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(Premessa: ho visto la serie e ne ho scritto queste note "tanto" tempo fa.)
La paura di Rasmus. La stupidità, la leggerezza infantile dei gesti, la timidezza maliziosa, la meraviglia degli occhi. La tenacia di una scritta sul vetro umido, impressa con le dita.
La tenerezza di Benjamin. La dedizione pragmatica, il conforto silenzioso e segreto, la trascuratezza fiera, materna, della propria pena (della propria sieropositività, evidenza taciuta e quasi dimenticata). La resistenza indesiderata del corpo, superflua e crudele, dopo la perdita di Lui.
La voce di Paul. Magnete di cui sono stata l' inseparabile pagliuzza metallica. Personaggio estremamente convenzionale, Paul, se non fosse per quella voce, che mai somiglia alle vestaglie vezzose, ai foulard piumosi della livrea sessuale. E invece sempre s' addice al contegno cavernoso della sua irresistibile ironia.
Il dolore di padri e madri. Immenso ed inutile, egoista e stantio.
L' amore. Una visione estinguibile e indimenticabile, come quella d' una creatura albina.
La malattia. Lo scandalo e il terrore sui giornali, i dati percentuali, gli isterismi collettivi, gli insidiosi colpi di tosse, i presagi bluastri dipinti sulla pelle.
….La morte. …..
La quiete. Una grottesca cartolina proGeova, un funerale kitsch, il passo 21.4 del Libro della rivelazione.