Thorondir 8 / 10 27/03/2024 11:35:40 » Rispondi Mi dispiace, questo commento solleverà polemiche, ma qui siamo di fronte ad uno di quei classici film che se non si possiedono determinati strumenti analitico-cinematografici non si può apprezzare. "Lento", "noioso", "non succede nulla" non sono un'analisi critica per un'opera così complessa.
Haynes con "May December" affronta nuovamente un tema disturbante nell'ambito dell'alta borghesia statunitense, questa volta una relazione tra una donna con il triplo degli anni dell'uomo. Non sappiamo però come siano veramente andate le cose (qualcosa si capirà durante lo sviluppo) ma il focus è proprio su questo: la possibilità di catturare il reale. E non è un caso che il personaggio detective-attrice è appunto un'attrice, essendo il ruolo dell'attore quello di rimettere in scena la realtà, modellarla, tradirla, dissimularla, reinventarla, reinterpretarla. Tra il personaggio della Portman e quello della Moore esiste una palese attrazione emulativa (della prima rispetto alla seconda) in un richiamo (peraltro dichiarato da Haynes) a "Persona" di Bergman. Le due protagoniste sono, almeno apparentemente, donne che si specchiano tra di loro (quante scene con gli specchi si potrebbero citare? Per non parlare dello specchio-cornice della quarta parete, spesso attraversata). Il tentativo di Elizabeth di ricostruire l'accaduto per comprendere tutte le sfaccettature del personaggio dentro cui dovrà entrare è quello dei media (e non è forse un media anche il cinema qui rappresentato da un'attrice?) quando cercano di entrare nel privato più intimo dei carnefici, in una "ricerca della verità" che spesso è solo voyeurismo scandalistico e che quasi sempre lascia in secondo piano le vittime. E non è un caso che la vittima, perché di questo si tratta, venga lasciata in disparte per gran parte del film: quello che ormai è uomo ma che rimane crisalide, che non ha mai sperimentato uno spinello contrariamente a suo figlio, che fa sesso solo per scoprire che "è ciò che fanno gli adulti", come se lui non fosse ancora veramente tale, intrappolato dentro quel passato di bambino cresciuto troppo in fretta e da cui non può realmente fuggire. La rappresentazione della realtà è incatturabile, costantemente dissimulata dal cinema e dagli attori (come dice la Portman agli studenti, le scene di sesso sono finte ma anche quando si finisce per provare piacere perfino la troupe che è lì non può sapere la verità).
Un film d'incastri, rappresentazioni e falsificazioni, psicologia e rimossi, che parla ad un pubblico prettamente cinefilo: un'opera che non ha mai intenzione di didascalizzarsi spiegando ed esplicitando, ma che invita lo spettatore a farsi personaggio dentro la vicenda. Voyeur che vuole sapere dell'intimità altrui.