causa di una condizione psicologica che si fa sempre più fragile, fino a compromettere il rapporto con moglie e figli, una riproposizione del disturbo post traumatico da stress tipico dei reduci, con una componente che esalta il senso di colpa e un po' di filosofia riguardante la violenza e la spirale che si viene a creare attorno ad essa, una sorta di circolo vizioso, nel quale eliminando elementi violenti si crea una paura che ne genera costantemente degli altri.
Per il resto, il tutto è proposto con uno stile che è molto lontano dalle mie corde, retorico e didascalico, mai evocativo, che sicuramente non viene aiutato dalla ripetitività dei concetti, direi che è un filmetto abbastanza mediocre.