Un buon Lanthimos, in un film ad episodi abbastanza inusuale per i tempi, si sbizzarrisce con le sue tematiche cardine con, come detto precedentemente, un ritorno ad alcune delle sue tematiche delle origini, prima di fare il trasferimento negli USA, è così che ci regala una pellicola in emergono prepotentemente le dinamiche socio-umanistiche viste sotto un aspetto crudo e inquietante, che possono rimandare alle pulsioni più perverse, con questi personaggi che nel loro essere emblematici, una volta che la situazione denegera, agiscono come un libro aperto.
Basti vedere gli aspetti di ogni episodio, dal primo la cui dipendenza di Plemmons nei confronti del suo titolare mi ha ricordato un po' quella struttura coercitiva che vi era in "Kynodontas" col protagonista totalmente inabile nel vivere una propria vita, avendo sempre avuto il capo a dettare ogni singola scelta per lui, dagli aspetti importanti come possono essere partner, figli, casa o macchina ai singoli dettagli come la scelta di un cocktail al bar, venendo a meno questa relazione morbosa il protagonista si ritroverà come privato della sua vita, una sorta di senso di appartenenza estremo e patologico che può metaforizzare diversi aspetti della vita contemporanea, mi possono venire in mente infiniti esempi, dal patriottismo tossico che stiamo vivendo - specie ultimamente, ma c'è sempre stato - oggi, alla devozione totale per l'azienda per cui si lavora, fino ad arrivare alle più banali fidelizzazioni alle squadre sportive, insomma, come se venendo a mancare questo senso di appartenenza la vita perda totalmente significato, come se Plemmons non lavorando più per il suo titolare perda la ragione per vivere, ci si mette pure in mezzo, ovviamente, il culto della personalità, con la ieraticità di Dafoe, imperturbabile dall'alto del suo status eccelso che lo rende estremamente venerabile.
Il secondo episodio, l'ho trovato un po' più difficile da inquadrare, mi è sembrato il classico thriller psicologico in bilico tra la narrazione in soggettiva di una mente malata e una sorta di thriller paranoico complottistico, col solito e continuo ribaltamento di prospettiva, gli indizi che la moglie sia molto diversa dal solito ci sono,ma è giustificato un comportamento del genere? La progressiva discesa nella follia di Plemmons probabilmente fa pensare più alla prima ipotesi, ma sua psiche è martoriata dalla frenetica vita moderna e sicuramente come forza dell'ordine subisce tante pressioni dall'alto, la sua sindrome paranoica è lo sfogo finale, allo stesso tempo la prova di devozione della moglie, va a braccetto con l'attaccamento che aveva il protagonista del primo episodio, che farebbe qualsiasi cosa per una figura a lei cara, fino alle estreme conseguenze.
Il terzo episodio, dalle impronte più esoteriche, mi è sembrato una bella stoccata a quelle sette pseudo scientifiche e pseudo religiose che sono tanto in voga oggi, con questa continua ricerca di un messia che metta a posto la vita delle persone, qualcosa a cui aggrapparsi, una ragione per vivere, anche qui il senso di appartenenza si fa fondamentale, ed è complementare al progressivo venire a meno delle certezze dell'uomo contemporaneo, quell'incompletezza da colmare a tutti i costi. Lanthimos non va tanto lontano dalla religione stessa, probabilmente il meccanismo la rispecchia molto, così come i principi di purezza che millantano.
Lanthimos si diverte, a modo suo, a dare delle forti stoccate alla società moderna, col suo stile solenne, una colonna sonora che spesso diventa preponderante e le pulsioni umane mostrate con una facilità disarmante, il suo mettere a nudo i corpi così facilmente è uno specchio del mettere a nudo le dinamiche che possono intercorrere tra persona e potere, persona e religione, persona e amore, personalmente sono uscito abbastanza soddisfatto dalla visione.