Uno dei film di Zulawski all'apice della follia, uno di quelli che ho particolarmente preferito, per quanto l'autore mi risulti spesso difficile, questa sua opera al ritorno in Polonia prosegue il suo discorso stilistico e tematico coerentemente, ma qui, come accaduto anche in "Possession", il regista fa un passo in più verso il delirio più totale, verso una componente malsana atavica ed esagerata, isterica ed ossessiva, mischiando abilmente anche l'elemento mistico ad una storia d'amore di per sé esasperante.
Se dall'incipit può sembrare il suo classico film tra due amanti fuori di testa, cosa che comunque si mantiene per una buona parte, regalando tante sequenze a stampo erotico in cui i due personaggi esplorano le loro pulsioni più recondite, nella seconda parte vi è una particolare evoluzione dei caratteri e la rivelazione della loro natura più grezza ed animalesca, la giovane studente soprannominata "Italiana" alla fine intraprende il classico percorso che la porta dall'essere un agnellino indifeso, dominata dal suo affittuario con cui intraprende questa morbosa relazione, al passare ad essere la vera e propria carnefice, una trasformazione progressiva che si intreccia ad una narrazione parallela riguardante il ritrovamento di questo antico sciamano, più o meno mummificato che crea parecchie preoccupazioni e stress al partner, come accade spesso con Zulawski la narrazione prende una piega anarchica, in cui il caos inizia a dominare, la violenza e la carnalità diventano protagoniste sfidando ogni convenzione ed etica, la camera impazzita del regista vaga assieme ai personaggi in balia di istinti animaleschi, in questi ambienti degradati, ma personalmente penso che la vera chicca del film sia l'inserimento di qualche elemento sovrannaturale, come a dare al rapporto tra i due una nuova dimensione che si colloca oltre il percebile materialmente, diventa qualcosa di mistico, lo stesso risveglio dello sciamano avviene in una dimensione ormai indefinita, ad un punto del film dove il regista ha mischiato troppo le carte e tolto i riferimenti allo spettatore riguardo alla realtà, all'incubo o alla dimensione onirica, diventa tutto un unico ambiente, indefinito, indefinibile.
E poi c'è la scena finale, una meraviglia di orrore e stupore, l'atto di cannibalismo in cui la protagonista si mangia il cervello dell'amante come fosse un uovo alla coque, l'unione finale tra i due corpi che raggiunge vette di malsanità, funziona bene come simbolismo, funziona meravigliosamente come impatto emotivo.
Film bellissimo, non facile, scabroso e spesso sfiancante, ma bellissimo.