Macabro, sporco, polveroso, arrugginito, sudato, spietato, folle, questi tra altri numerosi aggettivi per descrivere "The Texas Chainsaw Massacre" pietra miliare del genere slasher, ma più in generale dell'horror, film seminale che getta le basi per le tendenze che poi proliferereranno negli anni successivi, assieme ad altre opere di assoluto valore quali possono essere "Reazione a catena" di Bava per quanto riguarda l'aspetto prettamente slasher o "Psycho" per l'aspetto prettamente macabro - d'altronde entrambi sono parzialmente ispirati dalla figura di Ed Gein -
Ed è così che questi cinque ragazzi, scemi come tutti i personaggi degli slasher, parliamoci chiaro, vanno a controllare come sta la tomba del nonno dopo che un vandalo si è divertito ad estrarre i cadaveri dalle tombe e creare sculture non proprio neoclassiche diciamo, poi nella strada del ritorno incontrano quest'altro soggetto fuori di testa che fa l'autostop, si mutila davanti a loro e poi ferisce il ragazzo disabile, non contenti di tutto ciò i ragazzi decidono di avventurarsi verso la vecchia casa del nonno, abbandonata e in un posto sperduto, per visitarla, tra la calura tipica del Texas in mezzo a legno marcio, ragnatele, reti di metallo arrugginite, insomma una forte componente vetusta che mostra uno stato di abbandono evidente, da lì, nel bel mezzo del nulla, un silenzio tombale i cinque protagonisti affronteranno la disavventura che ormai tutti conosciamo.
Il male si manifesta velocemente e a ciel sereno, Hooper si avvicina più agli archetipi dell'horror moderno che alla costruzione classica della suspense, dal nulla, Leatherface tirerà una martellata in testa ad uno dei protagonisti che era entrato per chiedere aiuto, subito dopo si scatena il film in tutta la sua crudeltà macabra, dalla terribile scena della ragazza appesa al gancio - scusate non ricordo i nomi dei personaggi, come in quasi tutti gli slasher sono carne da macello, ma fa parte del fascino della pellicola - a Leatherface che mutila il ragazzo con la motosega, da lì in poi c'è una discesa nella follia della famiglia, con gli altri personaggi che verranno progressivamente fatti fuori e la sola sopravvissuta, archetipo della final girl, che assisterà a tutte le pratiche più macabre di una famiglia di svitati, la scena della cena col nonno mette un'inquietudine incredibile, non tanto per gli avvenimenti che accadono quanto per il contesto che Hooper riesce a creare, di questa casetta di campagna mezza distrutta in cui tutti i personaggi si sono lasciati andare e sono strascinati in un vortice di follia, col nonno che non si capisce bene se è morto o vivo - ho visto zombie romeriani sembrare molto più vitali - e le suppellettili umane che addobbano la casa, denti, pezzi di ossa, un'exploit del macabro incredibile, tra l'incredulità dell'unica sopravvissuta e un casino immenso fatto dai tentativi di scappare in cui il sonoro diventa strabordante e travolge lo spettatore con le urla disperate della giovane donna e il continuo rumore della motosega.
Ma Hooper eleva il film e pure tanto, con la componente stilistica, donandogli un fascino ormai vintage e sporco molto tipico delle pellicole di serie b, di cui ovviamente questo film fa parte, considerato il budget strettissimo a disposizione, utilizzando spesso la camera a mano, uno stile grezzo che tende a sporcare i movimenti, anche ricorrendo alla soggettiva dei personaggi, magari in corsa e continui dettagli, dai quasi poetici momenti in esterno, con una campagna texana piena di colori vividi ai macabri interni pieni di ossa umane e legno marcio, una contestualizzazione strepitosa per una pietra miliare del genere che farà sentire la sua influenza ancora a distanza di decenni, film epocale.