un tranquillo posto di campagna regia di Elio Petri Italia 1968
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un tranquillo posto di campagna (1968)

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locandina del film UN TRANQUILLO POSTO DI CAMPAGNA

Titolo Originale: UN TRANQUILLO POSTO DI CAMPAGNA

RegiaElio Petri

InterpretiFranco Nero, Vanessa Redgrave, Georges Géret, Gabriella Grimaldi

Durata: h 1.45
NazionalitàItalia 1968
Generedrammatico
Al cinema nell'Agosto 1968

•  Altri film di Elio Petri

Trama del film Un tranquillo posto di campagna

Pittore di successo in crisi creativa, dilaniato dalla volontà di contestazione e dalle richieste del mercato, ha un rapporto schizofrenico di amore/odio con la donna che gli fa da amante, amministratrice e infermiera e, per sfuggirla, si rifugia in una villa veneta, da anni disabitata, e cerca la compagnia di un fantasma.

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Voto Visitatori:   7,00 / 10 (7 voti)7,00Grafico
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Voti e commenti su Un tranquillo posto di campagna, 7 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Thorondir  @  25/05/2020 14:37:01
   7 / 10
L'Elio Petri prima della trilogia della nevrosi mi è sempre sembrato un regista in cerca del suo stile ultimo, un regista non ancora approdato pienamente alla fase della maturità. È un "problema" che ho riscontrato per le sue prime opere, L'assassino, Il maestro di Vigevano, La decima vittima, meno per A ciascuno il suo, che è già un film più compiuto (mentre mi manca I giorni contati. Questo Un tranquillo posto di campagna mi sembra avere lo stesso tipo di problema: Petri è alla ricerca del suo stile, dell'anima del suo cinema e in quest'opera finisce per mescolare un insieme di dramma psicologico, thriller, horror, soprannaturale, metafisico, cinema naturalistico. Il suo orizzonte è da definirsi e il film, per quanto abbia un fascino non ancora scalfito dagli anni (anzi, ha un'impronta "vintage" che paradossalmente aggiunge qualcosa al tono frugale della pellicola). il film mi sembra qualcosa di ancora incompiuto, anche se già pieno delle potenzialità di uno dei più interessanti e geniali autori del cinema italiano di quell'epoca.

GianniArshavin  @  12/11/2016 12:44:43
   7½ / 10
Primi di raggiungere il successo con la celebre "trilogia della nevrosi", Elio Petri ha girato alcuni film che possiamo tranquillamente considerare "di genere", passando dal debutto con il noir, fino alla fantascienza de La decima vittima e soprattutto l'horror di questo Un tranquillo posto di compagna. Sembra strano parlare di Petri, regista famoso per i suoi film d'impegno politico, alle prese con un horror cosi surreale e particolare.
La trama vede un convincente Franco Nero nei panni di un pittore e scultore in piena crisi creativa cercare l'ispirazione perduta. Per riuscire in questo obiettivo lascia la caotica Milano per la tranquillità di una villa nella pianura veronese che ha un passato burrascoso legato alle peripezie di una contessa libertina che viveva li anni prima. A concludere il quadro abbiamo il rapporto conflittuale fra il pittore e la compagna/manager.
La prima cosa che balza all'occhio riguardo quest'opera del regista è la sua vena delirante e psichedelica. Infatti Petri in questo horror sui generis da sfogo a tutta la sua espressività visiva mescolando suggestioni gotiche ad altre pop, fino ad arrivare a filmare sequenze oniriche davvero d'impatto. La storia procede sui binari del binomio realtà/finzione, confondendo spesso lo spettatore vista la parsimonia con cui l'autore sovrappone le due realtà.
La prima parte si focalizza principalmente sulle indagini riguardanti la figura della contessa e sui disguidi fra Nero e la compagna interpretata da una stupenda Vanessa Redgrave. La seconda metà di film invece vede il crollo totale della psiche del protagonista fino al risolutore e azzeccatissimo finale.

Come detto l'opera non, malgrado alcuni punti ben definiti, non segue una linea retta ed anzi ha un andamento alquanto delirante: Petri utilizza visioni, incubi truculenti, erotismo e indagini per dare vita ad un prodotto sia innovativo e personale quanto di non semplice fruizione non essendo un horror canonico.
In alcuni passaggi può ricordare Shining, in altri mi ha portato alla mente A venezia un dicembre rosso shocking di Roeg. Molte sono le contaminazioni di genere, e i puristi potrebbero non apprezzare.
Ci sono parecchie sequenze di tensione ed alcune di sangue, ma a farla da padrone sono i momenti surreali. Il tutto è avvolto da un'atmosfera apparentemente placida ma che diventa tetra con il calare delle tenebre. A questo proposito risulta vincente la scelta di ambientare il tutto in una vecchia magione di campagna.
Per quanto riguarda i contenuti, il cineasta sembra voler affrontare una riflessione sull'artista e sul rapporto conflittuale con il commercio delle sue creazioni. Franco Nero è il tipico artista squattrinato che sembra dipingere solo per il piacere di farlo, mentre la compagna cerca di curare i suoi affari e di far fruttare al meglio le opere del partner/assistito. Questo porta lui a scappare da Milano (simbolo del mercato e del guadagno per antonomasia) e dalla donna, che quando lo raggiunge sembra scatenare nel protagonista e nella villa una reazione di repulsione. Il finale poi sembra confermare questa mia tesi. Ovviamente le chiavi di lettura non sono univoche in quanto ci troviamo di fronte un prodotto molto interpretabile.

Tecnicamente Petri dimostra di essere già pronto per il grande salto, appare ispirato e consapevole dei propri mezzi e in totale controllo malgrado una storia cosi particolare. Valida anche la fotografia e ottimo l'accompagnamento sonoro del maestro Morricone.

Ovviamente non tutto funziona come deve: la vicenda è molto confusionaria e la regia estremamente visionaria di Petri potrebbe infastidire lo spettatore meno avvezzo alle sperimentazioni. Non mancano alcuni punti morti e passaggi autoreferenziali, aspetti consueti per le produzioni figlie del 68.

In conclusione Un tranquillo posto di campagna è un'opera libera, lontana dai topoi tipici del cinema di massa e molto personale. Un horror onirico che unisce molteplici generi e che piacerà a chi cerca titoli fuori dagli schemi. Non è privo di lacune, ma indubbiamente da riscoprire anche per esplorare gli inizi di carriera di un regista mai troppo acclamato.

Invia una mail all'autore del commento NotoriousNiki  @  08/04/2014 13:51:28
   7 / 10
All'inizio si trovano quei punti in comune con 'La decima vittima', ambienti pop dalla caratteristica influenza dell'arte moderna, quiete silente, montaggio irregolare, sembra un nuovo approccio al cinema di genere, si fa a lungo andare psichedelico, corrispondendo quei tratti schizzati nel linguaggio registico alla pazzia crescente all'interno del pittore.
Con Pirro ha in serbo un'altra grande sceneggiatura che ne farà le fortune di entrambi (Pirro che contemporaneamente lavorava anche alla sceneggiatura de 'Il giardino dei Finzi-Contini'), ma qui si avvale di Tonino Guerra in questa incursione nel thriller psicologico, che resta impreciso e tensivamente incostante, a maggior ragione è stata solo una parentesi, alle porte lo attendeva il suo autentico cinema politico.

Crimson  @  03/11/2010 23:17:13
   7 / 10
Petri è stato un regista formidabile. Il suo anticonformismo ha trovato la dimensione adatta nel cinema aderente alla realtà, ma le sue incursioni nel surreale e nella fantascienza, con risultati alterni, hanno comunque dato dimostrazione di una singolare visione cinematografica e dell’Arte in generale.
Questo film è pregevole soprattutto per il montaggio, la regia è notevole, e in generale si tratta di un’opera decisamente fuori dal comune, specialmente se si considera l’anno in cui è uscito.
La crisi dell’artista è spinta nei meandri della psicosi.
Un quadro nel quadro: colonna sonora (di Ennio Morricone) tambureggiante e frenetica, montaggio dispersivo e dispercettivo, colori molto intensi, un’interpretazione ruvida e muscolare della coppia (anche nella vita) Franco Nero-Vanessa Redgreave.
Cercando di analizzare i vari strati del film, si ha l’impressione di assistere a qualcosa di complesso, ma non molto ben allineato.
Fantasmi, pareti che crollano, squarci onirici grandguignoleschi: tutto è molto suggestivo, ma la connessione tra la storia della contessina, la crisi del protagonista e il suo progressivo odio verso l’amante-agente si perde nel marasma di un artificio stilistico tecnicamente notevole ma poco concreto.
Se lo si guarda solo come un giallo, si resta ammaliati, spesso a bocca aperta. Alcune sequenze allusive e conturbanti sono il risultato di una regia creativa, disinvolta, matura.
In alcuni punti si fatica a distinguere le fantasie del protagoniste dalla realtà, specialmente nel momento clou del suo decadimento.
A Petri piace mostrare il paradosso, sventrare la realtà per rimodellarla secondo uno schema sovversivo.
Tentare di mostrare che l’Arte si manifesta nella follia e ha il suo punto di rottura con la realtà nel momento in cui non ha le basi naturali per poter essere manifestata non è una riflessione da poco, ma quanto sia esasperante questa pressione della mercificazione dell’Arte, quanto pervasiva, quanto oppressiva, beh nel film è poco chiaro.
Il messaggio si disperde, o meglio, si compone a frammenti qua e là, ma senza svilupparsi con costrutto.
Il finale è eloquente ma in sostanza si avverte la sensazione di aver assistito ad un film superficialmente molto valido ma poco incisivo nel valorizzare le tematiche più importanti che volevano essere veicolate.
Peccato veniale se si considerano le opere del regista più spiccatamente politiche, laddove paradossalmente (ancora una volta) la psicosi di realtà trova la sua massima espressione artistica sulla base della realtà italiana post-sessantottina.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  12/10/2010 21:56:49
   7 / 10
Secondo me non è un film di facile fruizione, non si può dire nemmeno che sia completamente riuscito, perchè manca soprattutto di una certa compattezza narrativa e la carne al fuoco messa da Petri è veramente tanta.
Analizzare il rapporto dell'artista con la sua stessa arte, l'impossibile coabitazione fra vena creativa ed esigenze di mercato è materia già abbastanza corposa per farne una pellicola, ma Petri inserisce la componente mistero che funge da lento scivolamento verso la follia, unica soluzione capace di soddisfare entrambe le parti.
Nonostante, come già detto, una certa discontinuità narrativa, la pellicola tecnicamente offre dei lampi geniali in cui realtà e immaginazione si mescolano, espediente che Petri userà anche in Indagine. Indovinata la coppia Redgrave-Nero e molto accattivante la musica di Morricone.

Gruppo COLLABORATORI atticus  @  12/08/2010 20:40:20
   7 / 10
Condivido completamente il pensiero del saggio che mi ha preceduto, un buon film che non si discosta troppo dal cinema che Petri aveva fino ad allora prodotto ma che, come tutti gli esperimenti, non risulta particolarmente riuscito nella fusione tra elemento psichiatrico e paranormale. Più volte le atmosfere ossessive e i ritmi battenti mostrano la stecca e gli squarci onirici, pur suggestivi, sembrano messi lì semplicemente per complicare ulteriormente un narrato spesso farraginoso. Comunque grande regia e notevolissimo lavoro di montaggio, superba partitura musicale di Morricone e una robusta interpretazione della coppia (bellissima) Nero-Redgrave.
Vero che sembra una specie di Shining ante-litteram, è senz'altro un film particolare e raro nel panorama cinematografico italiano dell'epoca.

LoSpaccone  @  20/04/2009 18:28:43
   6½ / 10
Film surreale e ossessivo che qualcuno erroneamente vede distante dal cinema politico di Petri. Lo stile visionario è infatti abbastanza anomalo per il regista ma i temi di fondo, pur passando attraverso una storia "diversa", non lo sono. Nella vicenda di un artista nevrotico che si sente oppresso dalle regole del mercato e che trova la libertà creativa attraverso la pazzia, in realtà, c'è molto di quel lucido anticonformismo con cui Petri ha analizzato i rapporti tra poteri e società.
Il difetto maggiore del film sta nella fusione non del tutto riuscita tra i due aspetti principali della storia, cioè quello psicologico (l'inquietudine del pittore) con quello esoterico (la presenza del fantasma), che sembrano andare avanti in modo parallelo senza trovare un preciso punto di contatto nella narrazione. Il film va comunque apprezzato per la sua unicità nel panorama italiano: io l'ho trovato, con le dovute cautele, un ibrido tra "Morte a Venezia" e "Shining"!

P.S. Ammetto di avere qualche difficoltà a giudicare film come questo. Si consideri il voto suscettibile di aumento, soprattutto per gli amanti delle pellicole più "psichedeliche".

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