Non mi ha fatto particolarmente impazzire quest'ultima fatica di Paul Schrader, probabilmente per via di una narrazione fin troppo frammentata che porta il film ad accartocciarsi un po' su se stesso, il tutto sarebbe giustificato pure dalla condizione del protagonista, moribondo ed in preda a vari deliri causati dalla malattia ormai in fase terminale e dalle pesanti medicazioni a cui è sottoposto, ma penso nel complesso tenda a danneggiare la narrazione, alternando numerose linee temporali, da quella del presente riguardante l'intervista a quelle in bianco e nero, di un passato relativamente recente, probabilmente macchiato dal senso di colpa, a quelle del lontano vivido passato della gioventù.
Il film tenta di fare un discorso sul mito di questo uomo considerato un'icona delle lotte sociali, disertore della guerra del Vietnam e poi diventato un documentarista affermato che ha sfidato sistemi politici e influenti aziende per far emergere verità scomode, un uomo molto stimato artisticamente, pieno di seguaci la cui vita viene spesso mitizzata, la condizione terminale lo porta in un'inusuale franchezza in cui confessa all'intervistato le sue mancanze nella vita privata, descrivendosi come un personaggio viscido, opportunista e che è fuggito per tutta la vita dalle responsabilità, Schrader crea una forte dicotomia tra la vita artistica, stimata, celebrata e presa d'esempio - al punto che gli intervistatori lo incensano utilizzando una tecnica di cui lui è considerato pioniere - e quella privata nella quale si è rivelato un partner terribile e un padre ancor peggio, tra adulteri e figli non riconosciuti, diventando emblematica nella scena della premiere del suo documentario in cui incontra suo figlio, ormai adulto, e lo liquida velocemente non riconoscendolo nemmeno in questa occasione.
Allo stesso tempo il personaggio della moglie fa di tutto per conservare il rispetto che l'uomo stesso sta tentando di demolire nei confronti di se stesso, come un omaggio alla memoria in vista della sua morte, cercando di sminuire le sue affermazioni per via della condizione e volendo ostacolare l'intervista, probabilmente perché la sua memoria sarà quello che resterà a loro una volta che lui sarà andato via, e non vuole spazzarla.
Come concetto, interessante, come realizzazione, pecca un po' di questo eccessivo labirintismo, con un montaggio a tratti fastidioso, complicandosi fin troppo la vita, un po' un peccato, sa di occasione sprecata.