AleWiseGuy 8½ / 10 10/11/2025 00:06:34 » Rispondi Ray vive in solitudine nella foresta da più di vent'anni, ma a guardare bene ci sono alcuni compagni invisibili con lui: sensi di colpa, blocchi emotivi, traumi. La sua espiazione è l'isolamento, la fuga da tutto, cercando di gettare nell'oblio ricordi e legami per proteggersi dal dolore. Solo la visita inaspettata del fratello sarà capace di rompere la corazza e di riaccendere il moto degli eventi.
Daniel Day-Lewis, dopo anni di volontaria assenza alle scene, ci regala un'altra interpretazione gigantesca, alla quale però siamo in qualche modo abituati. La vera sorpresa è la regia del figlio Ronan, che ci delizia non solo con panorami mozzafiato e musiche ricche di pathos, ma è capace di far parlare i silenzi, creando atmosfere di sospensione e vigile attesa. Un linguaggio fatto apparentemente di tempi lenti, in cui però si nota una certa maturità nel saper legare le scene con stacchi fluidi e ritmati. Il giovane Day-Lewis si prende i tempi giusti e conferisce profondità e valore al film, utilizzando riprese dall'alto e panoramiche all'indietro per favorire il senso di angoscia e lo straniamento. Il suo è anche un linguaggio narrativo costellato di trovate onirico-simboliche molto efficaci:
la violentissima grandinata, in cui le grandi sfere di ghiaccio spezzano le ultime resistenze interiori di Ray; l'enorme pesce morto che scorre nel fiume, come un senso di colpa che si disperde lentamente nei flutti; l'essere luminoso notturno, forse a rappresentare l'anima del figlio Brian che silenziosamente chiama a sè il padre.
Anemone è la storia di un sofferto ritorno a casa, con la consapevolezza che per uscire dall'alienazione e dalla sofferenza sia in qualche modo necessario un autentico, continuo e coraggioso superamento delle proprie barriere interiori.