Mauro@Lanari 5 / 10 26/07/2025 18:27:38 » Rispondi Darwin estese le osservazioni compiute alle Galapagos su flora e fauna non solo a botanica e zoologia ma pure all'antropologia, applicandovi l'evoluzionismo e la selezione naturale con l'idea spenceriana di sopravvivenza del più adatto ("fittest"). Spencerismo o darwinismo sociale che sia (la seconda espressione fu coniata in chiave critica circa vent'anni dopo "L'origine delle specie" del 1859, dal giurista anglo-irlandese Joseph Fisher nel 1877 e dal giornalista anarchico francese Émile Gautier nel 1879), quest'approccio ha fornito alle dinamiche conflittuali umane una spiegazione più efficace, convincent'e parsimoniosa di quella elaborata da Marx ed Engels: le nostre comunità non fanno eccezione alla piramide (catena) alimentare dove pesce grosso mangia pesce piccolo. In seguito s'è dimostrata l'effettiva realtà anche ominide di tale piramide di sopruso, sopraffazione, sfruttamento, parassitismo, predatorietà, vessazione con lo schema Ponzi del 1920. Un paio d'ipotesi in parte non soltanto mie (Vittorio Renzi, Claudio Gargano): 1) Howard è stato indotto a questo film, il cui working title era proprio "Origin of Species", poiché la vittoria per la fitness maggiore va alla famiglia piccoloborghese, erede degl'eroi di "Tredici vite", e non a misantropi emuli di Nietzsche e Schopenhauer o allo spregiudicato rampantismo d'una prostituta falsoaristocratica; infatti è la trasposizione cinematografica del memoir di Margret Wittmer e non di quello di Dore Strauch, la compagna di Ritter; 2) il mensano (amico di Rask?) ex missino e laurea in teologia Giulio Base, nuovo direttore del TFF, l'ha selezionato come programmatica opera d'apertura poiché ne sottoscrive la tesi: Ritter ed Eloise sono luciferini nell'hybris, mentre i Wittmer sono gl'Adamo ed Eva postlapsari ch'accettano la condanna pur di sopravvivere. Sarebbe stato più potente se diretto da Herzog o Trier, più brutale se girato da Tarantino o Winding Refn, più desolato se firmato da Malick o Weir, più sovversivo se realizzato da Boorman o Peckinpah, ma non ha null'a che fare né con loro né con "Cast Away" (Zemeckis 2000) o "Paradiso Amaro" (Payne 2011). L'ex "Happy Days" confeziona un biopic crudo nei limiti d'Hollywood, subdolamente didascalico, abbastanza squallido nell'ideologia, proponendo se stesso a modello.