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Pasoliniano sin dalla prima inquadratura (sarà anche per la scelta di una co-produzione italia/ungheria/serba?), che talvolta rimanda anche a certo cinema surreale cecoslovacco. Pare, dall'altra parte, anche un'opera di ispirazione per registi emersi dopo. Si sentono nell'aria anche aromi Greenaway e Kusturica abbastanza evidenti.
Alla lunga, comunque, diventa abbastanza ripetitivo.
Solito cinema italiano intellettualoide, ammuffito e di cattivo gusto così come tirava in quegli anni. Grande sfoggio di decòr e ambientazione ma anche un dialgante senso di sconforto. Stracolmo di nudità, non sempre gratuite se si considera l'intento ribbellistico del film. All'epoca si beccò denuncie su denuncie e venne addirittura sequestrato. Oggi resta ancora uno sgradevolissimo pugno nello stomaco.
Il clima da "scandalo annunciato" credo abbia avuto un ruolo preciso nel successo commerciale di questo film, forse l'unico di Jancso assunto a Culto popolare, e ancora oggi trasmesso nelle tv locali o da qualche emittente privata a tarda sera... un film allegorico sulla degenerazione del Potere, non privo di momenti di alta suggestione e di altri che francamente (volutamente) sono il trionfo del cattivo gusto (certe sequenze orgiastiche che farebbero impallidire il sommo Petronio). Colpisce però la capacità stitlistica dell'autore di rappresentare un Rito, ed è come se ci trovassimo di fronte a un film affine a Greenaway, e alla caciara benevola e stigmatizzata di Kusturika. Curioso