nocturnokarma 9½ / 10 04/02/2013 15:42:57 » Rispondi Struggente ed intenso avvicinamento alla morte, non solo nell'accettarla ma nel trovare in essa un motivo per sistemare le cose, dare un senso al proprio lavoro e alla propria vita.
Ed è proprio partendo dalla condanna dell'alienazione di un impiegato che Kurosawa crea un'opera cupa e vivida, un'immagine non certo da cartolina del suo Giappone a qualche anno dalla Seconda Guerra Mondiale. Andando ben oltre la condanna di una società, Kurosawa parla di uomini e di sentimenti, di cose non dette e d'incomunicabilità (anche tra padre e figlio), e lo fa con uno stile modernissimo, con flashback intelligenti e un'ultima mezz'ora che ricalca Rashomon.
Capolavoro di umanità, mai patetito, sempre sincero.