Queste 'bambine' mi sono sembrate dei giganti fragilissimi e pieni di tutto quello che gli è stato dato; ciascuna aveva ricevuto da chi le ha generate, tra virgolette, un "dono".
È un film difficile da digerire perché lontano dal nostro vissuto; lo possiamo capire sul piano teorico, ma è difficile immedesimarsi. Si rasenta il degrado con situazioni di … non trovo neanche le parole …
Nelle protagoniste il dramma è il rapporto con la mamma; alla base di tutto, anche per il futuro c'è ciò che hanno vissuto nel rapporto con la mamma. Non si parla mai del padre che manca.
Mancanza del padre, rapporto particolarissimo con la mamma, quindi grosse mancanze, carenze. In queste mancanze mi ha toccato che la speranza c'è: è la dolcezza che tocca nel finale in cui c'è finalmente la musica, un po' di allegria.
L'abbraccio con la mamma che l'aveva abbandonata e che invita ad entrare: c'è questa apertura anche nella sorella grande che accoglie. C'è un risvolto positivo.
Due cose: il desiderio di tutte di essere voluti bene per la mancanza. E il desiderio di identità: tutte sembravano sorte da chissà cosa; la mancanza di un tu a cui fare riferimento.
Sono stata colpita da come i registi abbiano hanno trasmesso l'emozione, la fragilità e questa profonda solitudine nel vivere situazioni così difficili. Mi sono sentita coinvolta dall'emozione di queste ragazze in situazioni difficili, però in un'esperienza forte di cambiamento, di responsabilità come quella di una nuova vita, di una maternità vissuta di colpo nella solitudine di un'età poco più che adolescenziale e in un contesto così difficile. Però c'è un segnale forte, condiviso, di speranza nella rete, nell'affetto, nell'aiuto che si deve dare e che salva queste ragazze.
Io invece ho colto come problema la mancanza di emozione. Mi ha colpito che le ragazze sono rappresentate in modo molto determinato: crisi di panico, disperazione di mancanza, tutto espresso bene dal punto di vista della rappresentazione. Però io ho colto come se non riuscissero a identificare quali erano le emozioni. Mi ha colpito il dialogo dei due ragazzi in cui la ragazza esprime in modo molto chiaro che di fronte alla delusione della realtà tutto diventa falso e l'unica cosa vera è quel corpo uscito dal proprio corpo (uno dei momenti più profondi e più significativi delle storie). Mi ha colpito moltissimo. La 'vera' verità è qualcosa di inaspettato, di inimmaginabile. Quella è l'unica possibilità della 'vera' verità.
Man mano che sono raccontate le storie si coglie l'assenza di una famiglia. Mettiamoci nelle condizioni al contrario: all'improvviso da ragazzi viene fuori un figlio. Le famiglie si allertano, a volte si urtano, si disperano, ma poi c'è la famiglia, perché arriva un nuovo bimbo. Qui c'è l'assoluta assenza di una famiglia. Quando nasce un bimbo, una bimba è una gioia infinita che ti danno quegli occhi (lo sto vivendo da pochi mesi): manca la famiglia! E ci sono invece i servizi sociali, ma stiamo in Belgio. Però questo sembra un servizio fatto bene, con dolcezza, con sapienza, che cura in una situazione critica, ma c'è l'assenza di una vera famiglia dietro.
È la rappresentazione di una società in cui la famiglia non è più il fondamento della società.
Ho l'impressione che questo aspetto sia laterale: mi ha colpito però che nelle ragazze con storie di mancanza di famiglia c'era il desiderio disperato, disperato di creare una famiglia. Anche attraverso l'affidamento, per una storia tragica di mancanza assoluta, il desiderio era di dare al figlio quello che non aveva lei.
Oppure evitare al figlio quello che uno ha vissuto.
Società senza famiglia; ma è bello vedere che quel desiderio di quel nucleo è insito in ciascuno: fa parte del desiderio delle persone avere un luogo. Noi come possiamo immedesimarci in una società così? Non siamo così! Però mi colpisce che in una società descritta così, chi resiste? Non quelli che hanno il ricordo della famiglia tradizionale, ma persone che non l'hanno avuta e che la desiderano. E' interessante perché è il risvolto positivo. Lì è la speranza che si vede, si tocca rispetto al disastro degli adulti.
Io ho visto questo film dalle prime scene come se stessi su una corda, con una tensione interiore: sembrava che da un momento all'altro le protagoniste dovesse fare un gesto tragico; ho sopportato tutto il film con questa sorta di ansia interiore che per fortuna non è arrivata. Gli attori recitano bene quando il regista è bravo. C'è poco da fare. Una notazione su chi ha detto che quando nasce un bambino è una gioia. Questa è l'idea che abbiamo noi delle nascite ma così non è purtroppo. "Quando mi tenevi in braccio che cosa sentivi? Perché io vorrei sentire qualcosa ma non sento niente". E questo succede e le conseguenze sono drammatiche se non c'è un supporto dietro. Queste ragazze hanno una fortuna perché vivono in questo contesto di casa famiglia che funziona (non è sempre così). Le disgrazie sono nate dalla miseria: la ferocia dei sentimenti che dimostrano nasce dalla miseria. "Non voglio che tu abbia la stessa mia povertà per questo ti affido": la scena più bella in assoluto è quando c'è il bambino in affido e il bambino sorride: è stato per me la scena più dilaniante di tutti i film.
È un film meraviglioso: è la realtà, l'amore primitivo, primario; bravissimi ad andare oltre il concetto di istinto materno con una critica attenta perché non è così scontato l'istinto materno. Laddove nelle esperienze personali ci sono traumi nell'accudimento e nell'attaccamento, è facilissimo che si possano ripetere perché i traumi si ripetono di generazione in generazione e anche involontariamente a prescindere dall'amore per il figlio che appunto non è così scontato. La speranza c'è laddove c'è la possibilità di un recupero che non sarà mai ottimale (restano traumatizzate) però il sorriso della bambina ci dice che tante volte questo quell'atto dolorosissimo e innaturale di affido può essere la soluzione migliore possibile per evitare che si riproponga il trauma. È inevitabile che le depressioni perinatali portano a ripetere stati depressivi: è un film didattico ma altrettanto in grado di colpire al cuore è un film sulla maternità.