C'è impegno, sicuramente, c'è originalità, sicuramente, ma non posso far altro che prendere le distanze da un film che sottende un messaggio ultra-nichilista e così pessimisticamente drastico da risultare addirittura involontariamente ridicolo, a tratti patetico nella sua pretesa di convincere. Mi ricorda il "ricordati che devi morire...." L'amore non esiste; è un fremito, volto esclusivamente alla prolificazione, ma nulla di più – tutto si riduce ad un'alleanza tacita (amicizia sarebbe persino una parola troppo grossa) di padre e madre, ai fini dell'allevamento della prole. Non c'è amore nemmeno tra i genitori e figli. E appunto un semplice obbedire ad un obbligo naturale di allevare la prole. Andare ad abitare in una paesino anonimo dove tutte le case sono uguali alle altre, tutte perfettamente anonime – disegnate per essere perfette ed accoglienti, ma di fatto prive di colore e di emozioni. Loculi nei quali intombarsi e vivere una vita fintamente perfetta ma morta, obbedendo alle regole "imposte" dalla società – o forse ancora da più in alto, dalla natura umana. Sì perché questo pessimismo mi sembra vada oltre il campo etico e sociale, è un pessimismo assoluto, cosmico, "naturale". Infatti, esso invade anche la sfera famigliare – distruggendo di fatto il legame genitori – figli: i genitori non riconoscono come loro quel bambino, così diverso da quel pargoletto che probabilmente sognavano nei loro più dolci sogni – no, egli è diverso, quasi non appartenesse a loro. E' nato da una scatola. "Io non sono tua madre" continua a ripetere la donna al bambino. Ed egli cresce in frettissima – perché quando hai un figlio, il tempo cambia. Inizia a correre più veloce, non hai più tempo per te, sembra che la sabbia nella clessidra inizi a scorrere più velocemente e non la fermi più. E ciò non comporta miglioramenti nel rapporto col figlio: due mondi completamente non-comunicanti, due comparti stagni. La musica, i film, tutto ciò che piace al figlio è incomprensibile ai genitori (metaforicamente rappresentato dai simboli alieni in tv). E nel villaggio non ci sono vicini, non c'è nessuno – sì perché quando si ha una famiglia, l'intero mondo "esterno" muore, si smette di frequentare amici e società e non ci si accorge nemmeno più dell'esistenza di altre persone, diventano tutti inesistenti. L'unica via d'uscita? Scavare una buca. Lavoro inutile, ma mantiene la speranza che ci sia una fine, uno scopo, una meta da raggiungere – una liberazione finale. Ma non c'è. La buca serve per essere buttati dentro e sotterrati, quando – da anziani – non serviranno più. In sostanza, i genitori si stanno scavando la fossa da soli. E saranno liberi davvero solo quando il figlio se ne andrà nel mondo - ma liberi di far che cosa? Liberi di fiinire nella fossa, che tanto non servono più a niente.
Ecco, quando dico che questo film è talmente convinto da risultar ridicolo, è questo che intendo: questa conscia demolizione della famiglia come nucleo sociale a quale soluzione ci dovrebbe portare? Alla fossa, come il padre e la madre? O alla scelta di auto-estinguerci?! Voglio dire, è per forza un vicolo cieco. Se pensiamo che il film ha torto marcio, è da buttar nella fossa. Se invece il film ha ragione, è comunque da buttar nella fossa.