Un Fellini ovviamente minore, che nella sua oretta e dieci di durata si dedica a creare una narrazione metaforica con evidenti riferimenti socio politici, uniti allo stile vagamente grottesco del regista, mettendo in gioco diversi caratteri ed utilizzando la musica come tramite per questa rivolta dei membri dell'orchestra nei confronti di un direttore apparentemente troppo rigido, fin dall'inizio viene evidenziata l'insoddisfazione degli strumentisti, già stizziti dalla bassa paga che ricevono e che dovranno essere intervistati dalla televisione per un servizio, senza venirne retribuiti, da qui vi è una corposa prima parte che si dedica a queste interviste, che nell'insieme mette in risalto un certo conformismo ed egocentrismo dei membri, si nota come quasi tutti trasformino l'intervista in un elogio al loro strumento, considerandolo imprescindibile, raccontando le avventure di cui vanno più fieri, considerandosi tutti il corpo dell'orchestra o comunque un elemento indispensabile - il clarinettista che ha suonato per Toscanini che lo ripete tipo cinque volte - con anche la figura del sindacalista mediatore che inspiegabilmente non prende le parti dei lavoratori ma piuttosto cerca di calmarli e convincerli a collaborare, la seconda parte, quando scoppia la rivolta, prende una piega ben più caotica, con Fellini che come al suo solito si diverte a giocare con questi momenti corali, dando anche un certo ritmo alla rivolta, intonando cori con un certo sarcasmo e mostrando tutto l'estro di questi personaggi sgangherati, il tutto accompagnato da questo elemento dei lavori di demolizione, che arriveranno a sfondare la parete della sala dell'orchestra lasciando i partecipanti in uno stato di shock e riuscendo incredibilmente a ristabilire l'ordine, la metafora probabilmente è legata alla situazione politica e sociale dell'Italia del tempo, nel bel mezzo degli anni di piombo, tra rivolte ed attentati, l'impatto dell'incidente sembra essere un deterrente nei confronti di un popolo che si sente minacciato da un'entità politica ben più grande ed influente di quanto si possa effettivamente vedere e che quindi torna al suo posto senza fiatare.
Alla fine è comunque un film discreto, tra i più trascurabili del regista riminese ma in ogni caso valido e riflessivo.