Prof 8 / 10 31/01/2010 13:03:47 » Rispondi Infortunatomi nell’immediata vigilia dell’uscita del film, alla fine ieri non ho più resistito alla curiosità e sono andato a vederlo ancora con le stampelle, tanta era la curiosità, soprattutto per il polverone che ha sollevato… Chiaramente ho scelto la versione in 3D, prevedendo che sarebbe stata quella che meglio avrebbe potuto valorizzarne la spettacolarità. Al termine ho provato una sensazione piacevole. Vorrei specificare che – essendo per altri versi abituato a sviscerare e scansionare con cura certosina i testi con cui ho a che fare – per me il cinema è distensione pura. Non vado a scandagliarne tecniche o a sezionarne fotogrammi, ma mi piace esaminare e giudicare il prodotto finito, valutandone l’impatto sulla sfera emozionale. In questo senso Avatar è un buon film. Niente di trascendentale, ma gradevole. Confezionato, come si suol dire, “a regola d’arte”, sfrutta al meglio tutte le attuali risorse della tecnologia per metterle al servizio di un copione non particolarmente originale, ma evidentemente subordinato ad una assoluta preponderanza delle immagini. Un suo merito significativo, infine, è rappresentato anche dal fatto che, nonostante la sua ragguardevole lunghezza , scorre con apprezzabile leggiadria.
Personalmente ho gradito moltissimo sia le puntate antropologiche e storico-religiose (la sciamana, il pampsichismo nella foresta, i riti di iniziazione, il sacrificio della ricercatrice, la metempsicosi, la prospettiva escatologica) che le sapide stilettate contro la politica imperialistica praticata dagli Americani in nome del progresso (la lotta degli indigeni/pellerossa armati di archi e frecce contro i missili e i caccia-bombardieri, la strisciante parodia contro i metodi e i modi dei marines, sintetizzati nel personaggio del colonnello cattivo, ovvero contro le ciniche esigenze dell’economia, a loro volta ottimamente rese nel giovane manager della RDA, spregiudicato e rampante: entrambi perfetti stereotipi delle loro rispettive funzioni, nonché persecutori della dottoressa, la cui morte, nella lineare economia della trama, si configura come martirio indispensabile per la salvezza del popolo Na’vi).