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C'ERA UNA VOLTA MIA MADRE regia di Ken Scott

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Invia una mail all'autore del commento cinemaincompagn     8½ / 10  12/12/2025 11:12:01 » Rispondi
COMMENTI
Buonasera.
Sicuramente ben fatto, tecnicamente è di un bel livello, anche la ricostruzione, tutti gli oggetti anni 60-70, le musiche che accompagnano il film dall'inizio alla fine sono un'interpretazione, però c'è qualcosa che non mi convince.
È un prodotto accattivante, fatto molto per piacere.
Io vengo a cinema per essere sedotto a livello di storia; questo mi lascia un po' così. Manca la magia del cinema, non c'è la scintilla che dice: "sono andato a cinema". Abbiamo visto insieme "Giovani madri": quello è un film che colpisce, la cinematografia in quel film attraverso l'obiettivo sono riusciti a dare un'immagine tipo Ken Loach, cioè un'immagine realistica del vivere, di quello che accade, il cinema è anche quello. Questa commedia non mi ha preso.
Facendo un confronto, dico che questo è l'esatto contrario del film "Giovani madri"; abbiamo commentato che sembrava la descrizione di una società in cui la famiglia non esisteva e tutto era basato sui servizi sociali, sulla comunità che fa crescere figli e persone. Qua è esattamente il contrario: la centralità totale è la famiglia. In entrambi i film la figura del padre è un pò emarginata, quasi inesistente, ma perché doveva emergere il vulcano Esther.
A me il film è piaciuto: è una narrazione di sè stessi, anche con la voce fuoricampo che predomina in tutto il film. Paradossalmente, anche se è la formula di una favola, è il racconto di una storia vera. Ho percepito che, come per tutte le storie vere, non è, dal punto di vista cinematografico, esplosivo.
Mi ha emozionato molto questo grande amore di mamma per il figlio che supera il miracolo. Sembra quasi una favola, non sembra neanche reale. Bello, bello. Mi ha anche emozionato.
Il film è un film bello, si lascia vedere, ha un bel ritmo, ha una bella musica, però il cinema deve emozionare e questo non è un film emozionante, è un film piacevole, ma il cinema è altra cosa. Il cinema è una fotografia che ti lascia senza fiato e questo film non ha una bellissima fotografia. Avremmo potuto vederlo anche in tv, sul divano. È piacevole, piacevole perché tocca i sentimenti. È un racconto di vita vissuta; quando si racconta una vita da bambino appena nato fino a quando diventa adulto e con una mamma così vulcanica e dal giudizio non certo, perché bella, presente, ha fatto il miracolo, ma al contempo invadente, pervasiva e insopportabile. Un po' scontata la narrazione. Però il cinema che piace a me è quello che ti emoziona anche con pochi dialoghi fatti bene, ma con una bella inquadratura, con un racconto particolare, con sentimenti toccati e illuminati con una luce diversa. Questo era abbastanza banale, però entusiasmante, al contempo.
Mi ha ricordato un film ironico e divertente però profondo; un inno alla donna. Ricordo "La vita è bella" che quando uscì molta gente delusa perché pensava di vedere il Benigni comico; ha vinto Oscar ed ora è uno dei film più visti, Anche questo film è divertente, ironico, simpatico, accattivante, però trasmette un segnale molto profondo, un messaggio molto forte: la donna è sempre e lo è anche oggi una persona fondamentale in quella che è la crescita o la convivenza con un uomo. Per cui a me è piaciuto tanto, poi se è un po' divertente non è una pochezza.
La storia non la si può contraddire perché è una storia vera, però penso un limite del cinema francese: è una storia molto drammatica perché questo percorso che dura anni, il rapporto con la madre, il mancato rapporto con il padre. tante cose drammatiche che vengono trasformate in commedia, attitudine dei film francesi.
Io volevo ricollegarmi al concetto di famiglia, chiedendo una riflessione: dal mio punto di vista il concetto di famiglia si estrinseca più nella seconda parte. Nella prima parte, nella famiglia di Perez, nel rapporto conflittuale con i propri figli, non vedo una famiglia perché in realtà la figura predominante è sempre lei: il marito non esiste, gli altri figli non hanno una storia all'interno della narrazione. Credo che c'è una linea di demarcazione precisa. La famiglia c'è invece nella seconda, forse.
Non sono d'accordo sul fatto che la famiglia nella prima parte: Il modo con cui il bambino è uscito dalla sua bolla chiusa è per la compagnia ed il sostegno dei fratelli. Mi sembra coerente con la cultura ebraica: nella famiglia accade tutto. E si fanno figli perché la famiglia sia una comunità. Io ho colto la famiglia tradizionale nella prima parte e la famiglia moderna nella seconda, dove scomparendo la moglie-mamma i figli se la prendono col padre. Si può commentare un'evoluzione della famiglia da un tipo di legame tradizionale ad un altro tipo in cui i legami non sono dati per scontati ma devono essere trovati. Tant'è vero che i figli si rappacificano davanti alla tomba. È come se la famiglia, entrata in crisi, ha bisogno di essere rigenerata dalle esperienze personali.
Negli anni Sessanta c'era la famiglia di riferimento. Poi dopo, quando muore la moglie, i figli si rivoltano contro, specchio della società di oggi. Segue un po' anche i tempi: gli anni Novanta.
Non si capisce il motivo perché si mettono contro il padre, i figli. Che cosa aveva fatto per essere trattato così dai figli? …
… va dallo psicologo e chiarisce i suoi motivi interiori: la madre governava tutta la famiglia e lui era sempre un po' più assente, anche se presente. Presente e assente: "io non ho mai preso decisioni". Questo film ha un'alta considerazione psicologica: uno scambio di ruoli tra padre e madre: un padre che non esiste perché la madre ha deciso che non esiste. Sono scene molto belle (lui che recupera il padre) molto sottile, bisogna vederlo da tanti punti di vista.
Che i figli si scocciano della madre molte volte accade quando i genitori, le mamme sono molto protettive: è molto realistico.
In una intervista per Vanity Fair, Paolo Ruffini, ha citato questa poesia del Prefetto di Roma Lamberto Giannini; mi sembra coerente con un tema del film: una sorta di conflitto tra Dio e la madre.
"Quando morirò non voglio trovare un Dio estraneo che mi accoglie, ma voglio la mia mamma. Sarebbe una delusione se trovassi il paradiso. Io vorrei trovare le tue braccia che mi stringono e appoggiare la mia testa sul tuo seno perché soltanto in quei momenti non avevo paura. Se sapessi che anche solo per un attimo potrei rivivere un momento come quello, mi sentirei sicuro e forte e non avrei più paura della morte perché un Dio dovrebbe abbracciare troppe persone, ma una madre soltanto i figli." (Prefetto di Roma Lamberto Giannini)
È interessante riflettere su questa definizione di un Dio che non può arrivare fino a essere l'essenza, il motivo della vita reale come quello di una mamma. La religiosità rappresentata era un po' paradossalmente comica, non è una religiosità che fonda una vita di fede, descritta come l'illusione di un intervento che risponda a quello che è il mio bisogno. Non è un qualcuno che sta a fianco.
Grazie.
Commento pervenuto in chat
L'ho trovato un film valido e rispettabile, con interpretazioni convincenti e una confezione estetica curata. Il bilanciamento tra momenti leggeri e drammatici funziona bene, soprattutto nella prima parte, ma nel complesso alla pellicola manca quel guizzo capace di rapire lo spettatore.