sim4zz 6 / 10 05/09/2005 12:13:09 » Rispondi L’isola dei desideri, l’isola della speranza e delle opportunità, uno stimolo per continuare a “sopravvivere”, un traguardo da raggiungere. E’ questo il significato di The Island, il nuovo blockbuster estivo firmato Michael Bay, anche regista di Bad Boys, Armageddon e Pearl Harbor. Siamo nel 2019 e il progresso tecnico-scientifico ha fatto passi da gigante. L’uomo, che si è sempre sentito minacciato dall’incombere del tempo e dalla sua stessa esistenza terrena ha proseguito la ricerca per sconfiggere la morte. Alla Merrick Biotech ci sono riusciti, si sono spinti là dove la megalomania oltrepassa l’etica, gli scienziati che lavorano nell’ipertecnologico impianto medico hanno ricreato vita, coscienza e anima umana in provetta. In questo immenso laboratorio vivono e crescono i cloni, tra cui Lincoln sei-echo (Ewan McGregor) e Jordan due-delta (Scarlett Johansson), dei veri e propri esseri umani clonati ed utilizzati inconsapevolmente come pezzi di ricambio per i relativi sponsor, dei facoltosi signori che si assicurano a suon di milioni tale “polizza” sulla vita. Con l’illusione (indotta) di essere dei sopravvissuti ad una letale epidemia, i cloni vivono sotto il controllo del dottor Sean Bean (il Boromir della saga dell’anello) con la speranza un giorno di poter vincere la “lotteria”, un viaggio verso l’ultimo luogo incontaminato sulla faccia della terra: l’Isola. Ma la scienza perde sempre il confronto con la forza della natura e quando Lincoln, grazie all’amico-umano Steve Buscemi (sempre più un istrione) capirà cosa lo attende, comincerà una lunga fuga insieme all’amata Jordan che li condurrà fino al faccia a faccia con la verità. L’intero film potrebbe essere suddiviso tra primo e secondo tempo, tanto sono diversi i registri di ripresa che Bay utilizza. Il racconto si snoda lungo la presa di coscienza del protagonista nei riguardi della realtà che lo circonda e del suo innato senso di curiosità, attraverso momenti fantasy, romantici fino ad approdare all’evasione da quello che si rivela essere un carcere biomedico, nel più classico degli inseguimenti in stile action-movie. La sequenza della folle corsa dentro Los Angeles, assieme all’originale ed inquietante idea di base, è sicuramente ciò che è riuscito meglio a questa produzione hollywoodiana, che per il resto assume le fattezze di un film gradevole, ma anche riflesso e collage di alcune tra le pellicole più cool delle ultime stagioni cinematografiche. L’estro della star McGregor e la radiosità di una splendida Johansson rendono concreti i dubbi e le paure di due persone che scoprono la falsità e la menzogna dietro a tutto quello in cui hanno sempre creduto, anche quando l’amore diventa l’unico valore a cui l’uomo può aggrapparsi nei momenti di difficoltà. L’impressione che si ricava dalla visione di questo film è che riguardo il tema trattato, un argomento scottante e delicato di questi tempi, se ne sarebbe potuto approfondire il discorso, in quanto la sensazione principale uscendo dalla sala appare l’eccessiva brevità e fretta con cui il regista ha voluto chiudere il finale, forse per mancanza di tempo in fase di lavorazione, in una produzione milionaria (in senso di euro), che ora dovrà fare largo affidamento all’arringa finale dei botteghini internazionali. A difesa dell’ultima fatica di Bay (qui senza la sua chioccia, il produttore Jerry Bruckheimer) ci sono le incredibili sequenze d’azione e la spettacolarità di un’opera che appassiona sino alla fine, lasciando nello spettatore il giusto senso di riflessione su una questione di estrema attualità. Simone Bracci