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PULP FICTION regia di Quentin Tarantino

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jack_torrence     10 / 10  25/01/2011 20:42:54Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Conosco questo film quasi a memoria, sin dai tempi del liceo in cui uscì e senza troppa coscienza critica era per me un cult assoluto.
Per questa ragione, probabilmente, sono portato forse a sopravvalutarlo forse un tantino.

Rispetto alla post-modernità stratificata, complessa e affascinante di un Lynch, Tarantino appare obiettivamente un artefice di giocattoloni.
...Eppure sono convinto che il valore di "Pulp fiction" vada al di là del piacere con cui ogni volta ammalia e rapisce.

Per me ha rappresentato, e rappresenta, un terremoto per il cinema di genere.
La destrutturazione del linguaggio, godardiana (la casa di produzione di Tarantino "Band à part" è un omaggio a Godard), non era mai stata così libera a Hollywood. Anzi, probabilmente non c'era mai stata, a un livello mainstream.
Il racconto è scomposto, dilatato, si concentra sul dettaglio inaspettato e ne fa il centro motore del racconto; poi si riavvolge su se stesso e incastra i flashback in modo inusitato.
E con tutto ciò, anziché risultare un divertimento astruso per pochi cinefili, riesce a piacere e elettrizzare. Perché sa fare un uso preciso e consapevole dei meccanismi tradizionali del racconto cinematografico, sa calibrare i tempi e la suspence.

"Pulp fiction" è la dimostrazione che al cinema si può osare il nuovo e piacere a tutti più e meglio di un blockbuster che stancamente ripete stilemi sicuri per far rientrare gli incassi.

Nella storia del cinema, di filato.

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amterme63  26/01/2011 00:01:39Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
E' un bel giocattolo vuoto. Troppo vuoto, cinicamente vuoto. Con calma, in un'altra occasione, cercherò di essere più chiaro.
jack_torrence  26/01/2011 01:23:32Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Per me è puro metacinema.
Sì forse c'è appena poca più umanità (e profondità) che nella famosa serigrafia di Warhol sulla Monroe.
Però il modo in cui è autoreferenziale Tarantino rispetto al cinema (di genere), lo destruttura, lo rivolta come un calzino e ne tira fuori... "qualcosa" di altro provoca un piacere che è insieme epidermico e cerebrale: se il parametro valoriale è nell'interiorità persino 7 è un voto troppo alto.
Ma a me piace, non so dire molto di più. Se c'è qualcuno a cui piace la popart (scatole di pomodori e bottiglie di cocacola), a me piace Tarantino :)

Comunque l'ubriacatura di Tarantino da parte della critica mondiale (con una consistente e significativa fetta di scettici o detrattori tout cour), cominciata con questo film, può senza dubbio essere stata oltremodo eccessiva, ma un clamoroso e totale abbaglio collettivo non può essere.

amterme63  26/01/2011 23:45:01Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Aspetta, Stefano, la pop art aveva una grandissima efficacia perché estraniava gli oggetti dal loro contesto consumistico e evidenziava la loro pochezza, il loro ridicolo, il valere così poco, in confronto invece al grande "valore" irrinuciabile che siamo spinti a dar loro nella vita sociale. E' un'operazione finemente intellettuale e smascherante, prettamente etica.
Tarantino invece fa il contrario, cioè privilegia il contesto sugli oggetti. Quindi tutto quello che può avere significato drammatico e conseguenza umana (un'assassinio, un furto, un'overdose di droga, una perversione sessuale) lo perde completamente perché viene inserito in un contesto banalizzante, indifferente, cinico, dove a farla da padrone sono gli stereotipi del passato, anche loro tolti dai loro contesti (vedi la mia risposta al tuo commento a "Bastardi senza gloria") e assurti a modelli puramente formalistici, eppure vitali e influenti su chi guarda (visto che si è portati ad esaltare i personaggi in sé piatti e bidimensionali alla stregua di eroi).
Posso capire peché tanta critica si accanisca contro di lui, decisamente al di là dei suoi demeriti (è un Artista con l'A maiuscola). Il fatto è che il grande successo della sua arte ha finito per legittimare l'uso del banale come oggetto privilegiato della cultura, come la vera forma del reale. Ha poi fatto tornare in auge il luogo comune, il comportamento tipizzato come modello da seguire. Tutto quello che era di Serie B (il contenuto decontestualizzato dei film di genere anni 70) ci si sente adesso autorizzati a farlo passare per qualcosa di Serie A. E' ovvio che Tarantino una responsabilità diretta non ce l'ha (diamine), ma indiritta sì. Del resto lui ha solo sintetizzato, formalizzato, nobilitato e lanciato una spinta, un modus pensandi (indifferenza ai contenuti, attenzione all'appariscente, all'estremo resi come puri spettacoli formali) che esisteva già, era prevalente ed aspettava solo chi gli desse un'accettabile e nobile veste culturale.
E' chiaro che quello che scrivo viene da uno di una vecchia generazione, quando ancora si pensava che valesse la pena approfondire la conoscenza e prendere in mano le redini del proprio vivere etico, esistenziale, sociale. Questi tempi sono irrimediabilmente tramontati ci vuole dire Tarantino e noi della vecchia generazione fatichiamo ad adeguarci e ad arrenderci.
Per quanto riguarda il montaggio di Tarantino, ho scritto la mia opinione al mio commento a "Le iene".
jack_torrence  27/01/2011 01:21:33Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Caro Luca,
anzitutto ti ringrazio per la stima e l'apprezzamento; è bello, davvero bello, poter scambiare e ricevere opinioni così interessanti sulla nostra passione comune. Ho appena letti tutti i tuoi commenti ai miei commenti dei 3 film di Tarantino, che sicuramente sono più stimolanti e interessanti dei miei commenti (sicuramente non tra i miei migliori: in essi mi sono limitato acriticamente a prendere una parte e dichiarare un mio gusto per Tarantino). Mi hai messo in difficoltà! Ma è una difficoltà fruttifera, feconda, ti ringrazio!
Tarantino sinora non l'avevo mai "studiato", ossia non l'avevo visto con occhio problematico: non è tra i miei registi più amati ma mi è sempre piaciuto in modo abbastanza irresistibile, e se nell'ormai quasi proverbiale (c'è un parallelo abbastanza noto di David Foster Wallace in un suo scritto del 1996 sul set di "Strade perdute" di Lynch, in cui coglie l'occasione per criticare Tarantino e cogliere le enormi differenze con Lynch). Dunque Tarantino rappresentava in qualche modo l'angoletto spensierato della mia cinefilia, nell'apprezzamento gustoso e irriflesso per quello che anche tu definisci un artista con l'A maiuscola.
Eppure tu mi fai rendere conto adesso di come i suoi film abbiano implicazioni non solo estetiche ma anche etiche, sociali, sociologiche, e possono essere presi come punto di partenza per studiare un certo snodo antropologico del gusto estetico di massa nella civiltà occidentale. Insomma, caspita!
E' tutto vero.
Hai ragione...
Sono spunti di enorme interesse quelli che lanci, e mi sento - al primo impatto - di accoglierli integralmente.
Sì, mi trovi d'accordo...
Non sono però ancora preparato a svalutare Tarantino, a smobilitare il modo in cui si innesta con tutto il resto della mia cinefilia... Insomma accetto le premesse di un revisionismo critico ma non ti assicuro gli esiti.
Sicuramente quello che tu fai è un rigoroso processo di analisi critica di qualcosa di cui, diffidendone in partenza con grande acume critico, contestualizzi in presa diretta il modo in cui si congiunge ai suoi tempi. Quando scrivi "tra 100 o 200 anni" è un modo di rovesciare il cannocchiale e guardare da ORA come se fossimo tra 200 anni: un esercizio impegnativo, affascinante, ma anche molto rigoroso, segno di un'intenzione analitica che vuole prescindere dal piacere della fruizione, dal gusto (o dis-gusto che sia).

Ora leggo anche il tuo commento alle Iene - poi vista l'ora e il bisogno di riflettere meglio su tutto quanto questo argomentar di Tarantino, non ti assicuro una risposta stanotte, ma senz'altro arriverà!

Ciao,
Stefano

jack_torrence  27/01/2011 01:41:38Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
C'è un anacoluto, quando apro la parentesi in cui menziono DF Wallace: prima della parentesi dico "ormai quasi proverbiale" ... e intendevo scrivere "confronto con Lynch".

Mi sono persuaso, anche in base alle mie limitate letture, che se Tarantino e Lynch rappresentano due modi assolutamente diversi di fare cinema, lontanissimi tra loro, siano i due registi americani più originali e significativi del cinema degli ultimi due decenni. Perlomeno - mi correggo - di quello che è insieme di massa e "sperimentale".

Hanno due modalità tipicamente post-moderne di lavorare, e (fermo restando che Lynch è il più complesso e il mio preferito, e dacché la penso così penso anche che sia il più importante dei due) mi riferisco alla base a quella alla quale a me piace riferirmi come "destrutturazione post-moderna" del racconto.
E' evidente, naturalmente anche troppo superficiale come analisi, ma a un punto di partenza critico molto elementare (e però giusto) rispetto al cinema di cui stiamo parlando, si nota in modo macroscopico come i due registi in questione, nelle loro opere narrativamente non lineari, partano da questa destrutturazione della materia.
In letteratura e anche nel cinema europeo non è una novità (in fondo e per esempio, un "Eraserhead" ha più punti di contatto con "Un chien andalou" di Bunuel del 1929 che non con "Pulp fiction"!!!): lo è però nel cinema americano, nella tradizione in cui sia Lynch sia Tarantino si collocano e nella cui prospettiva è giusto inquadrarli...