Il Casanova di Fellini probabilmente è l'apice, assieme a Satyricon, quella sua fase surreale, è un film continuamente arricchito da scenografie kitsch, da uno spirito sopra le righe, dei colori sgargianti che dominano la scena, in questo caso devo dire, in piena linea con la rappresentazione del periodo, quello di una Venezia all'apice del suo splendore, ne è un esempio la prima sequenza con l'immensa parata del carnevale, i costumi ridondanti, i fuochi d'artificio, un'estrema pomposità che tuttavia rivela subito il suo lato ironico e decadente, con la caduta di quella testa gigante della dea, che diventa poi una metafora del film, e della vita di Casanova stesso, perché questa biografia di Fellini, coerentemente col resto della sua filmografia, prende presto una vena disillusa, la trasposizione delle memorie di Casanova mostra un uomo schiavo della sua stessa figura, un burattino sfruttato per fare show, un uomo che in fondo è riuscito ad amare, ma non è riuscito a mantenere vivo questo amore per via delle sue scelte, un uomo ingurgitato dal rimpianto ed incapace di alimentare una relazione, le numerosissime scene che Fellini ci regala, nella sua ampia durata, mostrano questa natura del personaggio ed il rapporto con la società del tempo, lo sfarzo delle corti viene presto dissacrato da sequenze al limite del cattivo gusto, come la famosa scena della gara dell'amplesso, che sembra diventare una sorta di disciplina olimpica, accompagnata da un antierotica prassi di riscaldamento ed un coinvolgimento emotivo praticamente nullo, un sesso da esibizione che denuncia fin da subito tutta la sua vacuità, tra le tante sequenze, notevoli sono anche i momenti con l'anziana Marchesa Dufrè, donna credente nell'occulto, che vuole farsi ingravidare da Casanova per rinascere come un uomo immortale, Fellini è straordinario nel restituire questo mood sinistro ed esoterico, dai tratti inquietanti.
Caratterizzato da una certa nostalgia di fondo, data anche dal tipo di racconto con narratore esterno che rimembra le esperienze del passato, che lo hanno fortemente segnato, ma anche da un Donald Sutherland estremamente in parte, rigido e spavaldo davanti al resto del mondo, più riflessivo e tenero nella sfera privata, fino ad arrivare a quella meravigliosa sequenza finale, di un'intensità emotiva incredibile, con la bambola gonfiabile, altro emblema della vita di Casanova, delle sue relazioni e delle sue scelte, restituendo un uomo ormai solo e triste, lontano dai fasti del passato e rimasto con un pugno di rimpianti ed un amore mai sbocciato.
Bellissimo film storico, dai tratti grotteschi ed una certa saga dell'esagerazione che tuttavia diventa un'efficace metafora di una vita amara, alla fine il significato del film non è tanto lontano da quella critica all'effimero vista ne "La dolce vita", diciamo che Il Casanova ne è una versione particolarmente più sopra le righe, e che in alcune sequenze, riesce a cullarmi meravigliosamente tra quella colonna sonora di Rota e le ricostruzioni della Venezia del tempo in studio, che hanno quel fascino sinistro e decadente.