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MISHIMA regia di Paul Schrader

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stratoZ     8 / 10  20/03/2025 14:48:13 » Rispondi
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

Operazione parecchio inusuale quella di Schrader, ovvero quella di realizzare un film sulla vita di una delle figure giapponesi più note del secolo, però con una produzione quasi del tutto americana, addirittura prodotto dalla American Zoetrope, la casa di produzione di Coppola.

Detto questo, mi è piaciuto parecchio come film, specialmente per la sua narrazione inusuale, un montaggio difficilmente definibile che alterna sia le linee narrative che le dimensioni di realtà e fantasia, mostrando in due linee temporali diverse il presente e il passato di Mishima e allo stesso tempo intervallando il tutto con momenti onirici provenienti dai suoi romanzi più famosi che mostrano la crescita dell'autore, l'evoluzione delle ideologie, i temi cardine e l'approccio ad essi, una splendida fusione tra arte e realtà, tenendole collegate con un filo invisibile e rendendole dipendenti l'una dall'altra, dividendo il film in questi quattro capitoli, dagli inizi di natura più poetica ed esistenzialista de "Il padiglione d'oro", in cui la bellezza, l'amore e l'arte diventano il fardello del giovane protagonista che sembrano renderlo inerme alla riflessione sull'immagine e il corpo di "La casa di Kyoko" in cui il protagonista sembra ossessionato dalla sua figura e dalla forma fisica al punto da raggiungere un radicalismo che lo porterà alla morte nel momento in cui il corpo inizierà inevitabilmente a decadere, ponendo interessanti riflessioni sul ricordo - morire al culmine della bellezza per farsi ricordare così e non deturpati dal tempo che passa -, sull'ego e sugli standard estetici imposti, un radicalismo che inevitabilmente si ricollega alle ultime due opere che tratta il film che prendono un connotato estremamente politico ed ideologico e si ricollegano alla famosa irruzione nella base militare dove compie il celebre seppuku, suicidandosi come un samurai in nome dell'ideologia che difende, a favore della ristabilizzazione dell'impero giapponese e contro il capitalismo invadente, ma quello che il film vuole mostrare più di tutto è l'estrema unione di arte e vita, con una morte che diventa un vero e proprio concept, la sua opera definitiva che dalla scrittura sfocia all'arte performativa, una fusione totale in cui l'artista aderisce così tanto ai suoi valori da compiere l'estremo sacrificio.

Stilisticamente è strepitoso, estremamente eterogeneo, si passa dai vividi colori del tempio dorato, tra fiori di loto rosa, colonne d'oro e via dicendo che creano uno splendido contrasto cromatico, alle luci al neon della casa di Kyoko tipiche dei locali notturni che frequenta il protagonista, non rinunciando anche a diverse inquadrature con la luce spot che mostrano i personaggi e i luoghi come sospesi nel vuoto, altra grandissima intuizione per rendere concettualmente questi episodi ancora distaccati dalla realtà, fino ad arrivare ai flashback in bianco e nero della traumatica gioventù di Mishima, con una nonna dispotica che lo ha portato via dalla madre, ma insomma, tutto il film è pervaso da grandi trovate fotografiche e registiche, Schrader sembra prediligere inquadrature estremamente simmetriche, come quadri in movimento, che si sposano benissimo con i colori saturi della fotografia di Bailey e le musiche di un mito come Philip Glass.

Film molto, molto bello.