Monumentale film di Fellini che è diventato una delle opere di culto per eccellenza della cinematografia nostrana, "La dolce vita" è un capolavoro sulla fallacità e il vuoto della vita moderna, un viaggio attraverso gli occhi di questo giornalista, Marcello, che tramite una narrazione vagamente frammentata compone uno splendido mosaico che racconta la vita mondana della capitale sotto una veste particolarmente riflessiva ed amara, un gioco di contrapposizioni tra i piaceri, l'apparenza, il divertimento ed il lato nell'ombra degli stessi, la bellezza, che sia paesaggistica, come gli stessi monumenti della città, o fisica, come nei corpi spesso e volentieri mostrati dal regista, si contrappone ad un forte vuoto interiore, una meravigliosa analisi psicologica del protagonista ma non solo, che passa dal dramma sociale a quello intimista in un batter d'occhio, una contestualizzazione storica meravigliosa, che si pone come ideale prolungamento dell'ormai superato dramma neorealista e come contraltare dell'ironica commedia all'italiana, con cui condivide in ogni caso l'amarezza di fondo.
E sono tanti gli episodi emblematici alla base del racconto, da quella che sicuramente è la parte più famosa del film, in cui Marcello, giornalista affascinante e particolarmente dedito alle avventure occasionali, diventa lo strumento di svago di Sylvia, la diva americana venuta a Roma per girare un importante film, fin dalle prime sequenze si nota un'attenzione esagerata sulla donna che viene continuamente stimolata dai giornalisti ma anche dai colleghi, la fuga di Sylvia è l'evasione perfetta che mostra un comportamento particolarmente ambiguo che sembra più uno sfogo, ma anche un momento di estrema intimità lontano dagli obiettivi in cui può finalmente comportarsi in modo sciocco, accudendo buffamente un gattino ed entrando nella Fontana di Trevi in quella scena ormai diventata un'icona, anche la conclusione di questo breve episodio diventa un emblema del film, con Marcello picchiato dal fidanzato di Sylvia e i fotografi che immortalano il tutto per il prossimo servizio.
Ma anche gli episodi successivi mostrano questo spirito decadente, a partire dall'incontro col padre di Marcello, momento che in un certo senso diventa psicoanalitico, portando facilmente in scena l'origine del problemi del protagonista, con un padre distaccato, con i racconti di Marcello della sua assenza quando era piccolo, il suo attaccamento alla vita mondana nonostante l'età, che diventa un mezzo di evasione dal piccolo paese da cui proviene ma anche un modo per sopperire ad una vita apparentemente troppo statica con la moglie, preferendo tornare a casa con una cameriera conosciuta al locale piuttosto che godersi i rari momenti col figlio, ma è importantissimo anche il rapporto con Emma, la compagna di Marcello, continuamente tradita e trascurata che mostra evidenti problemi di depressione verso i quali vi è quasi indifferenza da parte del partner che la prende in considerazione solo nel momento in cui prova un atto estremo o ancora, il personaggio di Steiner, tanto invidiato da Marcello per la sua apparente realizzazione della famiglia perfetta, del lavoro dei sogni, della casa ideale, che come gli altri personaggi però nasconde dei forti problemi di fondo.
E ci sono tanti altri episodi su quest'onda, nelle sue tre ore di durata Fellini col suo splendido stile riesce a creare una sequenza più bella dell'altra, come non citare i momenti in cui tutta la stampa è raccolta per l'apparizione della Vergine Maria ai due bambini, in cui si enuncia tutta l'ipocrisia di fondo della vicenda, con tutti i presenti che fanno di tutto per lucrare sull'accaduto, o ancora gli episodi finali riguardanti quella festa nel castello dove Marcello parla con Maddalena nella stanza degli echi, in cui si dichiarano amore e poi lei incontra un altro che la bacia e non risponde più a Marcello che non può vederla, perfetta disamina della fallacità delle relazioni all'interno della pellicola, così come la visita alla casa infestata, altro modo per impegnare il tempo alla ricerca di nuovi stimolo da parte dei personaggi per combattere la velleitaria quotidianità.
E poi tutte le sequenze finali, meravigliose, la festa nella casa sulla spiaggia, in cui Marcello mostra tutta la sua insoddisfazione, tramite questo coinvolgimento forzato dei partecipanti, venendo spesso biasimato, anche dal proprietario e la meravigliosa scena sul finale quando incontra la ragazzina che aveva conosciuto in trattoria e non riescono a parlarsi, ovviamente metafora dell'incomunicabilità del personaggio che al posto di fermarsi ad ascoltare la ragazza torna trascinato nelle sue vuote scorribande mentre le onde si infrangono sulla spiaggia sovrastando ogni parola.
Film meraviglioso, registicamente stupendo, con quello stile dolceamaro che caratterizza il cinema di Fellini, qui agli apici, poetico e disilluso, con un Mastroianni monumentale.