Gabe 182 7 / 10 01/08/2025 01:55:25 » Rispondi Ho visto il remake americano prima dell'originale, sono molto simili, quello americano potrebbe risultare meno cattivo rispetto a questo firmato Tafdrup. Con Speak No Evil, il regista danese Christian Tafdrup costruisce un'opera di disturbante precisione, che lavora a bassa intensità per quasi tutta la sua durata, per poi colpire con un finale di rara brutalità. È un film che analizza con freddezza chirurgica le dinamiche dell'educazione borghese, l'inazione morale e la fragilità del vivere civile, e lo fa scegliendo una forma rigorosa, essenziale, priva di sbavature visive. La struttura narrativa si regge su un crescendo di micro-trasgressioni quotidiane: piccoli gesti sgarbati, richieste inappropriate, un tono che devia appena dal convenzionale. L'equilibrio fra le due coppie (gli ospiti danesi e gli ospitanti olandesi) si incrina lentamente, ma mai abbastanza da giustificare una reazione. È proprio in questa zona grigia che il film lavora meglio: il disagio cresce perché non c'è mai una soglia esplicita da superare, e la tensione si accumula per via della continua auto-censura dei protagonisti. Le interpretazioni sono un punto di forza centrale. Morten Burian (Bjørn) offre una performance trattenuta e credibile, in perfetta sintonia con il personaggio di un uomo paralizzato dall'insicurezza morale. Sidsel Siem Koch (Louise) riesce a rendere tangibile il disagio e la frustrazione della madre, mentre Fedja van Huêt e Karina Smulders, nei panni della coppia olandese, dosano ambiguità e inquietudine con grande misura. È anche grazie a loro se le dinamiche tra i personaggi mantengono un livello di tensione costante senza mai scadere nel grottesco. Tafdrup evita qualsiasi registro apertamente horror per gran parte del film, affidandosi invece a una regia sobria e a una fotografia naturale, quasi anonima, che sottolinea la quotidianità della violenza latente. È una scelta stilistica consapevole che paga soprattutto nel finale, dove l'orrore, finalmente esplicitato, arriva come uno schiaffo. La sequenza conclusiva è crudele, glaciale, e proprio per questo incredibilmente efficace. Non cerca la spettacolarizzazione, ma colpisce con una freddezza che lascia il segno. È lì che il film mostra il suo vero volto, senza pietà, senza retorica. E funziona. Nonostante alcune rigidità nella scrittura (i protagonisti sono eccessivamente passivi, a tratti poco credibili) e un ritmo che richiede pazienza, Speak No Evil si distingue per coerenza stilistica e lucidità tematica. È un film scomodo, disturbante non per ciò che mostra, ma per ciò che lascia supporre fino all'ultimo. Il suo finale brutale ne è il culmine logico e il suo colpo migliore.