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FRANCESCA E GIOVANNI regia di Simona Izzo, Ricky Tognazzi

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Invia una mail all'autore del commento cinemaincompagn     7 / 10  12/12/2025 11:43:52 » Rispondi
Perché vedere questo film? Conoscere la storia d'amore di Giovanni Falcone? Lo ricordiamo per altre cose. A me sembra che lui sia un po' la parte negativa, nel senso che è come se ha fallito rispetto invece a quello che effettivamente ha fatto. Mi è sembrato che oltre la coscienza, la consapevolezza, è come se sia stato relegato alla politica anziché combattere effettivamente, come se fosse uscito dalla scena. La musica ha tenuto testa, mi è piaciuta molto, teneva un po' la tensione, non conoscendo i fatti.

La ricostruzione del periodo precedente del maxiprocesso è stata a mio avviso un po' sbrigativa, approssimativa. Borsellino e Falcone si ritirarono all'Asinara per fare un lavoro quasi monumentale; secondo me non emerge nel film quella parte sostanziale che caratterizza principalmente la loro carriera di magistrati, è stata un po' falciata per scelta della regia. Mi sarebbe piaciuto che fosse approfondita di più la parte come magistrato; lavoro in quel settore e in realtà non sapevo molto di lei. Il suo aspetto lavorativo affrontato solo nella parte iniziale; mi sarebbe piaciuta un po' di più quella parte meno nota. Non sapevo che erano sepolti separati; non so se c'è un motivo.

Scelta di guardare l'intimità della persona. Alcuni hanno detto che forse era più adatto alla televisione come film.

Credo che la chiave di lettura in questo film è il dramma del rapporto umano tra queste due persone che vedono la loro storia d'amore fortemente condizionata dal loro lavoro ed al tempo stesso dall'impegno civile che hanno entrambi. Si è voluto indagare introspettivamente nel rapporto fortemente condizionato, difficile nel prendere certe decisioni sapendo i rischi che entrambi correvano. La chiave di vettura non è tanto quello che ha fatto lui o lei.

La loro umanità è nella loro normalità, loro sono degli eroi, però passate sono delle persone normali, sono degli eroi normali, sono dei grandi eroi, è la loro grande umanità anche.

Mi sembra interessante il rapporto tra questo film e "Il nibbio" che ho trovato bellissimo, anche perché ho avuto la fortuna di conoscere Calipari da vivo; questo senso di tensione, di rischio di questi servitori dello Stato è la cosa più importante che esce fuori da questi film. Però questo film, nonostante sia un prodotto ben fatto, ben confezionato, non trovo che sia un'opera necessaria, perché è una vicenda talmente profonda nei nostri ricordi che a me sarebbe piaciuto forse un film più teso, più giustificato per far vedere questo ruolo di servitori dello Stato, che rischiano tutto e quindi rinunciano a una vita personale per servire lo Stato, per questo patto che è la cosa più importante, che ci fa più onore, che ci fa ricordare loro come eroi. Però invece questo film tende a far diventare tutto un po' soft, avvolge tutto con questa umanità che però non è necessaria. Non lo trovo un film necessario, me lo sarò dimenticato fra 5 minuti. Questo buon prodotto l'abbiamo consumato ma non mi lascia niente in più, perché è assolutamente evidente che bisognava sottolineare, rischiare: un'opera di questo tipo non voleva dire consolare la famiglia per l'ennesima volta. Ecco, io mi sento consolato, ma non mi aggiunge proprio niente in più, almeno della mia idea di questi due eroi, e in genere degli eroi dello Stato.

I registi hanno voluto espressamente porre la visione umana e d'amore di questi due personaggi e basta, tanto che di tutte le altre stragi hanno fatto un accenno proprio veloce, ne hanno parlato proprio. La centralità del film è la storia d'amore di questi due personaggi, quindi di quello che è avvenuto in anni e anni c'è giusto un accenno perché era necessario attraverso i servizi della televisione, il giornale, contestualizzare e rappresentare il contesto. Però in effetti la mafia sembra un contorno alla storia d'amore. L'approfondimento non è stato su quello.

È pesante, fa capire in che contesto hanno vissuto la loro storia d'amore due protagonisti della lotta alla mafia, cioè come sono stati pesantemente condizionati nella loro storia.

I fatti bene o male li conosciamo, però servono a spiegare lo stato di tensione in cui queste persone hanno dovuto vivere. Vedendo "Il Nibbio" abbiamo considerato la situazione dei soldati americani fermi per quattro cinque ore ad aspettare e ci siamo immedesimati con il loro stato d'animo. Questo manca nel film: l'immedesimazione con il contesto rappresentato come un condizionamento di una vita privata. Probabilmente è il limite, la caratteristica dei due registi.

A proposito della motivazione per cui sono stati separati, Falcone è finito insieme agli eroi, per lei i familiari hanno scelto un cimitero loro. Ci sono stati contrasti tra il fratello e Maria Falcone. I registi hanno voluto far emergere la figura della Morvillo ed in secondo piano Falcone perché anche in occasione della fondazione due minuti si parlava della Morvillo, otto ore di Falcone. E il fratello si è dissociato da questa fondazione. Quindi mi sembra che Simona Izzo, molto femminista, abbia voluto far primeggiare la figura di lei, e l'aspetto del lavoro che ha fatto Falcone è diventato proprio secondario. L'immagine di questa donna che veniva da una famiglia già di livello mentre Falcone e Borsellino sono di un livello più basso e cresciuti nei quartieri più bassi di Palermo. Lei ha scelto col lavoro di inserirsi in quel tipo di ambiente. Si è volutamente non voler dare importanza al grande lavoro che ha fatto Falcone.

Si è sempre dato grande spazio a lui, e lei è sempre "la moglie di": l'obbligo dei registri è stato proprio quello di rivedere la storia dal punto di vista di lei, l'occhio di lei e l'occhio degli altri su di lei per dare voce e spazio alla figura di lei che ovviamente non era sola, ma tutto ciò che gli girava intorno è venuto fuori.

Mi rendo conto che il periodo storico è coinvolgente, l'abbiamo vissuto in prima persona, è una storia recente non è facile da raccontare. Capisco che l'intento del film è quello di mettere in evidenza la quotidianità drammatica per tutti e per certe persone ancora di più. Alla fine mi sono domandata, ma ora la mafia dov'è? Non credo che la mafia sia un fenomeno risolto; si capisce il lavoro di Falcone, il film ha messo in rilievo la figura della Morvillo non valorizzata. Però penso che la mafia non avrebbe ammazzato la Morvillo perché puntava i magistrati del pool antimafia.

Non credo che Falcone sarebbe stato d'accordo che si raccontasse in questo modo la sua vita, per come era riservato. Forse ci voleva anche un po' più di rispetto da parte dei registi perché in certi passaggi sembra banale questa storia. Inoltre l'attrice non è riuscita a tradurre le parole, gli stati d'animo e dei sentimenti con la sua recitazione e la sua espressione.

Sulla quotidianità rappresentata: probabilmente a noi sembra banale, ma andare a far pipì sapendo che fuori ci sono due poliziotti che ti controllano contiene una drammaticità con la quale noi non riusciamo a immedesimarci.