La storia è ambientata nel mondo degli emigranti che cercano un futuro dignitoso in Europa e sono costretti a vie illegali per concedersi una possibilità.
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Non male, e a me l'attore Scamarcio, qui bravo, è sempre piaciuto.
Film molto triste ed amaro, e pure il favolistico finale non è che lasci poi chissà quali speranze.
Mi vengono i brividi e mi deprimo all'infinito a pensare che ciò che il film narra è in effetti vero/verosimile; ad ogni modo, in un modo allo sfascio, ancora una volta, cortesia e generosità fanno davvero la differenza (i passaggi con le auto, il cameriere che lascia mangiare, la tipa che regala il vestito, ecc.).
Magari non il miglior Costa Gavras (la sua mano non si sente esageratamente), ma sempre e comunque un film che fa molto riflettere e pensare (nonchè deprimere, ahinoi), soprattutto in tempi come questi, dove il razzismo è comunque purtroppo ancora diffuso.
Sinceramente Costa Gravas lo stimo come regista, però qua non si capisce bene dove vuole andare a parare.... Da un lato la storia di un immigrato turco clandestino giovane e belloccio che finisce all'inizio
il capo della sicurezza gay, e poi una donna tedesca di mezza eta, che almeno lo aiuta
Comunque Gravas è bravo, riesce a non cadere in troppi stereotipi, anche se probabilmente il susseguirsi di troppe situazioni imprevedibili rende il film una specie di odissea, parecchio calcata, penso lo abbia fatto per far notare l'ipocrisia di noi occidentali ricchi, che diamo la caccia ai clandestini, ma poi per placare i sensi di colpa diamo l'elemosina. Infatti gli altri che aiutano Elias sono immigrati, zingari, camionisti, gli ultimi. I ricchi invece sono per definazione egoisti e capricciosi, vedasi la scena della coppia greca in auto. In definitiva un film interessante ma non così riuscito, però fà riflettere.
Meno graffiante e sarcastico, più fiabesco questo viaggio di un generico immigrato, di fronte a un mondo che offre visioni paradisiache, patina però di un mondo occidentale alienato ed infernale. Funzionale dire la recitazione di Scamarcio dallo sguardo costantemente spaesato.
Film profondo e toccante quanto basta a far capire cosa significasse ai tempi dei numerosissimi sbarchi (e significhi ancora...) esser profugo. Il film in sè e per sè scorre tranquillo con pochi effetti e tenuto in piedi da Scamarcio che si riconferma uno dei più grandi giovani attori del cinema italiano, non solo bella rivelazione di questi anni, ma anche lodevolissimo interprete espressivo dei ruoli da lui impersonati. Da vedere per riflettere, capire, guardarsi dentro e, magari, interrogarsi su cosa saremmo stati in un mondo meno fortunato per noi, sui veri valori della vita, sull'effettivo valore intrinseco di ognuno.
di film sul genere c'è ne sono di migliori.le tematiche incentrate su cose risapute rimanendo però molto ripetitivo nell'azione.il ruolo di scamarcio avrei potuto farlo io.
Dovrebbe essere il film che non ti aspetti ma che in fin dei conti è ampiamente "previsto": l'idea di un road-movie, un pò sulla scia di "Cose di questo mondo" di Winterbotton, finisce per sacrificare la denuncia di Gavras portando la "terra promessa" (dell'Europa utopica e malata di oggi) nella Parigi contemporanea caotica, disorientata e alienante. La stessa denominazione geografica di Elias è oscura: ma i magnifici minuti iniziali lo vedono superstite nel mar Egeo, eppure poi si aliena (non solo linguisticamente) più da se stesso che da un mondo (davvero troppo sopra le righe) che lo circonda e non gli appartiene. Un film che dovrebbe essere brutale e in molti (troppi?) casi guardi con un sorriso sulle labbra. Il ricorso ai paradossi sociali dell'europa (dalla sessualità onnivora e occasionale à la Houllenbecq al rapporto del vagabondo/clandestino con le "anime pie" del benessere/malessere sociale) finisce per stritolare l'odissea di Elias, compressa in una selva pittoresca ma affettata di derive umane di ogni tipo (turiste ninfomani, coppie in crisi, rozzi camionisti gay, vedove indigenti, zingari gentili). A tratti, ci si interroga e si prova a immaginare cosa significa viaggiare l'europa senza identità, ma è più interessante l'esposizione concreta delle difficoltà ("Torno più povero di prima" - "Non vedrai un soldo"). E nel volonteroso fatalismo di Gavras, che merita comunque un segno di stima e di rispetto, un finale fiabesco sembra voler disconoscere queste amare realtà
Piuttosto riuscito il film di Costa-Gavras. Anche se poco sottolineato dalla critica, la storia è anzitutto un road-movie, la storia di un viaggio avventuroso molto particolare, compiuto via mare e poi via terra.
Primo compito difficile per il protagonista, interpretato da Scamarcio – che sta rivelando di possedere una stoffa capace di uscire dallo stile mediocre dei film italici da tv per assurgere alla statura di vero attore – è quello si sfuggire dal villaggio-vacanza in Grecia, dove è approdato tuffandosi dal battello carico di clandestini per sfuggire alla cattura della motovedetta.
Questa parte è la migliore, ritraendo benissimo le derive nevrotiche ed autoritarie della società del benessere blindato, per pochi. Un'ottima satira di costume che prosegue poi nelle ulteriori peripezie che aspettano il clandestino in fuga verso la mitica meta, Parigi. Insomma, una commedia un po' nera un po' satirica, con tocchi avventurosi da road-movie, che vale la pena di vedere.