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MIMI METALLURGICO FERITO NELL'ONORE regia di Lina Wertmuller

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stratoZ     8 / 10  17/07/2024 12:46:34 » Rispondi
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

La Wertmuller si colloca in un posto abbastanza particolare per quella che era la tarda commedia all'italiana di allora, avendo creato in quel decennio d'oro che per lei sono stati i 70's diversi cult dal sapore estremamente dissacrate e con anche delle buone punte di grottesco, questa prima collaborazione con Giannini, che diventerà uno dei suoi attori feticcio mostra con un umorismo aggressivo e un po' becero, ma molto caustico, la realtà italiana degli anni settanta, in un clima di forte, ma apparente, progresso, tensioni politiche e con una particolare enfasi sulla questione meridionale.

Tramite una narrazione quasi episodica ci mostra la storia di Mimì, un giovane lavoratore siciliano che per non aver votato il partito che dicevano i mafiosi del suo paese si ritrova impossibilitato a lavorare lì ed è praticamente costretto - anche se lui per il tipico orgoglio del maschio italico la fa passare come una sua decisione - ad emigrare al nord, andando a lavorare a Torino, dove però dovrà fare i conti con altre famiglie mafiose immigrate che trattano i lavoratori come stracci, ritrovando una situazione simile, se non peggiore, a quella che c'era in Sicilia, basti vedere la scena della morte sul lavoro e dell'abbandono in autostrada del povero malcapitato. Tramite una serie di conoscenze riesce a convincere il capofamiglia che vige lì a Torino a farlo assumere in fabbrica, avendo addirittura un contratto regolare, e stringendo una relazione adultera e anche un po' morbosa con Fiorella, una giovane lombarda militante nel partito comunista.

Per una serie di modifiche dall'alto da parte della cupola, che falsifica pure la sua firma, Mimì viene promosso caporeparto e viene trasferito a Catania, tornando nella sua Sicilia, dove nel frattempo la moglie che era rimasta sola, l'ha tradito con un brigadiere e ora è rimasta incinta, cosa che farà andare Mimì su tutte le furie, cercando anche di regolare i conti a modo suo.

In quest'ultima parte viene a galla tutta l'ipocrisia e la chiusura mentale dell'uomo italiano degli anni settanta, mi ha ricordato molto "Divorzio all'italiana" di Germi, condividendone anche una battuta in particolare - "Bottaaanaaaa!!" - considerato anche il fatto che proprio Mimì è stato il primo ad avere una relazione adultera, e la sua puerilità nel non accettare la cosa andando anche a vendicarsi mettendo incinta la moglie del brigadiere in una scena estremamente grottesca.

Il finale ha dei risvolti malinconici ed una forte disillusione di fondo, anche se lo stile non aiuta tanto ad empatizzare, considerato quanto è sopra le righe e urlato, è un film stilisticamente volutamente esagerato, serratissimo nelle sue sequenze e recitato in siciliano stretto, con anche il leitmotiv del personaggio di potere di turno che rovinerà la vita di Mimì con lo zoom sui tre nei e l'inno italiano utilizzato molto ironicamente, grazie ad una vena stilistica che definirei quasi cafona risulta essere una forte critica al nepotismo nel nostro paese ed uno specchio di una nazione in cui la libertà è solo apparente, un'opera polemica e politica che scava nel marcio del sistema con cui l'uomo comune viene a contatto e ne rimane impantanato, ma anche l'uomo comune è colmo di difetti, ne esce un ritratto in cui non c'è un personaggio che sia davvero positivo, ma solo una manica di sbandati in cui emerge l'ignoranza, la chiusura mentale e l'omertà, un rapporto bilaterale tra il potere delle istituzioni a sfondo criminale e l'aiuto che danno i cittadini non potendone uscire, un circolo vizioso che risucchia tutta la vita. Detto questo, Giannini è stato straordinario, e mi chiedo come faccia a parlare così bene il siciliano essendo ligure.

Film grandioso.