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ABIGAIL (2024) regia di Matt Bettinelli, OlpinTyler Gillett

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Elfo Scuro     7½ / 10  29/05/2024 04:23:10 » Rispondi
Divertentemente grottesco, sanguinolento al punto giusto, fuori testa in più aspetti ma in particolare legato ai classici del genere che rappresenta. Se l'horror americano mainstream (di buona fattura) ormai ha una sua chiara impronta carismatica (e pazza nelle citazioni) porta una sola e unica effige, ed è quella del circolo di artisti usciti fuori dalla gavetta V/H/S. Il collettivo Radio Silence, nel dettaglio Matt Bettinelli-Olpin & Tyler Gillett, dopo il dittico dedicato al rinato "Scream" ritorna sui suoi passi giocando al di fuori del contesto meta-cinematofrafico Craveniano. La linea che divide il lavoro precedente "Ready or Not" con "Abigail" è davvero sottile (anzi la "casa che grondava sangue" come luogo misteriosa degli eventi è pressoché la stessa), anzi ne è quasi una riproposizione ma con variazioni delle tematiche centrali ma che alla fine portano alla stessa conclusione: fare cinema di genere sregolato e sboccatamente sfacciato senza però soffermarsi, con seriosità, sui cliché che ne regolano il canovaccio narrativo, ormai rodatissimo. Per questo soggetto Guy Busick (scritto assieme a Stephen Shields) opta per la fusione del vampirismo legato al sempreverde "Dieci piccoli indiani" di Agatha Christie, mettendoci secchiate di sangue esplosivo, doppi colpi di scena e personaggi sopra le righe quanto bastano, per creare un giusto collettivo che non annoia di certo. La scelta di caratteristi come Dan Stevens (sempre in forma e pure citazionista nel nome Adam [Wingard] [Simon] Barrett), Giancarlo Esposito, Matthew Goode e Kevin Durand uniti a nuovi volti in rampa di lancio come: Melissa Barrera (che i registi si sono portati dietro dalla saga di Ghostface), una folgorante Alisha Weir, Kathryn Newton (il suo bagno di cadaveri è uno spiccato omaggio a Dario Argento) e Angus Cloud (purtroppo suo ultimo film) vale la candela grazie all'ottima complicità di scrittura e interpreti. Il vampirismo viene suggerito quanto basta (anche nella veste classica della Hammer), già la figura della bambina rimanda di certo a quel filmone di "Låt den rätte komma" di Tomas Alfredson, scevra però del romanticismo scandinavo e ammantata dalla pura violenza bestiale, a cui si possono associare quelli di Carpenter o anche alla "30 Giorni di Buio". I sequestratori (o ratti) che cadono uno dopo l'altro come tessere del domino funzionano sempre, del resto Christie in questo è stata maestra, anche perché accomunati da un passato che li lega saldamente alla carneficina che stanno vivendo, in questo aprirei una parentesi perché l'omaggio anche a "Nella mente del serial killer" di Renny Harlin uscito giusto giusto vent'anni fa risulta l'archetipo per lo scenario proposto. Il cinema dei Radio Silence ormai è impostato sulla propria natura, in cui quel corto uscito per la raccolta V/H/S risulta sempre più un manifesto della loro bravura dentro al genere che vogliono toccare, senza mai tirarsi indietro pure in scelte che a molti (me non di sicuro) possono far storcere il naso per la loro anticonvenzionalità.