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DJANGO UNCHAINED regia di Quentin Tarantino

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stratoZ     6 / 10  24/05/2025 13:57:15Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

Dopo parecchi anni dalla prima visione, che fu alla sua uscita, ho voluto rivedere "Django Unchained" di Tarantino, film che non mi aveva particolarmente colpito ai tempi e a dirla tutta nemmeno a questa seconda visione, opera che ritengo tra le minori di Tarantino, non tanto a livello di ambizione, quanto nel risultato finale, tutto il baraccone che viene tirato su personalmente è arrivato a rendersi stucchevole al mio palato, complice pure la durata corposa e uno stile che nel complesso mi è sembrato troppo stagnante, che certamente ha contribuito alla fortuna, di pubblico e critica, dell'autore, ma che presenta ben poche novità in questa pellicola.

"Django Unchained" dal mio punto di vista presenta due grandi significati, il primo, forse quello più messo in evidenza, deriva dal revisionismo storico che Tarantino stava proponendo nei suoi film, dopo l'ottimo episodio di "Inglorious Bastards", anche qui il regista propone questa storia abbastanza fantasiosa in un periodo storico particolarmente avverso per la minoranza delle persone di colore, e alla fine nel suo essere sopra le righe, il film in questione è una grande satira sul razzismo, i suoi paradossi e i valori effimeri su cui si basa, che qui vengono costantemente smitizzati, scherniti, parodiati, tramite una manica di personaggi uno più scemo dell'altro, che la sceneggiatura presenta, partendo dagli stessi fratelli, commercianti di schiavi, che vengono scannati nella prima pirotecnica sequenza, che alla fine introduce bene tematica e stile del film, ma si prosegue ancora su questa linea, basti vedere la scena in cui Django e Schultz beccano i fratelli Brittle, nella tenuta di questo ricco signore che dimostra tutta la sua arretratezza e tontaggine nei dialoghi con i suoi schiavi, quando spiega come trattare Django, in quanto uomo libero, entrando anche un po' in confusione perché troppo abituato ad etichettare le persone in base al colore della pelle o allo status, fino ovviamente alle lunghe sequenze a casa di Candle, in cui il personaggio sopra le righe di DiCaprio regala simpatici teatrini in tutta la sua arroganza e il suo egocentrismo, creando questo fiume di dialoghi che contribuisce a rafforzare il significato e la critica caustica dell'opera, mostrando anche un certo contraltare, quello del personaggi di Samuel L. Jackson, servo di Candle che mostra una dogmatica devozione all'uomo che lo maltratta, riconoscendolo quasi come una divinità, emblematica è la famosa scena del teschio, in cui si raggiungono picchi di umorismo nero misto ad una certa critica intrinseca niente male.

E poi c'è tutta la questione degli omaggi di Tarantino, che meriterebbe un capitolo a parte per ogni film, qui nel western, uno dei suoi generi preferiti, si diverte ad omaggiare continuamente i suoi idoli, dallo stesso Corbucci, di cui propone una rivisitazione - con pure la comparsa di Franco Nero - al suo grande maestro Leone, tuttavia proprio questa componente, per quanto mostri la passione del regista, è quella che tende a far stuccare l'opera, nella sua lunga durata, riproponendo continuamente situazioni analoghe, risultando anche divertente in alcuni frangenti - la già citata scena iniziale, la sparatoria finale a casa di Candle, gustosa e sanguinolenta, con alcune morti palesemente esagerate, così come la scena della liberazione di Django con la dinamite in cui Tarantino si fa saltare allegramente in aria, un po' forzata a livello narrativo, ma tutto sommato coerente con la stupidità dei personaggi rappresentati - ma che mostra diversi limiti in una messa in scena che spesso sfocia nel tamarro, specialmente in una seconda parte tutt'altro che entusiasmante, tra i dialoghi interminabili del quartetto Foxx, Waltz, DiCaprio e Jackson che spesso hanno un sentore di fin troppo elaborato e poco naturale, rendendo queste sequenze macchinose, ad alcuni momenti in slow motion e carichi di una solennità che appesantisce troppo la visione, scena finale compresa, con Django che si mette gli occhiali da sole e se ne va con l'esplosione dietro, momento che ritengo tra i più banali della filmografia del regista.

Waltz come al solito eccezionale, col suo personaggio che è un pesce fuor d'acqua nel contesto del west del periodo ma funziona divinamente e fa anche ridere di gusto in certi momenti, con la sua parlantina loquace e un'innata capacità di tirarsi fuori dai guai, più macchiettistici DiCaprio e Jackson, col primo che è addirittura diventato una grande fonte di ispirazione per i meme data la sua mimica iper espressiva e la continua ricerca del clamore, molto più anonimo Jamie Foxx.

Tra alti e bassi è un film che merita la sufficienza, lo ritengo sopravvalutato, poco originale stilisticamente e con qualche tamarrata di troppo che mi ha fatto storcere il naso, uno dei classici casi in cui il troppo stroppia e si vede tanto, specie nella seconda parte.