Jolly Roger 6 / 10 06/12/2024 10:26:57 » Rispondi Praticamente è il secondo tempo del primo film. Non cambia nulla, medesima location, ma proprio stesso portone e medesime stanze, stesse inquadrature in notturna, stesse telecamere fisse peraltro poste negli stessi punti del primo film. Ma le manifestazioni paranormali sono ancor più esagerate, direi proprio tamarre. Si questi sono proprio spiritelli tamarri, di quelli che in montagna scendono dalla macchina, bivaccano e accendono lo stereo a tutto volume.
Si finisce, come nel primo film, per bucare la sospensione dell'incredulità, con il risultato che tutto è poco spaventevole, l'immedesimazione risulta compromessa e si sfiora il ridicolo involontario.
ESP 2 parte dal primo film, che si scopre essere stato venduto come documento reale e non come un film. Esattamente come ai tempi cercarono di spacciare The Blair WItch Project, ovvero non come film, ma come un reale found footage. E ricordo, davvero, ai tempi c'erano persona che pensavano che TBWP fosse DAVVERO un documentario ritrovato nei boschi. E da qui parte il secondo ESP, cioè: film spacciato per documentario reale, la gente pensa che sia in realtà un film, ma un giovane regista non ci crede, ritenendolo vero. Mo è abbastanza piaciuta questa prima parte, lenta, ma interessante perché preparatoria, in cui il giovane regista ed i suoi amici si documentano sul primo film, fanno ricerche ed interviste, cercano gli attori (ma non li trovano, pare che siano svaniti….). Fino a che decidono di andare a vedere di persona – e da lì in poi il film diventa sciocco come il primo, con il difetto però di esserne la copia. La sufficienza se la becca comunque per due ragioni:
il ritrovamento del protagonista del primo film, che ha vissuto 9 anni nel manicomio mangiando topi e bevendo l'acqua dei cessi. Ormai è naturalmente fuori di testa ma tutto sommato il suo ruolo è abbastanza credibile e funzionale alla trama. Poi, il finale merita. Il giovane regista che uccide la propria attrice a colpi di telecamera, una scena peraltro violentissima.
Nel finale, il produttore esclude esplicitamente, questa volta, che si tratti di un documentario reale e confessa che si tratta di un film. Ma lo sguardo truce da psicopaitico del giovane regista sembra sconfessarlo. Inutile chiedersi quale sia il senso di questa cosa, cioè se intendano dire che sia falso perché in realtà è vero, oppure il contrario. La verità è che un finale così non ha alcun senso, è semplicemente un divertissement del regista.
Alto pregio che mi ha convinto della sufficienza è una certa dose di autoironia (peraltro, in linea con quanto descritto in spoiler)