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HOSTEL regia di Eli Roth

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Lowry     6½ / 10  02/03/2006 20:43:53 » Rispondi
Presentare un film come se fosse di Tarantino (e, senza indugiare oltre, è così per l’ottanta per cento delle persone “normali”), e contemporaneamente presentare un film come uno splatter, dichiarando le centinaia di litri di sangue finto usato e distribuendo sacchettini per il vomito all’ingresso nelle sale, crea indubbiamente certe aspettative.
Ma al di là della grossissima –e costosissima e riuscitissima- operazione commerciale, queste promesse non vengono mantenute. Dell’ incipt Tarantiniano, infatti, Hostel non ha nulla, per il semplice motivo che non è un film suo. Tantomeno Hostel può essere considerato un film splatter, perchè per definizione non lo è (o almeno non solo). Prova ne sia che delle centinaia di litri di sangue dichiarati se ne palpa appena la presenza, e soprattutto che –quasi- ogni volta che la telecamera arriva al dunque, decide di girarsi dall’altra parte, e di lasciare all’immaginazione piuttosto che all’immagine l’ardito compito di turbare, come da promesse. Ma tutto questo può essere considerata una lacuna della pellicola? Certamente lo è per colpa della vile e deviante campagna pubblicitaria messa in opera dalle major produttrici.
Ma non è una colpa di Hostel e di Roth, che sicuramente non gira un capolavoro, ma al contempo la sua pellicola fa una più che degna figura da svariati punti di vista. La regia mantiene sempre un buon rigore tecnico negli svariati usi della macchina da presa –segno evidente che c’è stata una adeguata cura nella produzione del film-. Il soggetto, pur restando fedele a certi meccanismi del genere regala nuovi espedienti e alcune idee davvero originali. La sceneggiatura, pur non esente da clichè e forzature alquanto discutibili, ha il grosso pregio di non prendersi mai troppo sul serio, in certe situazioni di giocare –bene- con i riferimenti del genere, e di sapere più volte turbare nella messa in scena di certe situazioni, tanto inquietanti, quanto surreali.
Il gioco di divertimento e trasgressione, messo in mostra con clichè sicuramente ricchi di stereotipi ma atti a rappresentare una realtà fittizia, si trasforma presto in una storia di disagio e smarrimento. Un' escalation di confusione e di paura che trova parecchi punti di forza e di coinvolgimento nella messa in scena tra le scialbe e povere strade di un paesino avvolto da un cielo perennemente grigio rappresentato da una fotografia fredda e impeccabile, lontana dalle patinature a cui un certo tipo di produzioni ci hanno abituato.
Paradossalmente Hostel è una pellicola che turba di più dal lato psicologico, piuttosto che da quello visivo –pur non risparmiando alcune sequenze da stomaci belli forti-, e che sa trovare un buon punto di incontro tra compromesso produttivo e storia. Anzi, a questo punto, viene da pensare che in fase di montaggio si abbia inutilmente indugiato sulle –a volte superflue- scene delle torture, a scapito della storia, che avrebbe avuto molto altro da raccontare, per tentare di mantenere le promesse fatte dalla campagna pubblicitaria. Ma a questo punto tutto si può dire tranne di trovarsi di fronte all’ennesima americanata. L’americanata –se così vogliamo chiamarla- l’hanno fatta, e continueranno a farne, le produzioni e le distribuzioni cinematografiche, sempre più propense a perseguire l’unico e solo scopo dell’incasso, a scapito della –dovuta- sincerità. Ma ormai lo sappiamo, è fin da bambini che ci dicono di non ascoltarla la pubblicità!