verso la gioia regia di Ingmar Bergman Svezia 1949
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verso la gioia (1949)

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locandina del film VERSO LA GIOIA

Titolo Originale: TILL GLÄDJE

RegiaIngmar Bergman

InterpretiS. Olin, M. Britt Nilsson, V. Sjostrom, E. Josephson

Durata: h 1.38
NazionalitàSvezia 1949
Generedrammatico
Al cinema nell'Agosto 1949

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Trama del film Verso la gioia

Un vecchio violinista rievoca il suo passato: il suo matrimonio è stato un fallimento fino a quando la moglie è tragicamente scomparsa, insieme a una figlia, e anche la carriera artistica gli ha riservato molte delusioni. Il bilancio in passivo sarà per lui uno stimolo a dedicarsi con maggior impegno alla musica e alla figlia sopravvissuta.

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Voto Visitatori:   7,40 / 10 (5 voti)7,40Grafico
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Voti e commenti su Verso la gioia, 5 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Filman  @  08/09/2020 11:39:53
   6½ / 10
In linea con i film della prima fase di Ingrid Bergman, ma meno interessante, TILL GLÄDJE mostra tutta la gamma di emozioni che una storia d'amore può regalare, a partire da quelle più sofferenti e malinconiche. Soprattutto quelle.
SI tratta, in ogni caso, di una storia di coppia e di famiglia non trascendentale, per quanto toccante. Il riempimento con lunghe sequenze orchestrate sembra più una carenza di storia da raccontare che una presa di posizione stilistica.

BlackNight90  @  11/06/2011 03:02:49
   7 / 10
Uno dei tanti film di Bergman incentrati sull'amore e sulla rielaborazione del lutto, sul ricordo usato quasi come terapia attraverso cui trovare qualcosa per cui valga la pena di vivere.
L'amore è visto in molte sue sfumature, soprattutto le problematiche e lo scetticismo del regista verso il matrimonio, e quanto più i due amanti sembrano godere della felicità quasi raggiunta, tanto più la mazzata iniziale è dolorosa per il protagonista e per lo spettatore.
Nonostante sia Stig a ricordare, entrambi gli amanti hanno pari spazio e dignità, oltre che dubbi e tormenti, lei che nonostante l'apparente forza ha paura del futuro, lui che nel futuro proietta la sua ambizione distorta e non riesce a comprendere mai la sua arte: glielo ricorda il direttore d'orchestra Sjostrom che la musica è il fine, non il mezzo.
Il solito difetto dei film di Bergman è che troppo verboso e prolisso, lo svedese da il meglio di sé quando si concentra sulla profondità dell'imagine o sulle allegorie, o quando utilizza al meglio la musica, come nello splendido finale in cui rimbomba l'Inno alla gioia, l'immagine si ferma sul volto della speranza e trionfa un altro amore, un'altra gioia e un'altra vita.

dave89  @  03/04/2010 01:51:32
   7½ / 10
buon film ma non eccellente come altri film prodotti da bergman

Beefheart  @  29/09/2007 11:42:03
   7 / 10
Come sempre siamo sul drammatico/sentimentale, con due persone, Marta e Stig, che condividendo la stessa forte passione per l'arte, più in particolare per la musica, si ritrovano a suonare nella medesima orchestra ed a coltivare un reciproco interesse. Ma le storie d'amore di Bergman, si sa, sono difficili, faticose, logoranti, perennemente minacciate ed ostacolate dall'egoismo, dall'individualità e dall'incomprensione. Come in altri suoi film, anche qui c'è chi mette il proprio ego ed il proprio lavoro, coincidente, guarda caso, con la propria arte, davanti a tutto pur di soddisfare la propria ambizione, finendo col pagare a caro prezzo le proprie scelte. Cronologicamente siamo "solo" nel primo periodo bergmaniano ma già risaltano la preponderanza dell'arte su ogni altro aspetto della vita, la conflittualità nel rapporto di coppia e l'impietosa presenza della morte, come tematiche che rimarranno costanti in tutta la sua lunga produzione futura. Il tutto è sceneggiato con discreta linearità nonostante i corposi flash-back narrativi, a vantaggio di una visione agevole e scorrevole. Diversamente dal solito, il personaggio femminile non è la figura centrale della storia, o quanto meno non lo è del tutto, a favore della centralità della coppia; in tal senso sia Maj-Britt Nilsson nel ruolo di Marta che Stig Olin in quello di Stig forniscono una buona prova. Nel complesso direi che mi ha convinto, soprattutto nella scelta di iniziare dalla fine, mettendo quindi da subito lo spettatore a conoscenza dell'epilogo ed alle prese con il gravoso compito di accettare lo stato delle cose assistendo alla loro inevitabile evoluzione. Funziona.

Crimson  @  30/10/2005 23:55:56
   9 / 10
Da quel che mi risulta questo è uno dei tre film (!!) girati da Bergman nel 1949, l'ultimo per l'esattezza. Del primissimo periodo del regista ho visto solo "sete", e senza cadere in paragoni che per ora sarebbero fuori luogo, questo film è devisamente più bello.
Per l'esattezza lo ritengo uno dei più interessanti e emozionanti del regista.
E' la storia d'amore di Stig e Marta, che parte nella narrazione dal capolinea: la morte in un'incidente domestico (l'esplosione di una stufa) di quest'ultima e della figlia. Il film non è altro che la rivisitazione di tutto ciò che era accaduto prima nella vita dei due protagonisti, sin da quando s'incontrarono sette anni prima per la prima volta.
Due musicisti di discreto talento, che s'innamorano, si sposano ma ben presto inevitabilmente hanno da affrontare le prime crisi. Tra i due c'è amore, questo senz'altro, ma il filo che unisce i due è sempre instabile a causa della debolezza di Stig.
La forza stessa del legame sembra nascere da una fonte misteriosa, che idealmente ha una completezza ma che in realtà si trascina mediante compromessi, e qualora essi stessi vengano a mancare salta il meccanismo (la crisi matrimoniale è un tema caro a Bergman sin dall'inizio, e lo sarà sempre).
Stig è un uomo piuttosto infantile, instabile. Un giorno è felice, un altro è frustrato e scarica tutto sulla moglie. Marta al contrario è la classica eroina bergmaniana: pacata, razionale, intrepida, forte.
Stig è ambizioso, desidera fortemente di diventare un violinista solista (ma non ne ha le capacità e lo dimostra), Marta al contrario si accontenta della propria vita e ne è felice.
Oltre ai due protagonisti, c'è una figura di grande fascino all'interno del film, ed è quella del direttore d'orchestra. Egli (il mitico Victor Sjostrom - il protagonista de "il posto delle fragole") è un amico, appare come una sorta di padre per entrambi (e fà da testimone alle loro nozze); è simile a Marta nel carattere, e si adopera sempre per riportare i due sulla stessa lunghezza d'onda, ad esempio cercando di spiegare a Stig che le proprie ambizioni sono infondate. Sono meravigliose le scene in cui ripercorre alcuni aneddoti da persona esterna rispetto al legame dei due, specie quando li "spia" e osserva con grande gioia un loro momento di complicità e di tenerezza.
Proprio quando Stig comincia ad assomigliare di più a Marta e a diventare finalmente un vero uomo, si verifica la tragedia. Tramite un finale eccezionale, Bergman affronta anche il tema dell'elaborazione del lutto tramite la musica. L'ennesimo film di Bergman che mi ha lasciato un senso di grandissimo malessere, e una serie di riflessioni tribolate.
Alla fine la vera eroina è sempre Marta, con la sua capacità di adattarsi alle situazioni e trovare un'equilibrio tra sè e la realtà dei fatti. Un'equilibrio che si alimenta da qualcosa di infinitamente affascinante e misterioso.

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