Thorondir 7½ / 10 19/12/2023 12:23:15 » Rispondi Dopo "Blackhat" Mann torna a muoversi fuori dagli Usa e lo fa con un film accarezzato e voluto da decenni. Il suo "Ferrari" non è (e non poteva essere altrimenti) un semplice e banale biopic riepilogativo della vita di Enzo Ferrari: è un cupissimo film sulla morte, la perdita, la sconfitta che colpiscono anche i più "grandi", quelli che mai ci si aspetterebbe alle prese con le difficoltà più nere della vita. E invece Mann decide di raccontare il matrimonio ormai defunto di Ferrari (verso cui è rivolto l'unico sparo del film, di un regista che invece ha sempre fatto sparare molto i suoi personaggi), la storia parallela con un figlio che non ha il cognome di suo padre, le sconfitte umane e sportive dei suoi piloti, "mandati a morire" dal cinico Ferrari. Riferimenti continui alla sconfitta (nel più ampio senso del termine), alla morte, alla mancanza, al fallimento (finanche societario-finanziario): Ferrari è ingabbiato da se stesso, da una mascolinità superflua, poi puntualmente salvata dalla moglie rinnegata. Ci sono momenti in cui si percepisce un Mann forse non totalmente a suo agio all'interno di un mondo cinematografico/estetico che non è propriamente il suo: ma nello stile, nella poetica, nell'oscurità crepuscolare, nel racconto del fallimento e della morte e non della vittoria e della gloria, sta la forza di un altro grande lavoro di un regista tra i più importanti e innovativi degli ultimi 40 anni.