andreacinico 9 / 10 27/09/2010 17:35:14 » Rispondi Su varie testate ho letto dell'accostamento di Nolan a Kubrick. Sicuramente è prematuro fare un paragone così importante ma col suo ultimo film Nolan si avvicina al maestro della settima arte in più occasioni. L'opera di riferimento più evidente è il capolavoro "2001: Odissea nello spazio"; non tanto per la scena in mancanza di gravità dove i corridoi dell'hotel ruotano su se stessi richiamando la famosa sequenza sulla navicella spaziale, quanto per il discorso metalinguistico che entrambi applicano sul Cinema. Se in Kubrick la tematica sottesa era la scoperta del Cinema, rappresentata dal volgere lo sguardo all'indietro verso la fonte di luce e quindi la fonte proiettante l'immagine sul "grande schermo" (ciò che vediamo non è la realtà ma un artificio artistico); analogamente in "Inception" viene ribadita la natura onirica della fruizione cinematografica. Il regista ci introduce nel suo labirinto fatto di paradossi e scatole cinesi nel quale è necessario un "filo di Arianna" per districarsi; salvo capire, nel finale, che è stato tutto un sogno, non tanto del protagonista (cosa che non ci è data sapere) quanto di noi spettatori. Nolan è stato molto abile nel catturare la nostra attenzione sul movimento finale della trottola (cadrà? Non cadrà?) ma, in realtà, la cosa è irrilevante poiché un sogno non ha la pretesa di essere spiegato. Non pretenderemmo mica di credere reale tutto ciò a cui abbiamo assistito! Il campo d'azione del sogno è l'irrazionale (e forse l'unico neo della pellicola consiste nel fatto di mostrare situazioni oniriche un po' troppo "controllate"). Così come nelle immagini paradossali di Escher è impossibile trovare un inizio (vedi la scala infinita), allo stesso modo (come esplicitato nei dialoghi del film) è impossibile ricordarsi il principio o "inception" di un sogno. In una bella sequenza viene proprio "spiegato" il paradosso della scala. Basta cambiare la prospettiva dello sguardo e ci accorgiamo che nella realtà tale struttura ha un inizio ed una fine contrariamente alla natura circolare del lungometraggio (nastro di Moebius), tanto per ribadire la sua essenza onirica. In definitiva se non c'è un inizio, non c'è neanche una fine (tanto desiderata da chi ha una visione superficiale dell'opera). Come disse Robert Desnos (uno dei grandi artisti surrealisti) riguardo al Cinema: "La sua oscurità era la stessa della nostra camera da letto prima di addormentarci. Lo schermo poteva forse uguagliare i nostri sogni".