vallanzasca - gli angeli del male regia di Michele Placido Italia 2010
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vallanzasca - gli angeli del male (2010)

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locandina del film VALLANZASCA - GLI ANGELI DEL MALE

Titolo Originale: VALLANZASCA - GLI ANGELI DEL MALE

RegiaMichele Placido

InterpretiKim Rossi Stuart, Valeria Solarino, Filippo Timi, Gaetano Bruno, Francesco Scianna, Paz Vega

Durata: h 2.05
NazionalitàItalia 2010
Generedrammatico
Al cinema nel Gennaio 2011

•  Altri film di Michele Placido

Trama del film Vallanzasca - gli angeli del male

1985. Renato Vallanzasca, 35 anni, è detenuto in isolamento nel carcere di Ariano Irpino. È lui stesso a raccontarci le sue prime imprese adolescenziali che gli frutteranno la prima reclusione nel carcere minorile. È l'inizio di una carriera che, con il supporto di alcuni amici d'infanzia, lo condurrà a divenire "il boss della Comasina". All'inizio degli Anni Settanta inizia ad insidiare il dominio, fino allora incontrastato di Francis Turatelo ma la rapina a un portavalori gli procura un arresto con conseguente evasione dopo quattro anni e mezzo.

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Voto Visitatori:   7,11 / 10 (121 voti)7,11Grafico
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Voti e commenti su Vallanzasca - gli angeli del male, 121 opinioni inserite

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DarkRareMirko  @  10/05/2012 00:27:49
   10 / 10
Capolavoro assoluto di Placido, che fa ancora meglio di Romanzo criminale, che già di suo era molto buono.

E' vero, alla fine un pluriomicida viene ritratto come un simpaticone bonario, ma al di la di questo il ritmo rasenta la perfezione, la storia tiene incollati allo schermo, la regia è formidabile e gli attori sono grandi (Rossi Stuart che fa il milanese è da applausi e viene ancora una volta ribadito il fatto che quest'ultimo non ha mai sbagliato un film. Bravi anche gli altri, tra i quali ho riconosciuto almeno due caratteristi di programmi comici e il fratello dello stesso Placido).

Tutto sublime, sin dai primissimi minuti fino all'inqudratura finale; mai una sbavatura, mai un dialogo fuori posto.

Magari però l'inserimento di qualche connotazione sociale e culturale di quegli anni non avrebbe fatto male (economia, moda, ecc.).

Perfetta la ricostruzione dei tempi andati; un film che, come Romanzo criminale, omaggia il miglior Scorsese non avendo davvero nulla da invidiare rispetto a quest'ultimo, sia per contenuti, sia per qualità tecnica.

Vallanzasca è una visione essenziale, grande Michele Placido, magari tutti i film italiani fossero così.

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Ultima risposta 07/09/2012 00.27.58
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drobny85  @  20/04/2012 20:04:50
   7½ / 10
Temevo che Placido con la sua regia replicasse il polpettone di "Romanzo Criminale" fortunatamente questo non è avvenuto.
Bravissimo Kim Rossi Stuart nei panni di Vallanzasca, criminale di gran fama a cavallo degli anni 70/80, la storia è un po' tagliata, ma in certi particolari è decisamente meglio così.
Scorrevole pellicola che deve far riflettere i più giovani.

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Ultima risposta 29/04/2012 19.55.59
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JOKER1926  @  18/02/2012 13:20:27
   7 / 10
"Vallanzasca – Gli angeli del male" è un film italiano che incredibilmente riesce a farsi apprezzare. Ovviamente questa di Placido non è una pellicola come le altre fatte attualmente in Italia che, avvalendosi, di scarsissime idee, cercano, con quattro soldi, di allestire film di spessore.
Con "Vallanzasca" fortunatamente la storia è ben diversa, questo prodotto dietro ha una sapiente e robusta produzione, il film è costato, è stato finanziato, questa, insomma è la vera miscela per generare i "film", quelli che poi si amano e si rispettano a differenza delle varie fecce che si vedono con frequenza sul grande schermo, storie di problemi sociali, finanziate da muratori e barristi che depressione!
Il lavoro di Placido con grosse probabilità non si innalzerà alla gloria per l'originalità, perché, effettivamente, "Vallanzasca" è una storia di un criminale italiano, la sceneggiatura non fa miracoli, però, risulta essere sempre a posto svolgendo per bene il compito, ovvero quello di metter in scena con dinamismo le gesta e le disavventure della banda (gli angeli del male).
Ad accompagnare la storia c'è un ritmo serrato e una fotografia di qualità che cerca (e riesce) a trasportare su pellicola quell'alone degli anni settanta fra grandi scenografie e costumi.
Gli attori fanno parte del quadro delle maggiori note liete del film, Kim Rossi Stuart, nei panni del "Renato" è totalmente idoneo per questa parte, incredibile poi la somiglianza fra l'attore e il vero gangster.

Nel Cinema, ormai da tempo, le idee sono poche, allora o si prova a creare qualcosa di nuovo, ma è difficile, oppure si prova a (ri)proporre in sala film che si rifanno a vecchi "canovacci" come quello del gangster, magari rievocando i vari Fernando Di Leo e compagnia dei decenni passati, cercando dunque di andare sul sicuro. Risultati ottenuti.

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Ultima risposta 17/04/2012 09.57.55
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Gruppo COLLABORATORI gerardo  @  27/02/2011 21:55:24
   7 / 10
Be', a furia di fare sempre lo stesso film uno poi impara. Il fatto che sia più compatto - trattando un unico protagonista - del più corale (e - a mio avviso - dispersivo) Romanzo criminale lo rende migliore. In questo caso poi il film si avvale dell'ottima interpretazione di Kim Rossi Stuart, il quale è anche coautore della sceneggiatura: insomma, il personaggio l'ha proprio scritto su di sé. Finora la migliore regia di Placido.

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Ultima risposta 27/02/2011 22.07.10
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR strange_river  @  27/02/2011 21:50:37
   7 / 10
Aderentissimo alla realtà, per quanto romanzata, grazie all'ottima ricostruzione degli anni settanta e all'altrettanto ottima interpretazione di Kim Rossi Stuart, Gli angeli del male è un film che possiede una credibilità non così scontata.
Non s'inventa analisi psicologiche spicciole né tanto meno si lancia in quelle pericolosamente sociologiche, ma solo riporta quasi cronachisticamente le imprese più o meno pubbliche del bandito Renato Vallanzasca, seguendolo infine nel circuito carcerario rappresentato molto efficacemente.
Ne escono due ore di interessante buon cinema.

E anche qui un Timi che si fa ricordare.

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Ultima risposta 27/02/2011 22.00.05
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Invia una mail all'autore del commento cupido78  @  26/02/2011 23:17:42
   6 / 10
ottimo fim di genere. ottimi gi attori, ottima a regia.
peccato che placido autore(complice kim)sia fuori brocca: un ritratto estremo di un criminale che ha ucciso persone, distrutto attività, sacrificato intere famiglie per la sua smania di grandezza.
il bel reè nel film non ammazza, non percuote nessuno, non si fa nemmeno una striscia di cocaina. Un eroe, un martire.
mi chiedo: si può dipingere un criminale come un odierno robin hood?a svelare le intenzioni del film è in particolar modo il finale dove tutti, me compreso, non possiamo fare a meno di pensare: che figo vallanzasca, anch'io vorrei essere un bel renè. partono i titoli di coda e pensi che la vita non è fatta di estremi come ha voluto farci credere placido. andate a vedere il cigno nero

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Ultima risposta 02/03/2011 07.23.44
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rob.k  @  13/02/2011 16:32:13
   5½ / 10
Se si voleva rappresentare la vita di vallanzasca non bastava attenersi ai fatti, anziché farlo diventare una specie di cattivo dei fumetti? Poi, nonostante questo, il film risulta essere molto ripetitivo, entra nel carcere, ammazza, esci dal carcere, ammazza, rientra nel carcere e cosí avanti... Se trasformarlo in un supereroe doveva servire a rompere questa monotonia, Placido non ci è proprio riuscito, 5 e mezzo di incoraggiamento.

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Ultima risposta 02/03/2011 07.28.54
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR jack_torrence  @  07/02/2011 19:19:07
   7½ / 10
Premessa: son d'accordo con chi giudica le polemiche non solo inopportune (perché è apprezzabile che il cinema italiano si smarchi, come quelli americano e francese, dal senso di soggezione nei confronti della realtà criminale che sceglie di evocare rischiando di "mitizzarla"), ma anche ipocrite.
E a tal proposito basti pensare all'importanza, anche autoreferenziale e quasi metaforica, delle sequenze dedicate alle lettere ricevute in carcere da Vallanzasca, e del suo surreale matrimonio.
In esse, senza troppo sforzo, il regista mostra di voler concentrare la propria attenzione sulla "fascinazione del male", ovvero sulla stessa relazione che si instaura tra il suo film e il suo pubblico. Si tratta, invece che di una pretestuosa "smarcatura" deresponsabilizzante (semmai rischia di essere un boomerang), di un modo, ben fuso con il resto della materia diegetica, di esplicitare il rapporto tra la recezione pubblica di un certo "mondo" e il fascino che esercita il "male".
Il "male" su cui Placido si concentra non è qualcosa di generico e tantomeno di totalizzante.
Il male di Vallanzasca è molto "banale".
La frase chiave è "provengo da un contesto sociale benestante; i miei gesti non nascono dal disagio".
Ciò su cui Placido si concentra, in modo efficace (tanto quanto inefficace e goffo era stato "Il grande sogno"), sono le pulsioni eversive fini a se stesse: frutto non di un disagio sociale o di un'ideologia politica, quanto – esclusivamente? – della frustrazione nei confronti della piattezza educata e ipocrita della "normalità borghese", attorno alla quale la società (nella specie, quella italiana degli ultimi 60 anni almeno) si è edificata.
E' il tema di "Vallanzasca": film forse persino superiore a "Romanzo criminale" sia per compattezza tematica (senza le divagazioni politiche quasi ingenue che il barocco plot di De Cataldo dava all'altro film), sia per l'indubbia padronanza stilistica ed estetica con cui Placido si dimostra qui assolutamente all'altezza (almeno formalmente) di Scorsese.

Se il film accusa una certa ripetitività nella prima parte (che sa di già-visto-tante-volte) la sua seconda parte, quella carceraria, è molto più interessante. E un'inquadratura in particolare non si dimentica, per grandiosa efficacia di messinscena: la "plongée" basculante con cui viene ripreso Vallanzasca e i suoi vicini di cella, isolati da mura di cemento in un carcere di massima sicurezza.

Non sono sicuro infine che i genitori avrebbero potuto uscire dall'anonimato, per essere visti da una distanza più ravvicinata. Non sarebbe però servito nulla di più, anzi, a dire tutto il necessario, quanto alla (umana) genitoriale compiacenza, impotente, di una famiglia di origine la cui impotenza e inettitudine sostanziale al cinefilo non può non ricordare i genitori di Alex, in "Arancia meccanica".
Interessante che Placido abbia voluto che fosse il proprio fratello – così somigliante a lui –a interpretare il padre di Vallanzasca.

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Ultima risposta 08/02/2011 18.18.52
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andreapau  @  07/02/2011 12:47:07
   7½ / 10
Analisi sulla fascinazione del Male,sui confini tra Giustizia e Rappresaglia,incardinato nella scorrevole struttura di un poiziottesco egregiamente sceneggiato.
A dispetto di qualunque polemica preventivamente innescata,lo sguardo del regista non è partigiano,ma ricercatore e divulgatore neutrale.
Permette ad ogni spettatore di elaborare una propria idea di ciò che avvenne,senza forzarne il pensiero o indirizzarlo.
Naturalmente se per spettatore si intende una persona dotata della sufficiente maturità ed equilibrio per mantenere i capisaldi della realtà:
Vallanzasca,al di là del suo essere un uomo non privo di principii(simpatico,guascone,idealista,amico,padre affettuoso,innamorato passionale,elegante,moralista etc etc etc),era un delinquente assassino che si è confrontato con la macchina della giustizia inquirente e giudicante italiana.
Stanti i sopraccitati requisiti minimi richiesti allo spettatore,tutto il resto è polemica gratuita mista a malafede o pregiudizio.
Placido,memore dei difetti che a mio avviso penalizzarono Romanzo Criminale,si concentra sulle vicende della Banda della Comasina astraendole dal pesante contesto sociale e politico di quegli anni,che tanta confusione crearono nella valutazione di tutte le imprese criminali del periodo,lasciando una eredità di cui ancora oggi avvertiamo il peso e paghiamo le conseguenze.
Via quindi lo sfondo sociale,rimane totalmente a fuoco l'uomo Vallanzasca raccontato così come le cronache dell'epoca lo dipingevano,in un cortocircuito di ammirazione,disprezzo,apologia e criminale glorificazione da parte dei media,più protesi a vendere copie che a raccontare la verità.
Una particolare menzione per la fotografia,la scenografia,la scelta delle location,il casting e i costumi,che in armoniosa sinergia hanno contribuito a ricostruire egregiamentee credibilmente il clima anni '70/'80 nei quali è ambientato il film,rendendo in maniera mirabile l'atmosfera plumbea,glamorous e un po' sfigata di quegli anni.

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Ultima risposta 02/03/2011 07.39.08
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Satyr  @  03/02/2011 12:10:38
   8 / 10
Questo è un film che ha la stoffa per ridare un pò di credibilità al cinema italiano: un prodotto ben diretto e ben confezionato, un gangster movie solido che strizza l'occhio ai polar francesi - il modello è Nemico Pubblico N1 - e al grande cinema americano, un prodotto finalmente esportabile all'estero che andrebbe sostenuto senza alcuna remora.
E invece no, a noi ce piace fa polemica, Placido santifica la figura di un crimanale e il film va boicottato. Ridicolo, tutto alquanto ridicolo. La figura del bandito gentiluomo l'hanno creata i giornali dell'epoca, le lettere e le foto di casalinghe in fiamme sono un pezzo di storia vera e non un invezione cinematografica. Prendersela con Placido non ha davvero senso.
Detto questo, il film è un piccolo capolavoro di genere, superiore anche a quel Romanzo Criminale definito da molti uno dei migliori prodotti italiani degli ultimi anni - e lì non c'era la santificazione? C'hanno fatto una serie oppure mi sbaglio? -
Rispetto al film precedente qui si punta tutto sul protagonista lasciando poco spazio e poco approfondimento ai comprimari: spicca un bravissimo Filippo Timi, viene raccontata senza scendere nel dettaglio la parabola criminale di Turatello, ma il resto è una biografia dettagliata di un criminale megalomane. Nessuna dimensione corale ma una sceneggiatura che punta tutto su un Kim Rossi Stuart strepitoso, con fatti, luoghi e date riportate fedelmente.
La storia del bel renè del resto è dannatamente cinematografica, poco mi frega se Placido sia o no caduto vittima di una certa fascinazione per tale personaggio. Io giudico il film. E questo è un gran film.
Gli americani la storia del cinema l'hanno fatta raccontando "eroi dietro le sbarre" ma se lo facciamo noi non va bene. Siamo solo un popolo di bigotti e finti moralisti.

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Ultima risposta 03/02/2011 18.54.39
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TheGame  @  03/02/2011 10:44:52
   4½ / 10
In quest'italietta ci mancava solo Placido che gigioneggia ed esalta con Vallanzasca, manco fosse Vincent Vega o un personaggio dei fumetti, tanto da far quasi rimpiangere le sviolinate di Spielberg... Oggigiorno nulla di meglio, per rendere il giusto tributo a un fatto di cronaca, di un ammiccante, ma poco interessante prodotto d'intrattenimento… We alura te vist il Vallanzasca? Bella! Adess RockNRolla!!!

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Ultima risposta 03/02/2011 12.45.02
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jolly  @  01/02/2011 08:54:41
   7 / 10
Niente a che vedere con romanzo criminale, che è veremente un'altro pianeta in confronto a questo film!
Anch'io ho notato una mitizzazzione eccessiva del bel renè ma questo era successo anche con la banda della magliana.
Un voto in più per lo splendido kim grande interprete! ottimo anche nella sua cadenza milanese....

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Ultima risposta 07/02/2011 11.08.10
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Gruppo REDAZIONE maremare  @  31/01/2011 14:16:39
   7½ / 10
Placido, dopo essersi accorto di quanto sia scivoloso il terreno della ricostruzione sociopolitica (cfr 'Il grande sogno') torna al noir per ripercorrere le fortune de 'Romanzo Criminale'.
In effetti questo ultimo prodotto possiede gli stessi pregi e gli stessi difetti di RC: stessa maestria nella direzione dei personaggi, stesso ritmo serrato, stesso respiro realizzativo internazionale, infine stesso eccesso di informazioni a scapito di una maggiore linearità della storia.
Insomma un film ben fatto e coinvolgente, interpretato splendidamente da 'tutti' gli attori presenti, con particolare nota per uno strepitoso Rossi Stuart. Peccato che a volte personaggi spariscano di scena in una sceneggiatura che, seppure molto lavorata, appare sbrigativa in alcuni punti, probabilmente per esigenze distributive.
Fa bene Placido a sentirsi attaccato da critici prezzolati che vedono in questo film un 'santino' di Vallanzasca: l'intento registico appare essere unicamente quello di fotografare le gesta di un 'eroe negativo', un angelo del male appunto, per quello che è e che è stato nell'immaginario sociale italiano.
Così come fa bene a tralasciare la descrizione del periodo storico-sociale dell'epoca, facendolo filtrare unicamente dalla storia: su quel terreno era già scivolato in precedenza.
Infine fa bene a lasciare l'ostile patria per andare a girare il prossimo noir in Francia.
Il Regista appare pronto per il salto internazionale.

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Ultima risposta 31/01/2011 15.53.22
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Lavezzi78  @  28/01/2011 18:49:26
   6 / 10
Placido in questo film potrebbe osare di più, ma lo fà solo in parte. Film nettamente inferiore a Romanzo criminale, ma vanno menzionati Kim Rossi Stuart e Filippo Timi per le rispettive interpretazioni. Le critiche ricevute, sono una bella pubblicità per indurre la gente ad andare al cinema....

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Ultima risposta 06/02/2011 12.57.37
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alexdiaman  @  27/01/2011 01:01:58
   9½ / 10
Film davvero perfetto la media non è giusta perchè questa è davvero un bellissimo film uno dei migliori film di mafia..

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Ultima risposta 02/02/2011 14.58.04
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Rand  @  24/01/2011 21:33:38
   8 / 10
Non ho ancora visto romanzo criminale, ma devo dire chee questo biopic su Vallanzasca non mi è dispiaciuto. Inanzitutto, per evitare le polemiche che sono occorse per l'uscita del film devo dire che sinceramente a me tutt stò additare Vallanzasca come il nemico pubblico, il mostro, l'efferato criminale mi sembra un esagerazione dei tempi che furono e di quelli che sono. Certo è stato un criminale, per scelta, ha ucciso, è su questo non può esserci nessuna attenuante, ma sta pagando, un conto ancora aperto, e che scadrà solo con la sua morte. L'ergastolo è una pena infinita, che non augurerei a nessuno, perchè in questo modo lo Stato, che si bea delle sue leggi "civili" ti rinchiude e butta la chiave. Una morte lenta, infinita, una tortura, quindi non facciamo troppo l'elogio della legge, fatta per punire ma poco adatta a redimere. Forte con i deboli, debole con i forti, un certo Silviuccio ne sà qualcosa. Comunque tornando al film devo dire che Placido ha costruito un ottimo affresco degli anni 70-80. Tutto è d'epoca, curatissimo, dai vestiti, alle auto. Kim Rossi Stuart è bravissimo, sembra propio il bandito, accento milanese e anche l'aspetto. Ruba molto la scena ad un Filippo Timi che è un pò in ombra, nella parte del tossico sciroccato. Valeria Solarino fà una apparizione breve ma merita, come sempre, Paz Vega e irriconoscibile! Veramente trasformata! Colonna sonora ottima, un mix che somiglia ai Giardini di Mirò per finire con la canzone dei Negroamaro.
In definitiva lo stile di Placido è semplice, ma potente, poco patinato, molto sincopato ma senza eccedere. Non indugia in manierismi o sperimentazioni, penso che assomigli anche allo stile di romanzo criminale. Penso che a livello di polizesco in italia sia uno dei pochi a saper narrare storie anche discutibili, senza indugiare nella spettacolarizzazione.
In definitiva un film da vedere, e che fà riflettere.
"Non sono cattivo, ho solo il lato oscuro un pò pronunciato.."

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Ultima risposta 25/01/2011 20.53.15
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento pompiere  @  24/01/2011 13:40:25
   5 / 10
"Quando Dio ti concede un dono, ti consegna anche una frusta; e questa frusta è predisposta unicamente per l'autoflagellazione".

Si apre con questa citazione dello scrittore statunitense Truman Capote l'ultimo film di Michele Placido. Forse non c'era bisogno di scomodare un intelletto così "alto" per la descrizione di un personaggio altrimenti istintivo. E la fustigazione a cui si fa riferimento sembra aver penalizzato soprattutto il regista.

"Gli angeli del male" è una presa per il bavero un po' prepotente, che costringe a rivedere ciò che era stato già mostrato (meglio) nel "Romanzo criminale" del 2005, pellicola forse anche maggiormente controversa rispetto al vociferare a vuoto impostato sul personaggio di Vallanzasca. Con questa inseguita replica si rischia di far nascere una serialità nazional-malavitosa la quale, dopo la splendida trasposizione in immagini della banda della Magliana, potrebbe risultare indigesta come certi panettoni, perdendo in sintesi ed efficacia narrativa.

Non si sente il profumo della Storia in questo bio-pic a tratti addolcito, e il film ne esce decontestualizzato e impoverito, mettendo in mostra solo una pletora di reati di vita neanche molto coinvolgenti. Tra furti, sequestri e omicidi più o meno volontari ci si perde nella descrizione dei fatti e si dimentica l'approfondimento psicologico.
La regia si distrae spesso e si fa stregare dai richiami (ineluttabili?) della messa in scena smarrita dietro alla descrizione del fascino del "bel René". Si aggiunga oltretutto la poca scorrevolezza del montaggio, che ci concede solo una discreta visione dall'alto mentre la mdp dondola tra i separé delle mura carcerarie. Placido non riesce nemmeno ad arrivare là dove il film su Jacques Mesrine rivelava passione e angoscia, oltre a una nuance che virava verso il polar tra esagerazioni e guasconate.

Kim Rossi Stuart è prodigo di una serie di sfumature invidiabili: da tenero, romantico e amabile, al luciferino, spietato e instabile. Interpretazione esemplare la sua, seppure il ruolo fosse più che subdolo. Ottima e straziante la scena della "vendetta di famiglia" all'interno del carcere di Novara con Filippo Timi, fino a lì anonimo tossico smisurato e fastidioso.
Peccato che "Vallanzasca" sia stato distribuito al cinema: poteva essere buono per trascorrere una noiosa serata davanti alla tv, abbandonati tra le morbidezze di un divano domestico. Sognando di fare 13 senza dover bussare ai finestrini di un'auto.

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Ultima risposta 25/01/2011 11.01.47
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  23/01/2011 22:41:30
   7½ / 10
Spero di poter dare liberamente le mie opinioni, perchè ultimamente filmscoop non mi sembra che le lasci esprimere tanto agli altri, e questo non fa onore nè al sito nè al pensiero democratico in quanto tale. Le polemiche possono starci benissimo, specialmente se alla fine della proiezione trovi spettatori capaci di sorridere alle gesta del "nobile furfante" - magari senza aver conosciuto più di tanto il suo nome e le sue "imprese". Il terrorismo è un'affare di stato, il banditismo ha avuto, in Vallanzasca, un'ineffabile orgia di gossip che definirei deplorevole, ma che evidentemente è carente nel ricordo di chi oggi giudica il film sapendo benissimo che se la vicenda del bel renè fosse contemporanea, le riviste rosa per cervelli in vacanza venderebbero un'occhio pur di pubblicare indiscrezioni e testimonianze private della vita di questo criminale. Si tratta quasi esclusivamente di una certa stampa gestita proprio da quell'aplomb culturale che oggi si degna di insultare Placido.
Proprio vedendo questo film, ci si rende conto che questa figura di bandito degenere è stata per anni agli onori della cronaca nera, ma anche delle cronache rosa, come dimostra il suo matrimonio-farsa in prigione di cui hanno fatto proseliti fior di settimanali nazional-popolari. E una certa massa degli italiani - non ancora, intendiamoci, cerebrolesa come oggi - ha sempre parteggiato per la figura di questo oscuro brigante di mezza tacca. Non a caso le lettere d'amore che riceveva il Renato - ora aguzzino ora martire - venivano da placide fanciulle che ardevano di passione davanti a questo indomito guerriero sociale (1)

E allora come la mettiamo? Cominciando a dire che il Romanzo Criminale è fatto di tante emozioni e sentimenti: ci sono l'odio e la violenza senza ragione, c'è la bella vita (soldi facili, donne compiacienti, vestiti di alta sartoria) e c'è l'omicidio, c'è il dolore che si reca ai "sopravvissuti" di tanta insensata violenza, ma esiste anche (perchè negarlo?) il dolore, profondo e rispettabile, di quelli che hanno scelto la via dei fuorilegge, perchè nelle loro scelte scellerate hanno perso amici, parenti, la loro stessa vita. Il film di Placido non è agiografico, e anche se persiste la sensazione mai sfumata di una simpatica vena canagliesca (ripeto: era l'Italia stessa a mitizzare Vallanzasca non il contrario) quello che resta è una scia di sangue che coinvolge direttamente chi l'ha incentivata (citando una canzone del Banco del Mutuo Soccorso, "resterà soltanto il dolore e il sangue che tu hai regalato" cfr.).
Sicuramente si potevano evitare certe trappole da rotocalco, come l'episodio (vero ma inutile) del protagonista che redarguisce al telefono un suo oppositore dopo una trasmissione radiofonica, ma in quell'epilogo ci sono anche frammenti di una disperata ricerca di assoluzione. Chiamatela diversamente, può essere. In fondo quell'illusione di purezza tra le montagne è solo il desiderio di una vita normale. Troppo tardi o troppo insincera? (2)

In passato ho dubitato della sincerità di Placido, ma credo sia sempre stato sincero anche quando correva il rischio di apparire falso. E dopo l'affresco del 68" in cui ci espone la figura di un poliziotto troppo idealista e confuso (Scamarcio) per la divisa che portava, rischia di forzare un pò la mano nella concezione demagogica di un "potere che non c'è" (esiste solo sulla carta, ma è predisposto da organi ancora più alti). Probabilmente vorrebbe esporre la sua personale concezione della difficoltà degli ambienti carcerari e lo fa benissimo, ma davanti alla presenza onnivora di Vallanzasca o della sua banda la violenza retriva delle guardie suscita qualche perplessità.

In realtà, il film è perfettamente centrato su molti punti: è un formidabile action-movie, un ottimo poliziottesco (checchè ne dica l'influenza di Di Leo e Tessari è ancora più esplicita di "Romanzo criminale") e non ha - nei primi sessanta minuti - alcuna sbavatura. Il mondo carcerario, con quell'animale umano costretto a dissanguarsi per ottenere un'attenzione, è sicuramente così, quello che molti altri film ci nascondono per "prudenza". L'ambiguità femminile è doppiamente centrata: donne che scelgono uomini difficili (a dir poco) e poi si pentono, quasi volessero esprimere ai loro partner un senso di colpa che dev'essere diviso in due opposte ma non antitetiche entità.
Efficace stavolta anche il metodo registico di Placido, come quella sequenza dove i detenuti si parlano dall'alto dei rispettivi cortili, divisi da muri che sono in fondo le stesse barriere schematiche dove ogni uomo cerca la sua cella.
Placido è un regista troppo zelante ed entusiasta quando si affida a un nuovo progetto, e lo dimostra anche in questo caso. Se solo avesse saputo controllare la materia senza esprimere troppe cose (e altre meno, v. completamente assente il dolore dei parenti delle vittime di V.) "Gli angeli del male" sarebbe stato uno dei film italiani più determinanti degli ultimi decenni.
Eppure il film diamine, vive e muore nello stesso tempo, pulsa di febbre di vita e di morte con le contraddizioni stesse dei termini, perchè anche un assassino può mostrare, oltre al suo lato oscuro, anche quello della disperazione. Non dobbiamo biasimarlo per questo, nè tantomeno provare pena per l'esistenza squallida di questo emerito bastardo, però credere sia possibile che la dannazione abbia i suoi anche tardivi effetti sul reo confesso, questo sì (3)

Da elogiare senza riserve la prova di Kim Rossi Stuart, credibile e strafottente quanto basta, ma soprattutto di un superlativo Filippo Timi, ormai una maschera trasfigurata del nuovo cinema italiano (spoiler)
In conclusione un degnissimo ritratto dell'ultimo fuorilegge da gossip della nostra strana e terribile storia (4)

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Ultima risposta 06/07/2011 17.36.34
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Romolito  @  22/01/2011 18:23:30
   8½ / 10
Gran bel film!
Se vi sono piaciuti i vari "Romanzo Criminale" (cinematografico e televisivo) non potete perderlo. Per come viene narrata la storia si avvicina molto al RC cinematografico (del resto in entrambi c'è Placido di mezzo), mentre la crudezza di alcune immagini fa venire in mente Libano & co. televisivo.
Kim Rossi Stuart è molto bravo anche se ogni tanto "scivola" sull'accento milanese (che in alcuni casi sembra sardo o qualcosa del genere!!!) e questa cosa farà storcere il naso ai Milanesi DOC (come quando imitano in genere la parlata romana senza essere di Roma: nun se pò!!!).

Piccola polemica: ma perchè "Romanzo Criminale" si e "Vallanzasca" no? Mah...

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Ultima risposta 23/01/2011 09.19.36
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GiorgioChiellin  @  19/01/2011 17:20:35
   7½ / 10
Bel film. Non c'è che dire, e il 7 e mezzo lo merita tutto.
Non metto di più solo perchè nonostante i fatti vengano spiegati bene, sembra che tutto accada troppo in fretta.
Spezzarlo in 2 come il francese nemico pubblico n.1 non sarebbe stato male.

Ottimo il montaggio, il ritmo, la recitazione, (tutti bravissimi, Kim Rossi Stuart in primis)

FANTASTICO, a mio parere, il finale.


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Ultima risposta 22/01/2011 19.54.41
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metafisico  @  12/01/2011 11:48:54
   2 / 10
visto a Venezia, un vero e proprio film-pretesto per rendere simpatico e incensare un criminale assassino. Per di più con i soliti sciatti attoruncoli italioti.
sarebbe ora che il cinema italiano rinnovii temi e attori

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Ultima risposta 24/01/2011 10.23.13
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