Film meraviglioso di Fellini, un omaggio alla città eterna in tutte le sue sfaccettature, un viaggio surreale ed anche un po' caricaturale nel cuore della città, una visione della soggettiva del regista di un luogo pieno di paradossi descritto con un affetto unico, creando un mood straordinario, decadente e viscerale, malinconico e affascinante, omaggiante e critico, tramite questa narrazione di eventi apparentemente scollegati nella capitale Fellini ricrea un mosaico stupendo che riporta allo spettatore il turbine di emozioni contrastanti che Roma riesce a trasmettere.
Tramite uno splendido stile ibrido, fatto da momenti pseudo documentaristici in cui compare Fellini stesso in prima persona, ma anche altri personaggi di spicco della città, tra Sordi, Mastroianni, la Magnani nella sua ultima iconica apparizione al cinema - vi è addirittura un cameo del mitico Francesco Di Giacomo, cantante del Banco Del Mutuo Soccorso, che gli amanti del prog come me non possono non stimare - ed altri momenti particolarmente surreali, in cui tutta la creatività dell'autore prende piede e si scatena in sequenze meravigliose, il film ci presenta una narrazione a scaglioni, che alterna le linee temporali della Roma poco prima dello scoppio della guerra, in pieno regime fascista, arrivando fino ai momenti in cui vi è l'effettiva guerra, alla Roma contemporanea, quella globalizzata, piena di turisti ed ammirata costantemente, creando una bella dicotomia tra quello che vi è stato, le usanze radicate nella città del tempo e lo sviluppo, la presa di consapevolezza moderna, la parte antica, di fine anni trenta, rappresenta una Roma pulsante di tradizione, fieramente becera e vitale, mi viene in mente una delle prime sequenze, quella del ristorante, in cui le varie famiglie mangiano nei tavolini in mezzo alla strada e nel frattempo si scatena un caos incredibile, tra i camerieri che urlano, persone che passano col mandolino ed altri strumenti a cantare, medicanti a chiedere l'elemosina, bambini a piangere, lamentarsi e via dicendo, ristoratori che mettono il formaggio a mani nude sui piatti serviti - ad oggi prenderebbero qualche anno di carcere - una visione che nel suo insieme rievoca una nostalgia di una certa genuinità e spensieratezza, con un mood particolarmente picaresco, soggetti rozzi che si godono un bel pasto in un momento di svago e convivialità, o ancora, sulla stessa linea d'onda vi è la sequenza riguardante il varietà, che presenta una serie di performance di stampo popolare, con comici dal dubbio talento costantemente criticati da un pubblico becero che continua ad insultarli e disturbare le esibizioni, con la comparsa di Alvaro Vitali, autore di un buffo balletto, il tutto una volta scoppiata la guerra, in uno dei pochi momenti di svago del popolo, prima di un allarme per i bombardamenti che farà finire il tutto e riporterà la paura al centro della quotidianità, qui è interessante la visione di Fellini su questo pubblico così umano, pieno di difetti, anche parecchio maleducato, ma col quale è difficile non empatizzare.
E poi c'è il contraltare delle sequenze della Roma del presente, la Roma caotica, come nelle sequenze sul raccordo anulare, tra tifosi inferociti, prostitute a bordo strada, un gravissimo incidente che peggiora ulteriormente il traffico, l'estremizzazione del concetto di Roma caput mundi, con tutto il caos possibile che si riversa sulla capitale, sul finale di questa sequenza giocando anche con l'ossimoro tra la bellezza classica, quella del colosseo, ed il caos moderno, visto che è circondato da innumerevoli mezzi che suonano e fanno casino, e da qui è facile ricollegarsi a tutta la sequenza riguardante gli scavi della metropolitana, le difficoltà degli ingegneri per i lavori, visto che in ogni punto vi sono rovine archeologiche, come quella splendida villa romana piena di affreschi che una volta scoperti si ossidano e si rovinano per sempre, una sorta di violazione di quest'arte così rappresentativa di un mondo perduto, che viene distrutta dalla modernità che avanza inesorabilmente.
E ovviamente non si può non parlare della sequenza della sfilata di moda ecclesiastica, uno dei momenti registicamente migliori del film con Fellini che scatena tutto il suo genio surreale in questa rappresentazione volutamente pacchiana e caricaturale del clero alle prese con questa sfilata piena di abiti assurdi, una sagra dell'esagerazione e dell'ostentazione, in totale contraddizione con i messaggi della religione stessa, in cui vi sono delle immagini meravigliose, dalla figura del cardinale, accolto come un re, ad alcuni abiti pazzeschi, come quello gigante con i vari scheletri, che sembra uscito da qualche manga horror, o quello pieno d'oro del Papa, un momento dissacrante che si concede Fellini per mettere alla berlina le ipocrisie del clero. Ed infine le meravigliose sequenze finali riguardo la festa de noantri, in mostra scene di strada che avvengono durante la festa, tra i giovani hippie caricati dalla polizia, ai vari momenti di convivialità in un caos incredibile che dona una impagabile vitalità alla città, trasmettendo quel mood festaiolo e malinconico, il classico sentimento che si prova mentre si torna a casa dopo una grande festa, quel momento in cui si ritorna riflessivi dopo aver passato diverse ore in un piacevole caos, la fine di una frenesia che lascia quel leggero amaro in bocca, e le bellissime riprese finali dei monumenti della capitale dal punto di vista dei motociclisti, ultimo omaggio alla città prima di andare via, al suo eterno fascino che rende ancora più evidenti i paradossi visti prima.