Thorondir 8 / 10 13/05/2024 17:43:52 » Rispondi Questo film mi ha ricordato un altro grandioso film sul tema omosessualità, "Great Freedom" dell'austriaco Meise: sono entrambi film che parlano dell'argomento guardandolo però dal lato dell'esclusione. Inutile girarci attorno: anche se oggi l'omosessualità è vissuta più liberamente che in passato continua a persistere lo stigma, la paura, l'esclusione sociale e a volte l'autoesclusione. Se "Great Freedom" raccontava una storia d'amore nella Germania postnazista dove però le leggi naziste sull'omosessualità furono tenute in vigore (come a dire, i nazisti sbagliavano su tutto, ma non con gli omosessuali...) e se quindi lì l'esclusione era tema prettamente politico-sociale, qui Andrew Haigh racconta la storia di un uomo, Adam, che per via del suo orientamento sessuale ha attraversato un cammino di vita complicato. A ciò si aggiunge il dolore per non essere riuscito a comunicare il proprio io ai genitori, morti prematuramente: il film è quindi una sorta di diario immaginario di Adam, in costante contatto con la morte e i morti, vecchi (e poi nuovi). Un film che lavora totalmente in sottrazione (poche ambientazioni, utilizzo soffuso di un tappeto sonoro minimale, pochi attori) per raccontare però la vita sopra i massimi sistemi, il sogno come evasione dalla realtà di segregazione e autosegragazione (quel palazzo sembra a tutti gli effetti una prigione) per l'esplorazione di realtà impossibili. Quei tormenti interiori inesplicati che restano a pesare sul cuore costantemente, anche a distanza di decenni. Si sente l'urgenza espositiva e comunicativa di Haigh (anch'egli omosessuale), si sente la volontà pregnante di raccontare questa storia come una potenziale storia universale. Ne viene fuori un film decisamente riuscito, capace di parlare un linguaggio moderno ma dentro i ritmi di un cinema del tutto personale (gestione dei tempi e dei temi che richiama il precedente "45 anni"). Peccato per quella scivolata sulla scena della discoteca che per uso della fotografia e ambientazione-narrazione è un qualcosa di già visto e che fa scadere il film nell'ambito del clichè (vedi droghe e alcol) fino a quel momento ben evitato (in un tipo di cinema che è sempre in bilico nel lasciarsi andare al cliché).