cinemaincompagn 7½ / 10 12/12/2025 11:54:14 » Rispondi Il film è fatto bene, poi c'è da commentare l'abbaglio come l'ha voluto vedere; per certi versi ha ragione. È un film che prende a pretesto una reale pagina di storia; anche noi in fondo abbiamo del sangue borbone, non siamo molto piemontesi, quindi ha cavalcato un po' questa cosa qui. A me ha ricordato per certe cose, con i dovuti paragoni, il Gattopardo per questa amara analisi a livello storico.
È vero che Garibaldi abbia tradito l'ideale con cui aveva messo su la rivoluzione siciliana e del sud perché era andato con l'idea di liberare le persone, di dare la libertà e si doveva installare un governo di tipo socialista. Non è stato quello che è successo, è semplicemente cambiata in parte la classe dirigente, come dice il film del Gattopardo: cambiare tutto per non cambiare niente. Adesso è un fatto storico, però il film è fatto bene. Sì, a me è piaciuto. Soprattutto dal mio punto di vista per la seconda parte. Non è facile recitare in vernacolo in un film che deve essere visto a livello nazionale.
C'è quell'umanità di cui si parlava all'inizio nella presentazione; c'è questa umanità del personaggio che non casca proprio nel comico. C'è una dignitosa umanità anche nel sorridere e loro sono bravi, molto equilibrati. Ecco perché il film regge perché ci sono Ficarra e Picone; Servillo è quello che però il film viene retto sicuramente non da Servillo, anche se è bravo.
La cosa interessante è che l'abbaglio lo prende il nobile conte Orsini, nato da una famiglia monarchica veramente nobile e completo he credeva veramente in una società di pari, di uguali. In qualche maniera c'è un parallelo con Marx: forse se Marx avesse visto che cosa è diventato il comunismo dopo lui, forse lui avrebbe detto "che abbaglio".
All'inizio dei titoli di coda c'è il ringraziamento agli eredi di Leonardo Sciascia e a me ha fatto pensare, soprattutto per l'impatto con la società mafiosa della Sicilia, la frase di Sciascia che la Sicilia è irredimibile ("la Sicilia è irredimibile, ma che comunque bisogna continuare a lottare, a pensare e ad agire, come se non lo fosse) che fu uno scandalo quando uscì, perché noi tutti abbiamo un'immagine di una possibilità di cambiamento in meglio della società, come sperava quel quindicenne che muore, che secondo me è uno dei simboli del film perché è la nuova generazione che è la più pura, senza compromesso, senza condizionamenti. Per me il giudizio che esprime il film è molto duro nei confronti della nostra condizione, della nostra società attuale, perché quella frase di Sciascia è come se si riversasse nelle conseguenze che si vivono oggi di quell'abbaglio. Penso sia un'intenzione anche politica del regista perché quando dice ci sarà un giorno in cui comanderanno gli imbonitori è chiaro il riferimento a quello che abbiamo vissuto, che viviamo e che vivremo; in generale come cultura condizionata da qualcuno che alza la voce e quindi tutta quella speranza di liberazione è come se fosse, secondo me, quasi cancellata da un film del genere. La forma in cui viene fatta questa dichiarazione dell'abbaglio, cioè la scena finale, mentre si gioca a poker sapendo di imbrogliarsi, sapendo di vivere un gioco, secondo me è un pesante giudizio.
In questa scena finale del gioco delle carte, in cui si sta giocando un'identità, una libertà mi ha fatto venire in mente una frase che mi porto dietro di Aldo Moro (ultimo intervento alla Camera del 28 febbraio 197) "Questo Paese non si salverà, la stagione dei diritti e delle libertà si rivelerà effimera, se in Italia non nascerà un nuovo senso del dovere". Mi ha ricordato questa cosa, mentre loro giocavano a carte, mi è venuta in mente questa cosa.
Mi ha colpito l'assenza di un codice di comunicazione tra quello che rappresenta il colonnello e i due. Lui giudica come abbaglio quello che è successo; però lui è figlio di nobili; la controparte, il comandante dei Borboni, lo giudica un uomo che ha voglia di protagonismo, che è passato dalla parte dei rivoluzionari perché vuole emergere. E sembra che la direzione di questa Italia, di questa Sicilia, sia piuttosto una volontà di affermazione anche di individualità. Invece questi due senza un ideale dell'Italia o della liberazione; però hanno fatto qualcosa di concreto, umanamente per salvare l'intero paese. Rappresentano due mondi che non comunicano nello stesso modo e che sono completamente slegati; lui, nel momento in cui li ritrova come truffatori li rigiudica in un modo negativo, quando invece voleva dargli un grande riconoscimento del paese. Un altro punto è che questo regista è veramente altissimo, perché riesce a vedere e a dire cose con leggerezza, facendo ridere, però andando molto al fondo. L'ideale dell'Italia non esisteva, è stato un ideale imposto, anche l'unificazione è stata imposta, è stata un'istituzione dell'Italia. Perché alla fine sono rimasta: "Che abbaglio povera Italia"; con tutto lo scollamento tra questi due e tutto quello che rappresentava.
Non c'era più l'identità: la scena finale dice "Abbaglio, ma chi siamo noi italiani? Che cosa succede?" Che lui sta giocando a carte con questi due che poi è sembrato come che abbiano fatto chissà che cosa e poi invece sono dei truffatori.
MI è venuto in mente il film "La grande guerra" storia di eroi nel quotidiano. Scaturisce il fatto che il quindicenne, i due truffatori, la gente semplice è quella che poi realmente fa il cambiamento, perché le classi dirigenti non lo capiranno mai.
Andò ha fatto un altro film "Viva la libertà" dove lì c'è un gemello capo della sinistra che è folle, ma che riunisce tutta la sinistra italiana, perché anche lì c'è un elemento strano come questi due.
Ritornando sull'aspetto politico del film credo che sia un altro film di rassegnata denuncia sulla realtà siciliana, perché abbiamo visto qualche anno fa quello di Pif "La mafia uccide solo d'estate"; un'altra liberazione, quella degli americani che sbarcano e dovrebbero liberare la Sicilia, ma in realtà non succede niente, perché sono gli stessi mafiosi, gli stessi fascisti che si ripropongono alla guida del governo. Anche in questo film vediamo la stessa cosa: la liberazione non serve a niente, perché sono gli stessi baroni, gli stessi mafiosi che reimpongono il potere. Per quanto riguarda poi il discorso che faceva lei, ricordo anche qui un altro film "Eroi per caso" dove i protagonisti, presi da un moto di orgoglio, di coraggio, assumono questo ruolo d'eroe, ma in realtà poi ritornano ad essere i zompafossi che erano prima. In questo caso io vedo questa doppia confusione, il doppio abbaglio, l'abbaglio per l'errore politico e l'abbaglio nell'aver creduto che questi due zompafossi fossero diventati veramente due eroi e lui li ha cercati per vent'anni per ringraziarli di un gesto che questi hanno fatto così, perché erano dei saltimbanchi.
Ma comunque nessuno mette in conto la delusione anche dei due. Sì, perché è lo stesso scontro culturale che si crea nel sorpasso fra il figlio di una aristocrazia o borghese affermata che viene a contatto con il borghese emergente. Ciò che hanno visto li ha mossi, però c'è la delusione perché tutto è tornato come prima; a questo punto arrangiamoci all'italiana. Anche loro erano delusi, l'abbaglio è duplice. In realtà quando Picone saluta il bambino e gli fa vedere i giochi di carte sta dichiarando che stanno facendo un gioco di carte; quello che stanno facendo loro non è un atto di eroismo, l'inganno anche quello, perché sono giochi che si fanno con una mano e giochi che si fanno a due mani. E sta dichiarando in qualche maniera al ragazzino che quello che si vede non è quello che è in realtà.
Sono persone che hanno azzardato sempre, uno è un baro professionista e l'altro è comunque una persona che ci sa fare. Io invece voglio fare un riferimento musicale; non è un caso che all'ultimo si dica "Povera Italia". Perché se andate al testo della canzone di Battiato "Povera patria" è la sintesi di quello che abbiamo visto nel film fondamentalmente.
Comunque ripensando al tema 'eroi per caso' probabilmente si può dedurre che, come stavamo riflettendo, la liberazione è questione del singolo o del popolo, non è questione politica. Mi fa pensare l'andazzo generale del mondo in questo momento, in cui addirittura a livello teorico si mette in dubbio la bontà della democrazia, si mette in dubbio il fatto che il popolo possa essere, come dire, governatore della propria vita e della società. Sentivo alla radio una teoria che dice se le notizie che vengono diffuse sono veritiere e le persone sono indipendenti nello scegliere, allora la democrazia è la forma più giusta per il bene della società. Ma se girano notizie false che non corrispondono alla verità e la gente non è libera di esprimere la propria preferenza perchè condizionata, allora la forma quasi naturale, migliore, è l'uomo forte. Ciò mi fa riflettere perché mi fa venire la domanda: "la possibilità di cambiare, di costruire un mondo più giusto, più libero non può essere appannaggio della politica; è una questione da conquistarsi noi. Lo facciamo individualmente come tentativo, però poi, per esempio, se stiamo a commentare il film insieme, godiamo di più è meglio, è più corrispondente alla nostra natura di essere insieme.
Non è una questione che cala dall'alto, ma è una battaglia che ciascuno insieme agli altri vive e vince indipendentemente dalla politica e dal governo.
Non direi indipendentemente dalla politica perché comunque è fare comunità: perché individualmente, ma senza la comunità … piuttosto contro un potere lontanissimo.
Comunque viene in mente anche il film "Il campo di battaglia" in cui le due posizioni dei due medici, uno che curava e cioè uno che puniva, nella doppia posizione di quello legato all'ordine, all'istituzione e invece l'altro possiamo dire anarchico, che è più vicino alla realtà di quei poveretti che, non si capivano tra di loro quando parlavano, facevano la guerra insieme, perché costretti a combattere la stessa guerra. Quindi chi fa l'eroe per caso o la guerra è completamente distante da quello che è il potere.È distante, è distante,
Il tutto parte da noi, dalla nostra percezione della nostra identità e del nostro rapporto con l'altro, l'altro che può essere il nostro amico, l'altro che può essere a livello politico, l'altro che è a livello sociale. Il nostro rapporto con la realtà.