cinemaincompagn 8 / 10 oggi alle 11:50:36 » Rispondi Da questo film mi sono sentito accarezzato l'animo; uno di quei pochi film che mi ha dato questo, perché mi ha ricordato, in questa analisi interiore dell'umano "Il primo giorno della mia vita" che è stata un'altra carezza, un'altra introspezione psicologica che nel cinema manca molto. Film salvato dal ritmo, dal montaggio, è un film verboso, qualche volta fa pure bene, quando dobbiamo pensare un po'. Staccare il cervello mi sta bene, però il cervello rimane perché c'è un bell'equilibrio tra cuore e cervello, forse un po' più di cuore. Magia dei Queen con "Somebody to love" dà la sua chicca.
Rispetto a "Inside out" l'ho trovato più superficiale. Divertente, incalzante ma più superficiale dal punto di vista dell'analisi psicologica. Per me i film troppo verbosi, sono claustrofobici.
Potrebbe essere che era uno scopo mostrare che dare spazio a tutte queste voci interiori fa soffocare. Senza appesantirsi, senza appesantirsi.
Quanti di noi non si è riconosciuto in tutti i pro e i contro di ogni situazione, nei dubbi, nelle vocine, i dubbi, la coscienza. Me lo aspettavo più divertente; a me è piaciuto il fatto di rendere reale quello che ci passa dalla testa nelle situazioni normali in generale; è come rivedere quello che ti passa dalla testa quando prendi una decisione. Fatto con equilibrio senza appesantirsi.
L'amore è simulato troppo bene, tutto quanto troppo ovattato, in un piccolo ambiente, un po' troppo romanzato; l'amore potrebbe essere una cosa differente, con ostacoli piccoli ma concreti e che cambiano l'atteggiamento.
Spegnere il cervello è lasciarsi andare ai propri sentimenti e viverli senza affrontare la parte razionale. L'ho visto in maniera positiva, tant'è che poi alla fine un po' tutti abbandonano quelle che sono le proprie posizioni più ideologiche che reali e si raggiunge quell'equilibrio che porta a vivere serenamente una storia.
Perfetti sconosciuti è stato portato in teatro con grande successo. Questo film è un film leggero, proprio un film leggero, divertente e c'è una ricerca del linguaggio forbito. È una commedia, va presa per quello che è. Vedendola al rovescio, troppa leggerezza a volte non crea il sentimento, cioè noi dobbiamo prediligere i sentimenti alla leggerezza, perché il sentimento è troppo leggero per essere vero, perché in ogni persona, per quanto superficiale, non esiste una vita superficiale, e questo film è giocato molto sull'accentuare la leggerezza per far riflettere. Può darti pure che sia anche un paradosso, un pugno nello stomaco per far riflettere: con la leggerezza non si va granché al fondo della vita: bisogna essere leggeri ma nello stesso tempo far tesoro delle lezioni di vita.
Una delle idee di sceneggiatura è avere davanti una scelta, un'alternativa che fa scatenare tutte quelle discussioni all'interno della mente: come se la realtà pone delle questioni su cui scegliere e lì si attiva la mente.
Non sono d'accordo sulla leggerezza perché se una delle voci interiori avesse prevalso sulle altre le cose potevano precipitare rendendo molto sottile la linea di demarcazione della scelta. La citazione di Calvino sulla leggerezza ("Prendete la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall'alto, non avere macigni sul cuore.") è un invito a vivere in modo spontaneo.
Io penso che la leggerezza non sia una cosa su cui vivere per sempre, ma in quel specifico contesto, in quella specifica serata era praticamente fondamentale, perché se si dà troppo ascolto alla testa, alla fine si resta paralizzati dalle diverse voci e non si fa niente, si rimane pieni di rimpianti. Invece ogni tanto bisogna buttarsi e vedere come va. Anche se si hanno avuto esperienze negative in passato, non bisogna precludersi di scoprire altro.
Nella scelta di fondere gli otto personaggi nel finale ho colto che nell'esempio del rapporto uomo/donna, ma può valere per tutto, quello che conta è l'alleanza, per potersi mettere insieme. E l'alleanza è sempre una apparente perdita. Ciascuno degli otto personaggi deve cedere qualcosa di sé per poter arrivare, a ciò che può essere chiamato anche compromesso.
Le varie voci non si tacciono mai. Non si può vivere solo di ragione, sentimento, cinismo, consapevolezza. Tutte queste cose che stanno nella nostra mente non possono essere mai prese singolarmente come soluzione della vita. È terapeutico mostrarsi fragili, mostrarsi per quelli che si è: siamo fragili nella mente. Mi ricorda la canzone "Volevo essere un duro" di Lucio Corsi.
C'è una canzone di Jovanotti ("Mi fido di te") che dice mi fido di te, cosa sei disposto a perdere? Cioè nel rapporto, mi fido di te, però in questo rapporto cosa sei disposto a perdere?
La verità è che i protagonisti sono abbastanza giovani; più passano gli anni e più c'è una maturità personale, esperienze, più è difficile lasciare nel cassetto la razionalità. Cioè a vent'anni è facile essere istintivi e buttarsi dalla pista rossa, dalla pista nera anche. Invece con gli anni che passano, per te che il cuore sia felice deve essere felice anche il cervello.