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LA STORIA DI SOULEYMANE regia di Boris Lojkine

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stratoZ     7½ / 10  12/06/2025 12:22:35 » Rispondi
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

Dramma sociale di stampo realistico che entra nel vissuto di questo giovane ragazzo, Souleymane, di origini guineane, che è emigrato in Francia, è un film dai forti risvolti drammatici, con qualche debituccio nei confronti del cinema dei Dardenne - più tematico che stilistico a mio parere - che riesce ad essere straziante e creare una forte empatia nello spettatore, con questa camera che segue continuamente la vita di Souleymane, in cui spicca una certa precarietà, una vita piena di incertezze, con lui che momentaneamente tira avanti facendo il rider, ma clandestinamente dato che non ha il permesso di lavoro, affittando per parecchi soldi l'account di un suo conoscente, con la speranza di venire riconosciuto come rifugiato politico in modo da potersi integrare ed ottenere i permessi per lavorare, vivendo sempre nella fretta, rischiando di arrivare tardi ad una consegna e dover ritardare tutta la sua routine, perdendo il pullman che lo porta a dormire in questi dormitori comuni, un meccanismo che assieme allo stile dinamico delle riprese crea una forte tensione, lasciando spesso lo spettatore in sospeso, trasponendo bene la precarietà che vive il personaggio.

Allo stesso tempo vi è una forte sensazione di umiliazione, data dalle circostanze, spesso Souleymane si trova nella situazione di dover pregare le persone per non rendergli la vita un inferno, dalla ragazza che non accetta l'ordine perché il pacco è caduto in seguito all'incidente - mamma mia che str0nza - alla polizia che si accorge che il suo account è prestato, minacciando ripercussioni, fino agli stessi autisti del bus che prende costantemente in ritardo, raramente Souleymane riceve la compassione di qualcuno, il mondo è mostrato particolarmente asettico, in una Parigi dai colori freddi, con pochi spiragli di umanità - l'uomo che non riesce a camminare bene e si interessa sinceramente del protagonista - fino alle battute finali in cui vi è quel lungo dialogo con la responsabile dell'asilo politico, con la maschera del personaggio e la sua storia inventata, che progressivamente si va ad annullare, arrivando ad aprirsi fino alla più totale sincerità sulle motivazioni che lo hanno portato ad emigrare.

Buonissimo film che ha vinto anche la sezione "Un certain regard" a Cannes, attuale, amaro, disilluso, dal taglio minimale, molto valido.