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PATERNAL LEAVE regia di Alissa Jung

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Invia una mail all'autore del commento cinemaincompagn     8 / 10  12/12/2025 11:42:52 » Rispondi
Il testo della canzone finale è uno sfogo educativo della figlia veramente pesante nei della mancanza di affettività da abbracciare il più possibile.
Cito Massimo Recalcati.
"…I figli possono trovare il loro cammino quando la nostra mano ha la fede sufficiente per perderli.... Attenzione, nessuno ha verità. Non ci sono esperti, ma amare significa donare a lui il nostro ritrarsi, è il sacrificio della proprietà. Il dono più grande che possiamo fare ai nostri figli non è dargli tutte le risposte, non è spiegargli il senso della vita, ma dimostrargli, con il nostro esempio quotidiano - e non attraverso la retorica - che la vita ha senso... e mostrare loro tutta la nostra fragilità ... Il dono più grande della genitorialità è non ricondurre la vita del figlio a uno standard di normalità. Il dono più grande della genitorialità è amare le storture, le bizzarrie. Non raddrizziamo le viti storte, scommettiamo tutto invece sulle diversità. Io genitore voglio che tu sia quello che desideri."
Pensavo al figliol prodigo del Vangelo ed al padre che attende che il figlio ritorni.

Hanno colpito le foto nei titoli di coda perché è come un fatto molto personale della regista e di tutto lo staff e c'è una frase in cui lei ringrazia tutti per il coraggio e la verità che hanno avuto nel fare il film. Dal punto di vista del linguaggio è un film che non è una narrazione, è una rappresentazione delle persone, dei sentimenti, degli errori. È asciutto, molto naturale.

Contrariamente ad altre volte non c'è niente da capire, è molto limpido, rispecchia tanto anche le storie di oggi, le storie reali e tocca l'anima: bellissimo film.

Molte volte si ragiona con i ragazzi con modalità diversa e il riscontro di quello che è lo stato d'animo dei ragazzi che è completamente diverso. Ci sono stati momenti in cui non si capiscono per le reazioni diverse degli stati d'animo; c'è un contrasto perché non si hanno le stesse vedute.

Difesa, mancanza di responsabilità. Confessare che aveva pensato al nome è stato significativo perché fino a quel momento è sembrato che non riusciva a capire. A un certo punto cede chiede scusa. A me ha colpito questo cedimento finale che coincide con la morte del fenicottero. Osservarli li aveva uniti e forse ammazzando un fenicottero con il furgone ha potuto rendersi conto che c'era qualcosa di cui chiedere scusa.

Alla fine quello che esce fuori è che ci si appartiene. Si appartengono. Alla fine tu ti appartieni, con tuo figlio, qualsiasi cosa ti succede, tu ti appartiene e tu appartieni anche a te stesso. Il padre arriva alla conclusione grazie alla maturità della concezione di scusarsi, grazie proprio alla figlia.

Da sottolineare l'educazione e la crescita che lui ha avuto è grazie alla figlia. Ma oggi come oggi assistiamo scuola a tanti episodi del genere. Alla fine sono i ragazzi che portano i propri genitori a cambiare il loro modo di vestirsi, di rapportarsi, proprio grazie a loro e grazie all'essere dei bambini e dei ragazzi. Al contrario dei genitori che sembrano non cresciuti. Si è capovolta effettivamente questa forma di educazione. È interessante capire dove sta il problema di noi adulti, perché è una generazione.

Io riscontro a scuola l'opposto: ci sono ragazzi figli di quei genitori che continuano a essere superficiali. Il problema è che i ragazzi a scuola hanno bisogno di vedere nell'insegnante un riferimento. Ci sono insegnanti che vengono solo a prendere lo stipendio e quelli che lo vivono come missione. I ragazzi si accorgono di questa differenza. Non perché hanno bisogno della guida, ma perché l ragazzo ha bisogno di qualcuno con cui confrontarsi e avere un metodo, un riferimento, un confronto, un metodo di studio, un metodo di approccio alla vita. Il ragazzo viene scosso, non avendolo a casa crescono così come sono e cercano di educare i loro genitori quando hanno una consapevolezza.

Riporto una riflessione dell'attrice quindicenne Juli Grabenhenrich: "Certi comportamenti partono dalla paura di scoprire cosa diventerà un'amicizia, un amore o come ci giudica la società in vista di alcuni comportamenti. E questa tendenza al giudicare sta aumentando sempre più."
Probabilmente alla radice della paura c'è un sistema sociale che punta sulla concorrenza, sul riuscire, sull'apparire e dimostrare piuttosto che essere con le fragilità, gli errori, le crisi emotive e tutto quanto. Alla radice del disastro emotivo, educativo c'è questo sentire pesantemente sempre il giudizio di qualcuno. Che non è un giudizio basato sull'amore, è un giudizio basato su dei modelli che non sono reali.

Il film è degno di aver posto nelle scuole per i ragazzi che sono soli. Il problema siamo noi adulti, non sono i giovani. Bisogna recuperare la fiducia nei ragazzi, perché se stimolato, amato, stimolato, se si dimostra di credere in loro e di aver fiducia in loro, i ragazzi tirano fuori il meglio. E loro vogliono questo. Il film è esempio della incapacità di genitori, degli adulti, di accettare e confrontarsi nello scontro con i figli. Allora si rifugge da questo, si ha paura di questo, perché c'è anche l'ignoto. Dove mi porta questo aprirmi? Lui vorrebbe farlo e lo fa magari mandando a fan…ulo come fa la ragazza. Si tende a coprire tutto; è un po' come avere paura della morte: la si sublima e la si allontana sempre di più. E si fa anche nel rapporto tra genitori e figli. Probabilmente perché c'è una generazione di adulti che è vuota. Oggi sentivo una trasmissione sul sito del Bari riguardo a Bari, sono molto tifoso, lo seguo. In un'intervista l'ex-calciatore del Bari Di Gennaro diceva che oggi i giocatori rispetto a noi sono più deboli per cui di fronte alla difficoltà fanno fatica ad affrontarla per andare oltre. I ragazzi partono in salita, sono ancora più svantaggiati all'interno di quella fase della vita. l'adolescenza in cui è difficile, alla ricerca della identità che raggiungi anche nello scontro perché il posto che tu hai sono gli altri che lo riconoscono.

Film tedesco; sarebbe interessante capire se rappresentava lo spaccato della società adolescenziale tedesca oppure invece era qualcosa di più generale.

È difficile parlare di questo film; è stata una batosta a livello emotivo. L'ho trovato bellissimo e mi sono sentito molto vicino alla protagonista; mi ha affascinato soprattutto la parte iniziale in cui la ragazza poneva le domande perché credo che una parte fondamentale del rapporto figlio/genitori sia proprio l'aspetto conoscitivo. C'è la barriera data dall'età, dall'esperienza e quindi vedere come la ragazza cercava di recuperare tutto ciò che ha perso in quei pochi minuti grazie a quelle domande che si era preparata l'ho trovato molto carino, molto forte.

Condivido e ho notato una cosa mia personale ma anche di altri coetanei, forse in generale di tutte le relazioni tra genitore/figlio: spesso si raggiunge il dialogo quando c'è una collisione delle idee. Tra genitori e figli si arriva al dialogo solo dopo un conflitto e questo film rappresenta molto questa dinamica. I genitori probabilmente arrivano al dialogo quando il figlio fa qualcosa che non vuole che venga fatta. Questo è ciò che mi ha colpito di più del film. Spesso il discorso è che proprio perché va relativamente non c'è quel dialogo che dovrebbe avvenire. Nel caso mio è molto lineare quindi non ho mai avuto un rapporto stretto stretto con i miei perché non c'è mai stato quel punto di separazione.

Mi colpiva quello che dicevi tu perché una delle paure è del conflitto però è anche da lì che nasce il rapporto. Il punto che è cancellato nei rapporti questo rischio del conflitto perché viene preso come una sconfitta; dobbiamo essere amici, non dobbiamo essere genitori/figli, dobbiamo essere compagni, dobbiamo essere alla pari e invece la differenza che porta al conflitto è l'origine della conoscenza e l'origine della verità e ci si può voler bene solo tra diversi; non ci si può voler bene solo perché ci si definisce uguali ma anzi di più se siamo uno di fronte all'altro e non ci si dà per scontati.

Da sottolineare il rapporto di amicizia tra i due adolescenti: tra il reagire e la rassegnazione del ragazzo sospettato dal padre di essere gay. Probabilmente si è voluto evidenziare come è diverso tra la Germania e l'Italia.

Però il ragazzo salva il padre: "lui è mio padre".

Quel figlio picchiato apparteneva a padre perché c'è un legame della carne che non si può cancellare nemmeno nelle peggiori delle situazioni.

Spezzo una piccola lancia per Marinelli: nel confronto della bambina piccola non mi sembrava tanto male come tentativo di un padre ("non voglio fare gli stessi errori"). La figlia giustamente pretende dal padre ma il rapporto si costruisce nel tempo, non si può avere tutto subito e anche con gli errori fatti è un dato di fatto che dopo 15 anni venga a dire "io sono tua figlia".