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GORBACIOF regia di Stefano Incerti

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kafka62     6 / 10  09/03/2018 12:05:21 » Rispondi
La giacca troppo stretta, l'andatura ciondolante, la fronte macchiata da una grossa voglia e senza capelli, che cadono invece lunghi e trasandati sulla nuca: questo è Gorbaciof, l'ultima "maschera" del più trasformista degli attori italiani, Toni Servillo. Tutto il film è al suo servizio, talmente fagocitato dalla sua eccezionale mimica e dalla sua camaleontica bravura da non aver quasi bisogno di parole (i primi 15 minuti sono addirittura muti, e anche la storia d'amore di Gorbaciof con la ragazza cinese, che non capisce l'italiano, è un ottimo pretesto per privilegiare i gesti e le espressioni facciali). Persino Napoli, la Napoli che è la vera protagonista dei film di Martone e di Capuano, rimane sullo sfondo: la sordida vicenda di soldi rubati, strozzini e gioco d'azzardo potrebbe essere ambientata nella Helsinki di Kaurismaki, e il senso del film non cambierebbe poi molto. "Gorbaciof", infatti, mette in scena una tragedia universale, senza tempo né luogo, ossia l'esistenza di uno sconfitto, di un reietto, di un misantropo arido e insignificante che l'amore per una ragazza illumina inaspettatamente di una nuova prospettiva, tanto da fargli sognare una nuova vita, in un'altra parte del mondo. Ma l'illusione della palingenesi è destinata a frantumarsi, a trasformarsi in beffa atroce, in scherzo del destino, e il sogno si spegne mestamente in un ultimo frammento di desiderio negli occhi del protagonista morente (un po' come accadeva in "Monsieur Hire" di Leconte), mentre la ragazza cinese lo sta aspettando all'aeroporto pronta a partire con lui. E' un eroe tragico, quindi, il Gorbaciof di Servillo, il quale riscatta in un sussulto di umanità quella laidezza che trasuda dal personaggio e che rimanda al Geremia de "L'amico di famiglia" di Paolo Sorrentino. Ma è "Le conseguenze dell'amore", sempre di Sorrentino, il maggiore punto di riferimento della pellicola di Stefano Incerti, ed è anche il suo maggiore limite, perché il soggetto ricalca troppo (compreso il beffardo e casuale incidente finale in automobile) quello del film che sei anni fa aveva rivelato proprio Toni Servillo al grande pubblico.