Harpo 9½ / 10 15/10/2006 17:44:22 » Rispondi ATTENZIONE: QUESTO COMMENTO CONTIENE ELEMENTI CHIARIFICATORI DELLA TRAMA DEL FILM
"Io non mento mai, anche quando dico le bugie". Tony Montana/Al Pacino in Scarface.
L’esagerazione è alla base di questo film e la frase pronunciata dal boss malavitoso ne è una chiara dimostrazione. Queste parole evidenziano indubbiamente una contraddizione in termini che impregna tutta la pellicola di de Palma, il quale realizza un film che è indubbiamente il portavoce del suo stile. L'esagerazione, l'assurdità, l'incoerenza sono il lied-motiv della vita di Tony Montana. Questi ingredienti però sono anche le fondamenta della struttura filmica e, più precisamente, della regia di De Palma. Difatti questa pellicola è volutamente esagerata. Anzi "Scarface" è un film barocco. Il regista crea un prodotto pomposo in tutto. In effetti ogni aspetto del film risulta ridondante. A partire dalla durata di quasi tre ore. La narrazione del film è veemente, quasi paradossale e stigmatizza la parabola della vita di Tony Montana, prima criminalotto da strapazzo cacciato dalla Cuba di Castro, poi assassino a pagamento, quindi guardia del corpo del boss e infine boss indiscusso della malavita organizzata di Miami. Che poi finirà col perdere tutto a causa (probabilmente) delle sue smanie di protagonismo. La sua scalata al potere è identica alla sua vita: violenta, priva di scrupoli e caratterizzata da un auto-divinazione che sarà senz’altro anche la causa della sua caduta. Il personaggio di de Palma è radicalmente diverso da qualsiasi altro mafioso mai visto. In effetti il suo stile di vita o, per meglio dire, la sua concezione vitale non subirà mai metamorfosi: Tony non si adeguerà alla posizione raggiunta e il suo “cannibalismo”, la sua sete di potere (fonti in un primo momento del suo successo) sono anche i portatori del suo fallimento. Montana non è gentleman come Vito Corleone o scaltro come Noodles: lui è una persona senza scrupoli, verosimilmente mediocre e, soprattutto, ricca di contraddizioni. Montana riesce a spacciare chili di cocaina e non è in grado di ubbidire alla “ragion di stato” (sacrificando la bambina).
Un aspetto molto interessante coincide anche con la rappresentazione della sua reggia: enorme, ma priva di anima. Tony, tanto ossessionato dal pensiero che una qualche organizzazione mafiosa voglia fare irruzione nel suo covo, fa installare sofisticatissimi sistemi di sicurezza, non rendendosi conto che la rovina avverrà per mano sua. Quest’uomo infatti, tanto affaccendato a sostituirsi a Dio, non comprende quando è il momento di fermarsi e continua a ingurgitare tutto ciò che è alla sua portata finendo così per “scoppiare”. Altrettanto curioso è il rapporto tra Tony e la sorella. Il malavitoso cercando di proteggere la parente dai rischi che la vita le presenta, non si rende conto che il vero problema, la vera causa di tutti i suoi guai, altri non è che lui medesimo. La sua falsa generosità e la sua finta magnanimità sono infatti i veri portatori del disagio della ragazza.
Riallacciandosi al discorso di più sopra, che concerne la struttura filmica, non si può non accennare al lavoro compiuto da de Palma: il regista come già ampliamente esplicato realizza un film spropositato, apportando delle significative novità nel genere. Infatti in Scarface la parola “bene” non è contemplata. I “buoni”, in questo film non sono pervenuti: esistono solamente i “cattivi”. E i cattivi più cattivi dei cattivi stessi (perdonate il giuoco di parole). La follia di Montana non è quindi l’unico esemplare della malvagità umana: la cattiveria, la pazzia e la mediocrità del personaggio interpretato da uno straordinario Al Pacino sono il risultato di un “istruzione” che Tony riceverà sin da quando arriva negli “States”. In questo senso, almeno a parer di chi scrive, Brian non demagogizza o non cade in futili critiche al sistema americano: lui si limita a narrare (certamente con occhio non distante, ma neppure solidale) una vicenda piuttosto violenta.
Molto interessante lo staff che lavora intorno al regista americano, il quale contribuisce a rafforzare quelle sensazioni che de Palma vuole trasmettere al pubblico. In effetti risulta fondamentale una quantomai calda fotografia di John Alonzo (già autore della splendida descrizione estetica di “Chinatown” di Roman Polanski) che contribuisce a rendere unica l’atmosfera creata dal realizzatore di “Gli intoccabili”. La sceneggiatura, solitamente tallone d’Achille dei film del cineasta americano, è firmata da Oliver Stone e risulta eccezionalmente completa, appassionante e per niente farraginosa. Inoltre presenta anche una caratterizzazione dei protagonisti decisamente efficace e per niente superficiale. Favolose le musiche del nostro Giorgio Moroder, assolutamente sfarzose e di respiro quasi mozartiano.
Impossibile non citare gli interpreti di “Scarface”, “capitanati” da un fantastico Al Pacino (qui in grandissimo spolvero) il quale conferma di essere uno dei più grandi attori di tutti i tempi. Strepitosa anche la Pfeiffer che inebria il suo personaggio di una carica erotica non indifferente (e senza essere protagonista neppure di una scena di nudo!). Da segnalare anche la Mastrantonio, Steven Bauer e, in una parte minore, Fahrid Murray Abraham molto incisivi come co-protagonisti.
Indimenticabile il finale che è praticamente il ritratto della pellicola stessa.