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IL BANDITO DELLE 11 regia di Jean-Luc Godard

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amterme63     6½ / 10  21/01/2013 18:18:51 » Rispondi
Ammetto di essere in grossa difficoltà a commentare questo film. Fondamentalmente non mi è piaciuto. Ho fatto un enorme sforzo ieri sera per tenere gli occhi aperti. Evidentemente è un film che va visto perfettamente riposati, svegli, e soprattutto stando molto attenti alle implicazioni di natura estetica e intellettuale (più che emotiva). "Pierrot le fou" è infatti uno dei primi esempi di quella cinematografia fredda e intellettuale tipica della fine degli anni '60 (il massimo esempio da noi è "Dillinger è morto" di Ferreri), in cui occorre sempre confrontare, pensare a implicazioni, a significati nascosti.
Infatti il film ha una trama assai esile, appena accennata, molto sconnessa e scorre lentamente, con frequenti pause riflessive. E' in formalmente una parodia o un libero, dissacrante rifacimento dei film polizieschi (tipo 007) molto di moda allora. Solo che tutto è preso poco sul serio, si svela apertamente il carattere di finzione che ha tutto ciò che viene rappresentato. La storia e i personaggi quindi sono solo la cornice e la superficie. Contano soprattutto i dialoghi, le frasi, i concetti espressi. Poi e soprattutto le immagini, i colori, la natura, l'atmosfera che viene resa dalle splendide inquadrature. La fotografia infatti è la parte più riuscita e bella del film, con un omaggio al paesaggio mediterraneo della Francia del Sud (e anche a Parigi ovviamente).
Il tema fondamentale del film è di natura esistenzialista ed è quello tipico di Godard sull'impossibilità per una coppia di realizzarsi, di amarsi, nonostante tutti i tentativi. Anche qui abbondano i dialoghi, i tira e molla, lasciarsi, riprendersi, in una girandola senza sosta, in una sottile, infinita e inconcludente analisi estetica.
Qui gli inserti (tipici del primo Godard) non sono di natura filosofica ma poetica (Jean Paul Belmondo legge in continuazione poesie) e -novità- anche politica (gli accenni alla Guerra di Algeria e alla Guerra del Vietnam).
La conclusione è come sempre ironica e pessimista, con la morte che viene a tagliare il nodo gordiano dei sentimenti irrisolti (come nel finale di "A bout de souffle", "Le mepris", "Vivre sa vie").
La parte poetica parlata e mostrata (con gli sfondi meravigliosi) è l'unica, secondo me, tuttora valida. Per il resto questo film non riesce più a comunicare esattamente nella stessa maniera con cui riusciva a comunicare negli anni '60. Troppo intellettuale, troppo legato alle questioni del momento. Insomma il tempo ha eroso molto del potenziale di questo film. Se a ciò si aggiunge la stanchezza di una lunga giornata .... la frittata è fatta.