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Non è solo una questione di originalità a renderlo un film perfetto (e uno dei più belli ed incisivi che mi sia capitato di vedere,ed era da troppo tempo che non ne vedevo uno con queste caratteristiche). Arrabal si denuda davanti al pubblico e alla cinepresa,mettendo nell'arte la vita e viceversa. Viva la muerte rimane anche un film originale,chiaramente,e questo contribuisce al risultato finale: con uno stile visivo simile se non uguale spesso a quello dell'amico Jodorowsky,Arrabal se ne allontana e se ne differenzia in maniera decisiva senza perdersi in eccessivi simbolismi (di cui la pellicola è comunque intrisa),rendendo tutta la visione d'insieme sempre coerente. L'alternanza del piano realistico d'ispirazione quasi bunueliana a quello visionario immaginato dal bambino/Arrabal colpisce: per quanto alla fine siano destinati a fondersi tra loro,le scene oniriche sono di una violenza e di un'animalità sempre eccessive come solo la mente senza freni di un ragazzino che comincia a prendere coscienza di sé e di cosa gli sta attorno può elaborare in questa maniera. L'unica cosa che le filtra è il colore acceso ora verde,azzurro,viola ma non ci viene risparmiato nulla in un delirio orgiastico in cui vengono raggiunte vette sanguigne poco superabili. Ma anche quando il film si mantiene su un piano più reale il surrealismo la fa da padrone: ci sono scene di una potenza inaudita e se devo sceglierne una in particolare dico quella della madre che si fa flagellare mezza nuda davanti un crocifisso,quella più esplicativa del rapporto del ragazzino con la madre e la religione (il Potere,quindi). Tantissima stima quindi per un Arrabal al suo esordio e per il suo coraggio: qui si parla dell'uomo nel suo insieme e non mancano riflessioni particolari sul rapporto edipico in cui il figlio sostituisce il padre quasi inconsciamente,e accusa la madre della sua cattura. Tutto ruota attorno a questo enorme trauma della scomparsa del padre e Viva la muerte può anche essere visto come una presa di coscienza,un atto di speranza ma soprattutto è un atto rivoluzionario contro il potere. Immaginativo, certo, ma è quanto basta. La nenia infantile iniziale accompagnata dai disegni macabri è semplicemente monumentale.
Abbiamo bisogno di pazzi, Arrabal è il numero dieci con la fascia da capitano. Davvero un cavallo pazzo, vita e arte si fondono per una delle menti più lucide (dunque offuscate) del '900. Viva la muerte e Andro come un cavallo pazzo, dieci. Ogni commento al film deturpa il fim stesso, una esperienza indicibile, come indicibile è il genio in questione dietro la macchina da presa.