speciale la quadrilogia romeriana dei morti viventi - il simbolismo sociologico e politico
al cinemain tvanteprimearchivioserie tvblogtrailerclassifichespecialiregistiattorirecensioniforumfeedmy
Skin Filmscoop in bianco Filmscoop nostalgia
Ciao Paul!
Ricerca veloce:       ricerca avanzatabeta

Il simbolismo sociologico e politico

Land e il capitalismo

Land of the Dead giunge con dieci anni di ritardo sul tabellone di marcia tenuto da Romero per la realizzazione dei suoi primi tre film. Forse anche per questo mostra molto impegno nel ritrarre i notevoli mutamenti intercorsi nel frattempo nel mondo "reale", quello fuori dello schermo di cui i film di Romero sono periodiche, orrorifiche metafore di aggiornamento. Mentre nei film precedenti i personaggi si muovevano reagendo allo sviluppo della trama in sé stessa, lasciando alla simbologia e ad una lettura en contesto i significati politici, in Land la critica di Romero al sistema si alza di tono, assume un ruolo assai meno didascalico, abbandona il livello di lettura metaforico e si spinge fino a disegnare personaggi e influenzare pesantemente lo sviluppo della trama e la psicologia dei protagonisti. Così troviamo frasi sempre più esplicite in bocca ai personaggi, tra cui un Riley che cerca "un mondo senza barriere"; un Kaufman che "non tratta coi terroristi"; una Slack che sentenzia riguardo al "Grande Capo" che "tutto quello che ti bevi, che ti fai, che ti scopi, su cui scommetti, appartiene a lui"; un Cholo che sostiene "l'amore non mi interessa, mi interessano solo i soldi, è tutto quello che voglio." In Land, il micromondo che si è creato nella città assediata dagli zombie ricorda per molti versi la Manhattan di Fuga da New York di Carpenter. Chiusa da fiumi e protetta da un esercito, è un mondo che ha ricostruito le proprie regole ed i propri equilibri. I sopravvissuti sono divisi in classi sociali ben distinte: i ricchi e potenti nel grattacielo di lusso, i poveri e diseredati ammassati nelle strade, distratti da scommesse e droghe, sfruttati dai potenti come vile manodopera. Ovviamente, i potenti detengono il controllo delle forze di polizia, un intero esercito privato che protegge la nuova società dagli zombie che premono dall'esterno e dalle minacce di ribellione "interne" con la medesima spietatezza. Nel micromondo di Land i potenti dominano con il potere del danaro e dello status, appoggiati sulla semplice legge dei fucili. Ma a differenza dei primi due film, in cui le questioni ideologiche erano suggerite, quasi sussurrate allo spettatore, in Day prima e in Land poi esse assumono uno spazio sempre maggiore, ed i personaggi ne escono sempre meno plausibili, sempre più fragili e stereotipi. Così Riley perde parte della sua credibilità con uscite filosofiche, Cholo diventa ridicolo nel suo desiderio di ottenere dei soldi (che non potrebbe comunque spendere da nessuna parte), Kaufman infine è la quintessenza del simbolico, completamente soggetto ad argomenti e stili di pensiero che sembrano usciti da un libro di denuncia della Klein. Il delirante discorso sulla responsabilità che propina ai notabili in un momento di crisi per giustificare le proprie scelte appare un incoerente delirio, grottescamente raffazzonato. Nello stesso filone di scelte simboliche si iscrive la fragile metafora dei fuochi d'artificio che immobilizzavano gli zombie distraendoli mentre i cacciatori ne facevano scempio (con ferocia e modalità identiche a quelle dei saccheggiatori di Dawn). Quando il benzinaio-crociato (ovviamente di colore) li guida al massacro dei ricchi nell'ultima roccaforte umana, i fuochi d'artificio non funzionano più. Gli zombie hanno acquisito la propria coscienza di classe. E non si fanno più ingannare dalle girandole di fuoco nel cielo.

Ma se da un lato queste scelte rendono l'accusa più chiara e risonante, dall'altro l'avventura ne subisce il peso, perdendo freschezza, agilità e verosimiglianza. Ritengo che Night e Dawn siano stati assai più efficaci nel suggerire una critica feroce del razzismo l'uno del consumismo l'altro di quanto Land lo sia oggi nel criticare il capitalismo e l'attuale politica del governo degli USA.

La donna nella serie

Se consideriamo la quadrilogia come un periodico "inserimento" de fenomeno "zombie" in differenti decenni di cultura americana, questi riflettono significativi cambiamenti di costume, perlomeno nella percezione di essi che Romero mostra di avere. Un esempio interessante di questo "aggiornamento" riguarda i personaggi femminili nei quattro diversi film. In Night compaiono tre donne adulte, due più o meno adolescenti ed una donna matura, madre e moglie. Le donne appaiono piuttosto fragili, scosse dall'orrore incombente, in attesa delle decisioni degli uomini che le proteggono o accompagnano. Se hanno un compagno, come Judy e la signora Cooper, dipendono sostanzialmente dalle sue decisioni e scelte, e ad esse si assoggettano. Persino la Cooper, che mostra di avere un carattere forte, segue questo schema comportamentale, protestando con il proprio marito e criticandolo in privato, ma pur sempre rispettandone la priorità nelle decisioni.

Dieci anni più tardi, in Dawn, Francine si mostra fin dalle primissime scene come una donna provata e esausta, ma anche tutt'altro che docile. Sul lavoro contraddice e disobbedisce apertamente al proprio capo, e dopo l'arrivo al centro commerciale impone ai tre uomini che la accompagnano alcune condizioni: vuole partecipare alle decisioni e alle missioni, vuole avere un'arma e vuole imparare a pilotare l'elicottero. Benché di fronte agli zombie Francine rimanga pur sempre la più indifesa e impressionabile, è tutt'altro che sottomessa agli uomini del suo gruppo. Dopo altri otto anni, nel 1985, in Day la protagonista è una donna. Sarah non è solo graziosa, ma anche e soprattutto intelligente e forte. La sua forza, la sua capacità di tenere i nervi saldi e non lasciarsi spegnere dalla soffocante sensazione di assedio che pervade gli abitanti del bunker, la rendono certamente il personaggio più intenso del film. Di fronte agli zombie, ma anche a violenza e crudeltà degli altri esseri umani, Sarah si mostra forte quanto se non più degli uomini che la circondano. Seppure si sforzi sempre, anche di fronte a minacce e pressioni, di cercare di evitare lo scontro e preservare la stabilità del gruppo, quando diventa necessario si mostra capace di usare le armi e intervenire con prontezza e determinazione. Venti anni più tardi, nel 2005, Land ci offre delle donne, come Slack, Prettyboy o Motown, che in nulla si distinguono dagli uomini. Come loro parlano, come loro decidono, come loro combattono e uccidono. La donna nella saga di Romero attraversa il percorso di liberazione del suo genere nell'arco degli ultimi 40 anni: dalla sottomissione alla lotta per l'uguaglianza, dall'uguaglianza all'indifferenziazione.

La contraddizione

Nel finale di Night Ben viene "iconizzato", diventando un simbolo del pregiudizio razziale quando gli uomini dello sceriffo gli sparano credendolo tout-court uno zombie. Questa scena pone la domanda chiave: avrebbero agito così anche se fosse stato un bianco? Non avrebbero cercato di comunicare prima, di accertarsi che non fosse uno zombie? È la stessa domanda che sorge dal comportamento di Cooper: sarebbe stato altrettanto ostile ad un leader bianco? Romero sembra voler solo suggerire queste iniquità, ma al tempo stesso, in modo sottilmente perverso, ci mostra che le scelte fatte da Ben hanno condotto il gruppo alla distruzione, mentre quelle suggerite dall'antipatico, (forse) razzista Cooper lo avrebbero con ogni probabilità salvato. Perché questa contraddizione? Non è peraltro un fatto isolato: in Land, Romero ci mostra degli zombie "evoluti" che marciano contro il simbolo della loro oppressione, il grattacielo nella città degli umani. Li mostra che superano la prigionia dei fuochi d'artificio, come masse di rivoluzionari che sfuggano al controllo delle favole imbonitrici raccontate loro dai media al servizio dei potenti. Li mostra che sparano contro i militari e divorano i ricchi, e infine li mostra allontanarsi, nella parole di Riley, "in cerca di un posto dove stare". Ma tutto ciò è illusorio, fallace: sono zombie, sono morti viventi: il loro status non ha a che vedere con un labelling sociale ma con una aberrazione della natura: il fatto che uno tra essi si sia evoluto e abbia ingaggiato una sorta di crociata vittoriosa contro un simbolico oppressore non li rende in realtà differenti dagli altri zombie che tutto attorno continuano solo a cercare esseri umani da divorare. I poveri della città degli umani, miracolosamente scampati all'attacco degli zombie, appaiono grottescamente ridicoli nella loro meschinità prima, quando erano pronti a vendersi l'anima per scommettere su quale zombie azzannasse per primo una vittima sacrificale gettata in un recinto e altrettanto ridicoli e grotteschi appaiono nella loro ritrovata purezza dopo la "liberazione dal giogo imperialista", quando imbracciano allegramente i fucili e dichiarano di voler costruire un posto migliore, il posto che sognavano. Come se ogni male fosse svanito con Kaufman e la sua limousine. Questa simbologia appare persino ad un occhio ingenuo come estrema, fragile, plastificata e stereotipa. I personaggi appaiono simulacri, irreali, macchiette messe a bella posta per ammaliare e far vivere i sogni e i desideri di ribellione e giustizia dello spettatore, irrimediabilmente finti. Così come l'eroe è ancora e sempre un pistolero, e non a caso nell'ultimo capitolo è per la prima volta un bianco anglosassone, la cui non appartenenza al mondo dei privilegiati è una scelta politica e non più una questione di appartenenza razziale – come era stato invece per tutti gli altri "eroi" dei film della saga. Ed ecco che, come in un gioco di scatole cinesi, lo stesso messaggio critico e rivoluzionario del film sembra esser suggerito quale tripudio di sofisticati fuochi artificiali studiati per far sognare ad occhi aperti lo spettatore no-global.

Insomma Romero sembra da un lato voler denunciare in modo palese e persino demagogico pregiudizi e iniquità della nostra società attraverso la sua metafora orrorifica - e dall'altro in modo sottile, sussurrato (come già lo erano i messaggi di Night e Dawn) proprio la fragilità e la banalità della loro rappresentazione sembrano irridere, svilire le stesse soluzioni che i "metaforici rivoluzionari" dei suoi copioni avanzano. Nell'insieme, il messaggio di Romero resta uno solo e terribilmente pessimista: l'umanità è marcia al suo interno. Le migliori speranze che la animano sono, e restano, poco più che sogni. L'unica cosa reale che ci attende tutti è la decomposizione, di corpi, idee e sogni utopistici. Persino di quelli più cari al regista stesso.


Torna suSpeciale a cura di Stefano Re - aggiornato al 23/06/2006

Speciali Filmscoop.it

La quadrilogia Romeriana
dei Morti Viventi